MAKÁM ÉS KOLINDA “Szélcsend után”

MAKÁM ÉS KOLINDA “Szélcsend után”

MAKÁM ÉS KOLINDA “Szélcsend után”

Hungaroton Records. LP, 1984

di alessandro nobis

Registrato e pubblicato in Olanda nel 1982 dalla Stoof Records e successivamente dall’Hungaroton nel 1984, “Szélcsend után” è il primo degli album registrati (a questo seguirà “Utón”) dalla connection tra i gruppi ungheresi Kolinda (autori di tre splendidi dischi per la francese Hexagone) ed i Makam. In realtà qui dei Kolinda originali è presente solamente Peter Dabasi (mandoloncello, kaval, voce) mentre la line · up dei Makam comprende Peter Köszegi (contrabbasso), Eszter Matolcsy (violino, viola, kalimba, percussioni) Zoltán Krulik (chitarra, voce), Szabolcs Szőke (gadulka) e Endre Juhász (oboe). Disco notevole e molto interessante questo “Szélcsend után”, piuttosto lontano dall’ortodossia tradizionale che caratterizzava il prezioso catalogo dell’Hungaroton e segnato da per lo più composizioni originali composte da Zoltán Krulik, Peter Dabasi  e lo straordinario suonatore di gadulka Szabolcs Szőke. E’ musica che ancora si presenta molto interessante e fresca, va contestualizzata ai tempi della registrazione dove la rara, innovativa e raffinata combinazione di suoni etnici (i flauti pastorali, la gadulka, la kalimba e le percussioni) è al servizio degli spartiti e del talento dei musicisti tutti con una preparazione di primissimo livello, tant’è che il Makam Együttes è tutt’ora in piena attività ed ha da poche settimane celebrato con un concerto il quarantesimo anniversario; nel tempo ci sono stati numerosi avvicendamenti dei musicisti ma al centro restano più che mai le composizioni di quello che può essere considerato il perno centrale dell’ensemble, Zoltán Krulik.

Le voci, la chitarra e l’oboe di Töredek che aprono il disco, gli armonici della dodici corde con il violino che lanciano il brano eponimo, l’oboe di Endre Juhász (protagonista della sua “Mese” che chiude la prima facciata) con il mandoloncello conferiscono alla musica del gruppo un suono decisamente unico, con lo sguardo volto a oriente ed alle musiche “colta e popolare” ungherese (“Szélcsend után” prosegue con “Két Népdal“, due canti popolari arrangiati da Dabasi). Come nella balcanica “Tràk Dallam” arrangiata e suonata da Szőke, splendido esempio di come la musica popolare possa essere riletta con un idioma musicale diverso.

Disco bellissimo che a molti me compreso ha aperto un mondo musicale sconosciuto. Avere poi ospitato i Makam a Verona per tre volte a distanza di anni ci ha permesso di vedere la loro evoluzione oltre ad essere stato un onore conoscerli.

SOSTIENE BORDIN: STEFANO RISSO & LALLI “Qui”

SOSTIENE BORDIN: STEFANO RISSO & LALLI “Qui”

SOSTIENE BORDIN: STEFANO RISSO & LALLI “Qui”

Silentes · Stella Nera · Dethector · Bruno Alpini. CD, 2023

di Cristiano Bordin

Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere e realizzare queste canzoni e per questo il disco non è immediato e ha bisogno di ascolto”. Messa così, e soprattutto di questi tempi, la frase, pronunciata in una intervista da Lalli per presentare “Qui” · il suo nuovo lavoro concepito e suonato insieme a Stefano Risso, prodotto e distribuito da 4 sigle tra cui Stella Nera · potrebbe quasi spaventare. Viviamo tempi in cui anche nella musica · soprattutto quella di più largo consumo ma non solo · vige il principio dell’obsolescenza programmata. Ma queste sono situazioni che riguardano la musica concepita come “mercato”, come catena di montaggio per cantanti, gruppi, personaggi.

