ARMAROLI · MAIER “Figure(s) a due”

ARMAROLI · MAIER “Figure(s) a due”

ARMAROLI · MAIER “Figure(s) a due”

Dodicilune Dischi. CD, 2024

di alessandro nobis

Questo “Figure(s) a due” è (anche) un doveroso omaggio al grande vibrafonista Walter Roland Dickerson scomparso nel 2008, uno dei musicisti più dimenticati dagli appassionati e jazzofili ma non da Sergio Armaroli per il quale la sua musica rappresenta un riferimento. Il vibrafonista lo fa in compagnia di un altro gran musicista, il contrabbassista Giovanni Maier, compagno di viaggio complementare al vibrafonista sempre in grado di partecipare in modo creativo alla creazione delle “Figure(s)” lasciando con il suo strumento un segno davvero tangibile. Questo lavoro pubblicato dalla Dodicilune è quindi un viaggio in tredici tappe nell’idioma della creazione musicale spontanea fatta eccezione per la significativa rilettura · aperta dal contrabbasso · di uno degli “spartiti” di John Coltrane ovvero “India” che chiude anche il disco. Coltrane, perchè credo che le sue composizioni siano, lo dico da semplice fruitore, tra quelle che consentono ed anche invitano ad una maggiore libertà esecutiva i musicisti che le affrontano.

I primi dodici brani nascono da brevissimi temi il cui stesso concetto consente massima libertà ai due musicisti di sviluppare e di creare la musica in modo istantaneo, creativo e visto che stiamo parlando dell’idioma improvvisativo, anche irripetibili. Certamente non è musica di facilissima fruizione ma ascolto dopo ascolto si riesce ad entrare nella sua struttura e di apprezzare le sue sfumature, come ad esempio in “Figura #2” o nella “Figura #5” ma il discorso va allargato a tutto il disco. Intreccio continuo di suoni, comunanza di idee, stima reciproca per un lavoro che è stato pubblicato assieme a “Figure(s) a tre“, Maier e Armaroli con Francesca Gemmo, ed a “Stringsland” della stessa pianista in duo con il contrabbassista. Un trittico targato “Dodicilune” importante che molto modestamente consiglio. A tutti.

ANDREA SABATINO “Melodico”

ANDREA SABATINO “Melodico”

ANDREA SABATINO · “Melodico”

DODICILUNE Dischi ED558. CD, 2024

di alessandro nobis

Sappiamo tutti come il patrimonio della musica d’autore italiana sia oltremodo sterminato ed è comune opinione come sia importante continuare a studiarlo, suonarlo restando fedeli ad esso o anche rielaborandolo secondo le sensibilità ed il background culturale degli interpreti. Chi ha una preparazione musicale legata alla musica afroamericana ha a mio modesto avviso una carta in più da giocare ovvero quella di penetrare a fondo nella struttura dei brani, interiorizzarli e quindi proporne una rilettura magari lontana dalla melodia originale ma in grado di riportare questi brani, grazie anche a segmenti improvvisativi, al nostro tempo.

Questo è quello che il trombettista Andrea Sabatino assieme allo straordinario fisarmonicista Vince Abbracciante propongono · e trasmettono al fruitore · in “Melodico“, l’ennesima ottima produzione dell’etichetta salentina Dodicilune che lo ha pubblicato in queste settimane nel quale emerge l’oculata scelta del repertorio che illumina spartiti di Bruno Martino, Luigi Tenco, Jimmy Fontana, Bruno Canfora, Nino Rota, Augusto Martelli e Francesco Kramer Gorni. E quale brano se non “Brava” di Canfora (scritto nel 1965 per evidenziare al meglio le doti vocali di Mina) può essere preso come esempio per apprezzare le grandi doti di fraseggio di Andrea Sabatino e gli abbellimenti della fisarmonica di Vince Abbracciante, sempre straordinario e sempre pronto a sostenere la tromba, ad interloquire con essa e a improvvisare assoli?