Gente come Lalli o come Stefano Risso sono stati e saranno sempre da un’altra parte: quella della musica vissuta come un percorso in cui un punto fermo è la propria totale indipendenza e in cui si è sempre in movimento, alla ricerca di nuovi stimoli e di nuove suggestioni. E infatti, nella busta interna del cd, troviamo la parola “viaggio” per definire i dieci episodi che compongono l’album: “Qui” · è scritto nelle note di presentazione · “non è solo un posto per ciascuno di noi ma comprende anche il contesto e dunque anche il tempo che concorre a determinarlo. Qui è sempre qui ma è sempre diverso”. A firmare l’album due nomi più che conosciuti della scena musicale indipendente italiana e torinese in particolare. Stefano Risso oggi è uno dei più importanti ed eclettici bassisti italiani, impegnato in tanti   progetti che hanno la base nel jazz ma non si limitano solo a quell’ambito. Lalli è stata la cantante dei Franti, gruppo torinese che nella purtroppo scarna discografia dimostra come le definizioni nella musica spesso lasciano il tempo che trovano. Della identità punk iniziale, già nei loro primi episodi, rimane lo spirito, non tanto i suoni.   Un album come “Il giardino delle quindici pietre” lo dimostra in pieno ancora oggi, dopo tanti anni, e sarebbe il momento di riscoprirlo.

I Franti · la “a” al centro del nome è una “a” cerchiata · sono stati uno dei gruppi di riferimento per l’area anarchica e libertaria non solo in Italia: sono sempre stati completamente e coerentemente fuori da logiche di business e di mercato e in piena libertà per le scelte artistiche successive (Ishi, Orsi Lucille, Environs, Howt Castle) che da quel gruppo, dopo il suo scioglimento, sono scaturite. La prima uscita solista di Lalli fu “Tempo di vento”, poi nel 2003 arriva “All’improvviso nella mia stanza”.  Nel 2016 è la volta di “Un tempo, appena” insieme a Stefano Risso. Un album oggi apprezzato ma che alla sua uscita aveva spiazzato parecchio: per quasi un anno non lo aveva recensito nessuno. Dopo sono arrivati pareri praticamente unanimi: un gran bel disco, certo non facile, non immediato, ma da cui, una volta capito, diventa difficile staccarsi.

Per “Qui” può valere lo stesso discorso: è un album fatto di sfumature, di poesia, di suggestioni letterarie e musicali. Un album ricco, ricchissimo, eppure costruito apparentemente con poco: una voce e un contrabbasso. A tenere per mano la voce di Lalli · che è quasi sempre recitata · il grandissimo lavoro di tessitura musicale di Stefano Risso con il suo contrabbasso ma anche con l’harmonium, il pianoforte e un po’ effetti. Un lavoro di tessitura impeccabile ma tutt’altro che semplice: il contrabbasso sembra trasformarsi in certi passaggi in una vera e propria orchestra d’archi. Si inizia con un brano in francese, “A la claire fontaine”, pescato dal repertorio di un giocoliere del XVI · XVII secolo, e si prosegue nel viaggio accompagnati dalla voce di Lalli e dal tappeto sonoro creato da Risso con un brano che parla di guerra e di vite spezzate come “Ciao Bella”, mentre “Jane ancora con me” racconta la propria passione per Charlotte Bronte e per Jane Eyre. “Colline di fronte”, davvero un bellissimo brano, capace di dare veramente un senso alla definizione di “canzone d’autore”, ha un tema arioso, quasi cinematografico, in “Colline spezzate” troviamo invece un clima un po’ più cupo ma sono entrambi episodi densi, sia musicalmente che per le suggestioni che sono capaci di evocare.

C’è spazio per riproporre un classico della nostra musica popolare, “Amara terra”· canto di lavoro dei contadini abruzzesi divenuto celebre per l’interpretazione di Modugno per terminare con gli ultimi due episodi, “Un altro orizzonte” e “Perduti nel cuore”. “Qui” è un po’ come quei libri che, una volta letti, si tengono sempre a portata di mano e da cui ci sfugge sempre un passaggio da ritrovare poi  con la lettura successiva. Uno dei temi dell’album è la guerra e una società costruita a misura delle guerre: “l’essere umano è un esercito / l’altro, il nemico, è invisibile, interiore / annidato in un  altro essere umano / gli uomini nemici l’uno dell’altro”. Non ci sono spazi per illusioni: “Il riparo è un posto impervio”.

Qui” a dicembre è stato presentato in un mini tour che ha toccato anche Verona, a La Sobilla · Laboratorio di idee e pratiche · : un concerto che ha saputo mantenere intatta l’atmosfera dell’album. E non era semplice. Se i suoni del disco sono affidati al contrabbasso, e quindi più acustici, dal vivo Stefano Risso per accompagnare il cantato e il recitato di Lalli usa un basso elettrico e un po’ più di spazio hanno gli effetti. Ma il percorso rimane lo stesso, arricchito dal video di “Colline spezzate”, e da qualche omaggio: a Johnny Cash, a “Bread and Roses” e nel bis ad una insospettabile Lady Gaga pescata dal film “A star is born”.

Negli anni ‘70 i dischi degli Area non erano facili da ascoltare · dice Lalli in una intervista · La Liberation Music Orchestra e Robert Wyatt erano tutta musica difficile. Ma c’era voglia di fermarci e di ascoltare, di provare a capire.”

Qui” è fatto apposta per ritrovare proprio il gusto dell’ascolto e del ri/ascolto: magari fermandosi, tornando indietro, per ripensare a quel passaggio sentito poco prima. La volta successiva riserverà senz’altro un’altra scoperta. Un viaggio che ci ripagherà sicuramente del nostro sforzo di attenzione e di comprensione.   Di questo, oggi, la  musica  ha un estremo bisogno.

FEDERICO MOSCONI “Nocturnal”

FEDERICO MOSCONI “Nocturnal”

FEDERICO MOSCONI “Nocturnal”

 Dronarium Records· CD · 2023

di alessandro nobis

Le composizioni del chitarrista Federico Mosconi hanno tutte una caratteristica comune: ascoltate una prima volta, la tentazione di “ritornare al via” e scoprire la loro ideazione e realizzazione è davvero irresistibile se siete naturalmente tra quelli che desiderano comprendere bene ciò che stanno ascoltando ed andare oltre il livello epidermico. E’ ovviamente così anche per questo ottimo “Nocturnal” prodotto in cento (100) copie · quasi esaurite · dalla coraggiosa etichetta Dronarium del russo Dmitry Taldykin e naturalmente reperibile anche in formato digitale. Detto questo, “Nocturnal” si compone di 9 brani che scandiscono il passaggio da un giorno al successivo attraverso la notte e la traccia “At Midnight“, è il “Caronte” che scorta l’ascoltatore nella traversata: è un viaggio attraverso l’immaginario di Mosconi, tra suoni artificiali, suoni naturali e suoni “meticci” che si ascoltano qua e là come nella coinvolgente seconda traccia (“At 11 PM“, per capirsi) che presenta un contrabbasso “contraffatto” accanto a suoni ottenuti manipolando la chitarra acustica intriso dalla matrice elettronica, o nel brano spartiacque “At Midnight” che mi ha trasportato in un immaginario oriente con il gioco dell’archetto e del suono d’apertura che mi ha ricordato cordofoni di area indiana, o ancora gli accordi di “At 2 A.M.” e la cupa convincente atmosfera di “At 4 A.M.” che sale via via di intensità come la pioggia (vera o artificiale?) che permea tutto il brano. Un altro ottimo lavoro di Federico Mosconi, del tutto convincente grazie anche alla sua competenza nel manipolare “la macchina”, e che ha saputo nel tempo renderla complementare alla sua chitarra. E se siete già in possesso della copia fisica di “Nocturnal” significa quanto siete attenti a queste produzioni di “nicchia” caratterizzate da tirature limitate che per forza di cose spariscono nell’oceano delle produzioni musicali quotidiane e che richiedono pazienza e curiosità per andarle a scovare sul web. Ci vuole pazienza, ripeto, ne sarete ben ripagati.

Dicono quelli bravi che la musica elettronica è fredda e non provoca emozioni. Di certo non in questo caso ……… La ascoltassero.

Di Federico Mosconi ne avevo parlato anche qui:

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/12/19/federico-mosconi-dreamers-and-tides/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/07/27/federico-mosconi-il-tempo-della-nostra-estate/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2019/11/22/federico-mosconi-light-not-light/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/04/14/federico-mosconi-colonne-di-fumo/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2015/12/31/federico-mosconi-the-soundtrack/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/10/27/il-diapason-intervista-federico-mosconi-e-roberto-galati/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2019/02/15/gri-mosconi-between-ocean-and-sky/)