Le due ballad di Luigi Tenco, “Angela” del 1962 e “Ho capito che ti amo” del ’65 ad esempio, la prima lungamente nelle mani di Abbracciante che espone la melodia e costruisce una splendida lunga improvvisazione che sembra invitare la tromba di Sabotino, la seconda sempre introdotta dalla fisarmonica con il tema esposto da Sabotino sono a mio avviso i brani che identificano meglio il processo creativo di questo ottimo “Melodico”, naturalmente assieme al già citato “Brava”. Penso che la canzone d’autore italiana nelle mani di musicisti di grande “visione” e sensibilità come i due protagonisti di questa produzione abbia tutte le carte in regola per essere traghettata nel futuro. Anzi, ne sono certo.

1 – Cos’hai trovato in lui (Bruno Martino)

2 – Noi due (Augusto Martelli)

3 – Brava (Bruno Canfora)

4 – La strada (Nino Rota)

5 – Ho capito che ti amo (Luigi Tenco)

6 – L’ultima occasione (Jimmy Fontana)

7 – Angela (Luigi Tenco)

8 – Un giorno ti dirò (Gorni Kramer)

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KRISHNA BISWAS “Maniglie e pomelli”

KRISHNA BISWAS “Maniglie e pomelli”

KRISHNA BISWAS “Maniglie e pomelli”

DODICILUNE DISCHI, CD · 2023

di alessandro nobis

Maniglie e pomelli” è il terzo disco di “guitar solos” del fiorentino Krishna Biswas dopo il sorprendente esordio autoprodotto di “Arnonauta” del 2014, “Panir” del 2018 (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/01/17/krishna-biswas-panir/) e “Maggese” del 2020 (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/10/04/krishna-biswas-maggese/) entrambi pubblicati dalla Dodicilune Records come anche “Piccola Impresa Irregolare” del 2022, registrato in duo con il pianista Giovanni Vannoni.

Ma laddove il primo lavoro era costituito da due lunghe tracce, questo “Maniglie e Pomelli” come “Maggese“, si compone di frammenti, di dieci improvvisazioni frutto della mutualità tra la notevole tecnica acquisita e continuamente praticata allo strumento e di una cultura ad ampio spettro che consente a Krishna Biswas di prendere da essa ispirazione per la “creazione in diretta” di nuova musica e che fa del chitarrista fiorentino un protagonista decisamente atipico nel panorama della chitarra acustica.

Vorrei citare due brani nel primo dei quali mi sembra di riconoscere nell’incedere dell’arpeggiato  · al di là del titolo · reminiscenze della cultura tradizionale bretone (“Salotto Celtico“) che si fonde alla perfezione con la struttura improvvisativa di Biswas. Il secondo è la lunga “Patna“, facile anche qui sarebbe citare il mondo musicale indiano, ma ciò che contraddistingue questa lunga “creazione spontanea” è secondo il mio modesto parere di ascoltatore il suo pacato sviluppo, quasi una ballad che racconta a chi scrive in modo perfetto il progetto musicale che questo eccellente musicista da quasi due lustri d’anni porta avanti con grande determinazione.

Ma per quale motivo un appassionato di musica, e di chitarra, dovrebbe avvicinarsi alla musica di Krishna Biswas? Lo ripeto: perchè è un ottimo strumentista, per l’originalità e l’interesse del suo progetto e per la bellezza della sua musica. Se siete chitarristi, se siete devoti al jazz · perchè questo è “anche” jazz · nelle sue forme più innovative, rivolgete la vostra attenzione a questa produzione Dodicilune, etichetta che segue con gran cura la musica di Krishna Biwas. Ne rimarrete sorpresi.

MATTEO ADDABBO ORGAN TRIO “L’Asino che vola”

MATTEO ADDABBO ORGAN TRIO “L’Asino che vola”

MATTEO ADDABBO ORGAN TRIO “L’Asino che vola”

Dodicilune Records. CD, 2023

di alessandro nobis

Tutti, o almeno gli appassionati di jazz, conoscono l’albero genealogico degli organisti (per lo più hammondisti) la cui origine si trova negli cinquanta, quando cioè il ruolo dell’organo passò dall’accompagnamento di cori gospel nei luoghi di culto ad un vero e proprio ruolo nella musica jazz e blues soprattutto grazie a Jimmy Smith. Anche in Italia l’organo jazz ha un suo proprio ruolo nel jazz soprattutto ad Alberto Marsico, Roberto Gorgazzini e più recentemente a Matteo Addabbo · che di Marsico è stato allievo ·. In questo suo nuovo “L’asino che vola” pubblicato dalla Dodicilune presenta il suo “Organ Trio” con il chitarrista Andrea Mucciarelli e il batterista Andrea Beninati coinvolgendo anche Stefano Negri, tenorista, e Cosimo Boni, trombettista, nello swingante “A scuola da Joe” (Di Francesco?). Per i restanti otto brani c’è l’Organ Trio, l’ambientazione è quella dal maistream del tempo passato ma non si tratta di ricalcare standard pluri·suonati ma piuttosto di creare nuova musica con i caratteri assimilati dallo studio e dagli ascolti dei grandi Maestri; sono composizioni uscite dalla penna di Addabbo durante l’isolamento forzato dei lunghissimi mesi della pandemia di Covid·19 che ha “costretto” parecchi musicisti a concentrarsi sulla composizione vista l’inevitabile e forzata assenza di concerti. A parte il già citato “A scuola di Joe” voglio segnalare le due ballad “Carlos” e “Se mi vedi guardami” entrambe introdotte dalla pulitissima chitarra di Andrea (Mucciarelli), la bossa nova di “O la Bossa o la Vita” · carino il gioco di parole del titolo · e ancora “Il Ladro dello Swing” che inizia con l’hammond in “odore di spiritual” per poi riportarci ai nostri tempi, un po’ una brevissima sintesi della storia di questo strumento. L’apporto ritmico della batteria · che ricordo in questo genere di trio spesso non lavora con il contrabbasso ma con le linee dettate da Addabbo · e quello della splendida chitarra di Mucciarelli · un altro che deve conoscere bene la storia del suo strumento nella musica afroamericana · è davvero decisivo alla riuscita del disco.

Scrive Matteo Addabbo nelle liner notes del disco: “Mi piacerebbe che questo disco fosse inteso dall’ascoltatore non solo come l’ascolto di una musica evocativa di emozioni, di ricordi, di paesaggi e di persone, ma anche come una sorta di monito a reagire quando nella vita ci troviamo davanti ad un momento di difficoltà apparentemente insormontabile.

Se questo era il suo obbiettivo, è stato centrato, senza ombra di dubbio.

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CRISPINO · LANCIAI · BASILE · SABELLI “Kobayashi”

CRISPINO · LANCIAI · BASILE · SABELLI “Kobayashi”

CRISPINO · LANCIAI · BASILE · SABELLI “Kobayashi”

Dodicilune Records. CD, 2023

di alessandro nobis

Basta un ascolto di questo sorprendente “Kobayashi” per intuire come le provenienze culturali di Luca Crispino (chitarra), Roberto Lanciai (sax baritono), Fabio Basile (basso elettrico a sei corde) e Luigi Sabelli (batteria) non siano rigorosamente accademiche, ma provengano da frequentazioni musicali · come musicisti e come ascoltatori attenti · estremamente variegate con interessi diciamo “multipli” e lo si può intuire attraverso i numerosi indizi che i quattro forniscono all’attento fruitore. Il jazz più legato al mainstream, l’uso mai invasivo dell’elettronica, certi ritmi più legati al rock, il gusto per la melodia il tutto abilmente fuso nelle nove tracce composte da Crispino, Lanciai e Basile che costituiscono questo lavoro di un quartetto a cui auguro lunga vita artistica. Il baritonista Lanciai sposta ad esempio il baricentro verso il jazz più vicino al maistream con tre ballate tra le quali tengo a segnalare in modo del tutto personale “Jungle“, una languida ballad dal sapore caraibico con il tema esposto dal sax ed un bel solo di chitarra, il bassista Basile scrive ad esempio anche lo splendido brano finale, “Strummer“, ispirato da quel rock intriso di reggae del quale inventori furono appunto i Clash (e il titolo sembra confermare ciò) con altro bel solo di baritono, il tutto permeato da elaborazioni elettroniche per mano di Crispino che compone tre brani tra i quali segnalo l’intrigante “Ombre sul Borgo” dal ritmo compassato e guidato dalla chitarra che dialoga con il sax. L’album nonostante i compositori siano tre risulta molto omogeneo, piacevolissimo anche all’ascolto ripetuto, e naturalmente il ruolo della sezione ritmica è decisivo, il drumming di Sabelli si adatta alla perfezione ai vari paesaggi sonori ed il basso di Basile è struttura portante della musica, il fatto che Basile sia anche ottimo chitarrista e che qui abbia scelto il basso a sei corde gli consente di andare oltre il limite del suo strumento in modo del tutto efficace. L’affiatamento e l’interplay mi paiono sempre adeguati, sembra quasi che i “quattro” si frequentino musicalmente da tempo, molto tempo. Mah!