DALLA PICCIONAIA: BANDELLO · BEARZATTI · DIENI · MELLA · SAVOLDELLI · ZORZI

DALLA PICCIONAIA: BANDELLO · BEARZATTI · DIENI · MELLA · SAVOLDELLI · ZORZI

DALLA PICCIONAIA: BANDELLO · BEARZATTI · DIENI · MELLA · SAVOLDELLI · ZORZI

“Villafranca di Verona, Esotericproaudio Theater, 31 marzo 2023”

di alessandro nobis

Grazie a Mirko Marogna, titolare dell’Esotericproaudio Theater di Villafranca · a pochi chilometri da Verona · esiste un’altra “tana” (l’altra è il Paratodos, ma in città) per coloro che praticano suonare o amano ascoltare, o entrambe le cose, la musica così chiamata in modo generico di “avanguardia”. A Villafranca ho avuto la fortuna di assistere il 31 marzo ad un concerto di un sestetto di musicisti · esploratori dal grande valore e disponibilità a sperimentare costruito dalla fertile mente del chitarrista Roberto Zorzi: con lui Nelide Bandello alla batteria, Francesco Bearzatti al sax tenore e clarinetto, Pino Dieni al daxofono, Aldo Mella al contrabbasso e Boris Salvoldelli alla voce. Tema della serata l’improvvisazione musicale ripetibile nella forma ma irripetibile nella sostanza che si sviluppa da un’idea iniziale e che può portare ovunque, in questo caso anche al jazz più vicino al maistream, allo spiritual di “Down to the river to pray” ed alla canzone italiana naturalmente rivista e corretta. L’amalgama tra i diversi linguaggi è stato straordinario, la musica creata con tale fluidità che alla fine pure io mi sono chiesto se effettivamente i sei avevano provato o concordato alcuni passaggi perchè dal set di chitarra di apertura alle splendide reinterpretazioni istantanee di Savoldelli di “Parlami d’amore Mariù“, “‘O Sole Mio” e “Non ti fidar (di un bacio a mezzanotte)” che hanno chiuso il concerto mi è parso perfetto, senza cadute di tono, con i musicisti che hanno saputo calibrare i loro interventi e che hanno saputo anche momentaneamente farsi da parte per osservare l’evoluzione della musica e rientrare al momento più opportuno senza alterare il pathos dell’improvvisazione.

Come dicevo, ben progettata e realizzata anche la successione delle presenze sul palco dei sei compagni viaggio, ad iniziare dal set di Roberto Zorzi al quale poi si sono aggiunti Pino Dieni e Borsi Savoldelli mentre per la seconda parte il sestetto si è completato con Aldo Mella, Francesco Bearzatti e Nelide Bandello mantenendo sempre come dicevo una grande fluidità nel suono e nella creazione musicale ed attirando l’attenzione del pubblico che ha seguito “l’evolversi della situazione”.

Tornando a casa in auto mi sono convintamente detto che questo materiale dovrebbe essere pubblicato senza tanti tentennamenti o anche minime post·produzioni:  ripeto, serata straordinaria e al solito chi è rimasto a casa ha avuto torto ancora una volta …

SUCCEDE A VERONA “RITIRO NAZIONALE DI CANTO ARMONICO”

SUCCEDE A VERONA “RITIRO NAZIONALE DI CANTO ARMONICO”

SUCCEDE A VERONA

Associazione Culturale Alterjinga

“Ritiro Nazionale di Canto Armonico, Nona Edizione”

Verona, 5 · 6 · 7 maggio 2023

Circolo Nuovanalisi

di alessandro nobis

E con questa sono ben nove le edizioni di questo “Ritiro Nazionale di Canto Armonico, Nona Edizione” promosso dall’Associazione Culturale Alterjinga; si terrà a Verona nelle giornate del 5, 6 e 7 maggio prossimo presso l’attivo Circolo Culturale Nuovanalisi nel quartiere di Santa Lucia in Via Ghetto 14, a dieci minuti dall’uscita autostradale A4 di Verona Sud.

Tre giorni di lezioni teorico-pratiche sul Canto Armonico accompagnati da docenti come Giorgio Pinardi, Giorgio Lombardi e Paolo Avanzo che seguiranno passo dopo passo i partecipanti, siano essi principianti assoluti o praticanti già esperti. Al ritiro vi potranno partecipare solamente 16 persone, e questo per una precisa scelta legata alla didattica; le iscrizioni andranno presentate entro e non oltre il 28 aprile al seguente indirizzo mail: associazione.alterjinga@gmail.com

Ma che cosa è il “Canto Armonico”? E’ un canto difonico, antichissimo e diffuso in molte delle tradizioni musicali come quella del canto a tenores sardo (“I Tenores di Bitti”, per fare un esempio) fino al sub continente indiano e in quei percorsi che guardano più alla musica improvvisata e alle avanguardie che dà, per semplificare il discorso, la possibilità di emettere più note contemporaneamente.