SERGIO ARMAROLI “Vibraphone solo in four part(s)”

SERGIO ARMAROLI “Vibraphone solo in four part(s)”

SERGIO ARMAROLI “Vibraphone solo in four part(s)”

Dodicilune Records. CD ED536, 2023

di alessandro nobis

“Introspezione”. È la prima parola alla quale ho pensato appena finito di ascoltare questo disco in “solo” del vibrafonista Sergio Armaroli registrato nel 2022 e pubblicato dalla Dodicilune, un musicista il cui interesse si muove attorno al jazz, alla musica contemporanea, alla sperimentazione ed alla creazione istantanea come testimonia la sua discografia delle sue più recenti frequentazioni: dalle composizioni di Monk alle collaborazioni con Schiaffini, Curran, Prati e Centazzo per citarne alcune.

Questo “Vibraphone solo in four part(s)” come si evince facilmente dal titolo è un percorso di ricerca in completa solitudine che Armaroli ha compiuto con il suo strumento, un viaggio in quattro tappe che attraversa il quotidiano non solo nei suoni più reconditi del vibrafono ma anche dentro sè stesso, introspettivo appunto.

La costruzione delle quattro tracce è una creazione spontanea e il poter riascoltare il processo di concretizzazione delle idee dà l’esatta percezione non solo della tecnica e della conoscenza delle potenzialità del vibrafono ma anche della visione musicale “solistica” che Sergio Armaroli ha pensato lasciando a sè stesso la più totale libertà mentale e quindi creativa. Dal vivo sarà tutto diverso, come si conviene ………..

Non è certo uno dei dischi più facili da ascoltare prodotti dall’etichetta pugliese · tra le più attive ed attente al panorama jazz e dintorni italiano · , non ci sono melodie da seguire o assoli da apprezzare, ma per questo di certo è uno dei più interessanti perchè consente di apprezzare uno strumento e la musica che ne scaturisce in tutta la sua purezza e bellezza.

Di Sergio Armaroli ne avevo parlato anche qui:

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/01/27/armaroli-%c2%b7-schiaffini-4tet-monkish-round-about-thelonious/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2021/03/14/schiaffini-%c2%b7-armaroli-deconstructing-monk-in-africa/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/06/03/centazzo-%c2%b7-schiaffini-%c2%b7-armaroli-trigonos/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/10/17/walter-prati-sergio-armaroli-close-your-eyes-oper-your-mind/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/03/24/schiaffini-prati-gemmo-armaroli-luc-ferrari-exercises-dimprovisation/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/12/23/sergio-armaroli-5et-with-billy-lester-to-play-standards-amnesia/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/12/01/curran-schiaffini-c-neto-armaroli-from-the-alvin-curran-fakebook-the-biella-sessions/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/05/29/sergio-armaroli-fritz-hauser-structuring-the-silence/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/08/26/sergio-armaroli-trio-with-giancarlo-schiaffini-micro-and-more-exercises/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/03/21/sergio-armaroli-axis-quartet-vacancy-in-the-park/)

FRANCESCO DEL PRETE “Rohesia Violinorchestra”

FRANCESCO DEL PRETE “Rohesia Violinorchestra”

FRANCESCO DEL PRETE “Rohesia Violinorchestra”

Dodicilune · Controvento Records. CD, 2023

di alessandro nobis

Lo confesso, per me che non sono un bevitore di alcolici risulta davvero difficile se non impossibile descrivere le sensazioni che un possibile fruitore provi abbinando la musica di Francesco Del Prete alle proprietà organolettiche dei cinque vini “prescelti” prodotti dall’azienda vitivinicola pugliese di Paolo Cantele; mi perdoneranno quindi i musicisti ed i proprietari della cantina se mi atterrò ai fatti musicali, che non sono pochi, contenuti in questo notevole “Rohesia Violinorchestra” lasciando il resto ai più quotati sommellier · musicologi in circolazione.

Il lavoro dunque si compone di cinque composizioni ispirate come detto dai profumi e gusti di altrettanti vini, ed ognuno di questi spartiti viene presentato in modo abbastanza inusuale con due diversi arrangiamenti curati dallo stesso Del Prete: prima si fruisce degli arrangiamenti più elaborati con il coinvolgimento di effetti elettronici e poi si ascoltano quelli più “cameristici”, se vogliamo più essenziali, ma comunque entrambi contraddistinti da grande cantabilità e raffinatezza. In effetti, non me ne vorrà il Del Prete, ho ascoltato il cd in un diverso ordine da quello proposto, ovvero le due versioni di ogni composizione vicine per cercare di capir meglio il progetto: come la splendida “Rohesia Rosso” con quel dialogo tra l’arpa di Angela Cosi ed il violino di Del Prete (nella versione “La Danza delle Rose“) e nel delicato arrangiamento con sovraincisioni ed un pizzo di elettronica nella prima versione, o ancora il sapore di Argentina nelle due varianti di “Teresa Manara“, la seconda con i violoncelli di Anna Carla Del Prete e Marco Schiavone e quell’ottone che espone il tema ed infine “Amativo” con gli archi protagonisti della solennità della prima parte e dell’andamento della più vivace e briosa  seconda parte con il ritmo sottolineato dal basso.

Un disco che come il precedente “Cor Cordis” del 2021 pubblicato sempre dalla Dodicilune nella collana Controvento, conferma il talento compositivo e di arrangiatore di Francesco Del Prete, abile alchimista che mutua diversi idiomi come la classica, il jazz e la tradizione creandone uno nuovo, personale ed interessante. Da ascoltare, al di là della vostra passione per il vino ……..

LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT “Star From Scratch”

LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT “Star From Scratch”

LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT “Star From Scratch”

Dodicilune Dischi. CD, 2022

di alessandro nobis

A leggerla prima dell’ascolto, la dotta presentazione di Davide Ielmini che accompagna la pubblicazione di questo “Star From Scratch” del compositore · chitarrista Lino Bartolo e della sua Variable Unit, potrebbe quasi intimorire un semplice ascoltatore come chi scrive ma se questa viene letta dopo numerosi ascolti la sua complessità si dipana, come del resto la musica di questi cinque movimenti che costituiscono questo lavoro. Sia chiaro, sono composizioni che necessitano di una grande attenzione per scoprirne i segreti o meglio ancora i dettagli; si gravita nell’ambito della musica contemporanea “sensu strictu” che tanto ha influenzato Bartolo sia durante i suoi studi che nel suo percorso artistico durante il quale, se consideriamo la sua giovane età non deve essere stato così lungo, ha intelligentemente saputo cogliere le lezioni di Shoenberg e Stockhausen come di Threadgill, Minton e Rypdal, linguaggi diversi ma che qui sono mutuati dal talento e dalle idee del compositore. Rigoroso radicalismo mi verrebbe da dire, nel quale le soluzioni timbriche giocano un ruolo fondamentale per colorare sia i momenti “obbligati” che quelli più “liberi”, ed i cinque compagni di viaggio ovvero Anais Drago al violino, Francesca Remigi alla batteria, Andrea Campanella ai clarinetti, Aldo Davide Di Caterino ai flauti e Pietro Corbascio alla tromba sono tra loro complementari e totalmente coinvolti nell’assecondare ed arricchire le idee di Bartolo: gli accordi di chitarra, gli archi e quindi la batteria nell’incipit del movimento conclusivo “Ending“, il clarinetto, il flauto e la batteria che danno il via al suggestivo quarto movimento “Scherzo” o ancora il lungo brano di apertura “Start” (significativi il dialogo chitarra · violino intorno al minuto quattro ed il solo di chitarra sul finire) che già al primo ascolto dà al fruitore le coordinate sulle quali si muove questo interessante progetto, secondo capitolo per la Dodicilune dopo “Don’t Beat a Dead Horse” del 2020. Decisamente da ascoltare e riascoltare ….. poi mi saprete dire.

PAOLA ARNESANO · VINCE ABBRACCIANTE “Opera!”

PAOLA ARNESANO · VINCE ABBRACCIANTE “Opera!”

PAOLA ARNESANO · VINCE ABBRACCIANTE “Opera!””

Dodicilune Dischi. CD, 2022

di alessandro nobis

Questa idea – invero brillante – di cantare e suonare le arie d’opera più popolari non soddisferà forse il “fine” palato dei melomani più ortodossi, ma questo lavoro di Paola Arnesano e Vince Abbracciante va ascoltato a mio modesto avviso in modo molto attento per comprendere bene il progetto della cantante barese e del fisarmonicista brindisino Vincenzo “Vince” Abbracciante. Dal canto loro i jazzofili più puri e più curiosi non avranno difficoltà – viste le qualità dei due protagonisti – ad avvicinarvisi scoprendo come la cantante e ed il fisarmonicista hanno pensato di affrontare questo insidioso repertorio che conferma come si possa translare dall’ambito classico a quello jazzistico un patrimonio importante come quello del melodramma.

Innanzitutto il repertorio, scelto con particolare cura tra brani · canzoni · più conosciuti e meno conosciuti dalle opere verdiane come “Il Trovatore“, “La Traviata” e “I Vespri Siciliani” al repertorio pucciniano di “La Bohème” e “Tosca” fino a Gaetano Donizetti (“Lucrezia Borgia“) giusto per citarne qualcuno: poi l’accurato lavoro per arrangiare questi “totem” musicali che come si può ben immaginare rispecchiano le melodie originali fino ad un certo punto per poi lasciare al talento dello straordinario fisarmonicista Abbracciante ed alla splendida voce di Paola Arnesano di imprimere un’impronta jazzistica fatta di abbellimenti, assoli e soprattutto l’intenso interplay tra i due protagonisti di questo importante progetto che si distingue a mio avviso nel panorama del jazz moderno per originalità e l’ardimento nel “toccare” un repertorio così importante per la cultura italiana.

In “Mercé, Dilette Amiche” dai Vespri Siciliani di Verdi (libretto di Charles Duveyrier” Paola Arnesano assume le vesti di Helene, in “Ecco Respiro Appena” quelli di Adriana Lecouvreur (dall’omonima opera di Francesco Cilea con il libretto di Arturo Colautti) ed ancora di Cho Cho San nella “Madame Butterfly” pucciniana (libretto di Giuseppe Giacosa) ed infine ancora Puccini in “O mio babbino caro” con un delicato ed efficace assolo vocale: sempre le melodie sono permeate dal suono della fisarmonica di Abbracciante, sempre preciso, fantasioso, oserei dire perfetto (non a caso gli esperti jazzofili lo considerano uno straordinario interprete del jazz moderno).

Disco tra i più significativi tra quelli pubblicati di recente, quasi quasi mi vien voglia di ascoltare le opere nella loro versione originale …

P. S. Magari nelle grandi città queste arie · e le opere cui appartenevano · si ascoltavano nei teatri o nei salotti delle famiglie borghesi dove erano accompagnate dal pianoforte, ma mi piace (molto) pensare che il popolo le abbia conosciute attraverso il suono dei mandolini magari nelle botteghe dei barbieri, o nelle piazze e mercati dove il canto era accompagnato non già da una fisarmonica ma dal suono più antico dell’organetto diatonico contribuendo magari attraverso “fogli volanti” alla alla diffusione.

Di Arnesano e Abbracciante ne avevo parlato anche in occasione del loro “MPB!” (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/03/28/paola-arnesano-vince-abbracciante-mpb/)

FRANCESCO CALIGIURI · NICOLA PISANI “Monastere Enchanté · L’Ensemble Créatif”

FRANCESCO CALIGIURI · NICOLA PISANI “Monastere Enchanté · L’Ensemble Créatif”

FRANCESCO CALIGIURI · NICOLA PISANI “Monastere Enchanté · L’Ensemble Créatif”

Dodicilune Dischi Ed529. CD, 2022

di alessandro nobis

Questo è davvero un disco “fuori dall’ordinario”. Intanto per l’idea che sta dietro al progetto, ovvero quello di suonare, ri-scrivere la musica antica introducendo metodologie esecutive che appartengono ad un linguaggio lontano da essa cinque secoli, almeno, ovvero quello del jazz e delle metodologie improvvisative. Poi perchè coinvolge due ensemble, il quartetto “Monastere Enchanté” e il sestetto “Ensemble Creative” guidati rispettivamente dai fiatisti e compositori Francesco Caligiuri e Nicola Pisani che si alternano nell’esecuzione dei brani secondo il progetto di “Locrum Sacrum” festival di Spezzano, sulla Sila calabrese, uno dei pochi festival jazz che non si limita ad assemblare un programma scegliendo dai roster delle agenzie ma che produce eventi come questo. L’idea di due ensemble sullo stesso disco potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma l’ascolto testimonia una grande piacevolezza e curiosità con un equilibrio sonoro davvero invidiabile nonostante i due gruppi si muovano su terreni apparentemente diversi.

L’ambientazione è quella di una sorta di “rinascimento al limite dell’apocrifia”; le otto composizioni di Caligiuri (con lui ci sono Michel Godard, Paolo Damiani e Luca Garlaschelli) si ispirano a quello straordinario periodo storico, ne rispettano ritmi e suoni (“C’est la bonheur“) ma inseriscono assoli come quello di Godard e di Damiani di chiara ambientazione jazzistica con uno straordinario quanto inedito risultato: “Sombra Misterieux I” è un bellissimo brano per solo violoncello (e qui il ricchissimo repertorio per viola da gamba viene “richiamato” all’ascoltatore) con un’improvvisazione incastonata nella struttura del brano mentre la seconda parte è più vicina all’idioma jazzistico visto che il baritono di Caligiuri ne è l’assoluto protagonista (il sassofonista pugliese ha davvero fatto sua bene la lezione di un tal John Surman).

D’altro canto l’Ensemble Créatif di Nicola Pisani sceglie un percorso diverso, ovvero quello di intrepretare brani del repertorio storico (a parte due interpretazioni di Charlie Haden · Our Spanish Living Song” e “Silence” · rese perfettamente “coeve” a questo progetto): lo fa sì rispettando gli spartiti ma lasciando grande libertà espressiva ai musicisti come ad esempio in “O Let Me Weep (The Plaint)”  composta da Henry Purcell e Thomas Betterton facente parte della semi-opera “La regina delle fate” (The Fairy-Queen; Catalogo Purcell numero Z.629) eseguita per la prima volta nel 1692 (lo spartito venne perso e ritrovato quattro secoli più tardi). L’inizio con la voce magnifica di Francesca Donato rispetta l’originale partitura, ma poi si susseguono improvvisazioni (il flauto di Eugenio Colombo e le percussioni, il trombone di Giuseppe Oliveto, il sassofono di Pisani, i cordofoni di Checco Pallone) che separano le strofe cantate in modo efficacissimo: un perfetto mosaico di suoni e di storie musicali che raramente mi è capitato di ascoltare.

Che ascoltiate il disco rispettandone la scaletta o separando i brani dei due ensemble – andando contro quindi l’idea originale, ma ne vale la pena per capirne di più – non ne cambia la sua straordinarietà; credo che quel geniaccio indimenticato di David Munrow (1942 · 1972) che ebbe secondo i puristi l’ardire mezzo secolo fa di mettere a contatto due mondi paralleli come quelli della musica medioevale e quello del folk inglese avrebbe senz’altro apprezzato moltissimo questo progetto. Due generi lontani in apparenza che oggi si incontrano, il jazz e la musica antica: un nuovo sentiero da percorrere, tutto da scoprire e da ascoltare.