Riporto il programma come è stato diffuso attraverso il Comunicato Stampa della benemerita Associazione Culturale Alterjinga, promotrice come detto del seminario:


· VENERDÌ 05 MAGGIO · 10:30 – 18:00
“Introduzione al Canto degli Armonici”

Giorgio Pinardi pratica da vent’anni il Canto Armonico, in parallelo ad un percorso trasversale sulla Voce che gli ha permesso di approfondire la tecnica vocale in ambito moderno, tecniche vocali estese in campo Sperimentale, l’Improvvisazione e pratiche vocali provenienti da culture diverse da tutto il Mondo, con esperienze artistiche e didattiche in Italia e all’estero attraverso corsi stabili, seminari, workshop, partecipazione a diversi Festival. In particolare sul Canto Armonico da diversi anni ha attiva una sperimentazione in collaborazione con foniatri e esperti di rilevanza nazionale, nelle sue connessioni la Voce cantata e parlata. Al Ritiro tratterà la materia dal punto di vista storiografico e teorico, per poi introdurre il proprio approccio personale alla parte tecnica, alla musicalità e agli obiettivi artistico-didattici della pratica. Sia il principiante che il praticante esperto troveranno molti stimoli per avvicinare o migliorare la pratica, unitamente a contenuti esclusivi rispetto ad altri seminari sul tema.

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/09/16/giorgio-pinardi-%c2%b7-mevsmyself-aion/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/01/28/giorgio-pinardi-mevsmyself-mictlan/)

· SABATO 06 MAGGIO · 10:30 – 18:00
“La Pratica degli Armonici: approfondimenti e applicazioni”

Giorgio Lombardi pratica da oltre trent’anni Canto Armonico, ha al suo attivo numerose pubblicazioni (articoli su riviste specializzate e libri) sul tema, è esperto di Yoga diplomato nel primo corso di formazione della Federazione Italiana Yoga, con la tesi “Mantra Yoga per l’Occidente”. Dagli anni Novanta ha perfezionato l’uso del suono attraverso diverse pratiche tra cui Canto degli Armonici, Nâda-yoga, Mantra e Bija, Liuqi- Jue (I 6 Suoni del Tao), Canto gregoriano e bizantino. Tiene conferenze, corsi e seminari sulle diverse materie citate, oltre a concerti da solo e/o con gruppi vocali in Italia e all’estero che hanno portato a pubblicazione di diversi album di musica inedita. Al Ritiro si occuperà di sviscerare la parte esperienziale, l’ear-training, il lavoro su respiro e vocali, ma anche il contesto armonico della pratica, per compiere insieme un passo avanti nella consapevolezza individuale e collettiva sugli Armonici, relazionata a forme musicali e vocali diverse.

· DOMENICA 07 MAGGIO · 10:30 – 18:00
“L’Esperienza degli Armonici: il Suono Profondo”

Paolo Avanzo è diplomato in presso il Conservatorio Pedrollo di Vicenza in Culture Musicali extraeuropee/indirizzo indologico, in Nada Yoga ed in Nadabrahma Music Therapy System con il prof. Vemu Mukunda. Tiene conferenze su Biofonia e workshop , sullo Yoga del Suono, la Biofonia e concerti di musica classica indiana, di meditazione e di ricerca. Allievo di Hatha Yoga, Canto è allievo di Pandit Shivnath Mishra in Sitar: ha studiato in passato anche con Pandit Ravi Shankar e con Buddhadytya Mukerjee. Al Ritiro porterà la sua grande esperienza nel Suono a 360°, con approfondimenti sulle connessioni del Canto Armonico con la Musica Indiana ed altre pratiche sonore.

informazioni: https://www.facebook.com/events/2877507325714557/?ref=newsfeed

ROBERT WYATT “Radio Experiment · Rome, February 1981”

ROBERT WYATT “Radio Experiment · Rome, February 1981”

ROBERT WYATT “Radio Experiment · Rome, February 1981”

RAI Trade Records. CD, 2009

di alessandro nobis

C’era una volta “Mamma Rai”. C’era una volta un programma radio che andava sul Terzo Canale che si chiamava “Un Certo Discorso” ideato da Pasquale Santoli che andò in onda per cinque giorni la settimana dal 8 novembre 1976 al 1 gennaio 1988. Era un programma di “attualità culturale” così lo definirei e il suo responsabile, Santoli appunto, diede un’imprenta editoriale con produzioni originali nel campo dello spettacolo, dell’intrattenimento, del giornalismo d’inchiesta e nel campo musicale.

Viene così invitato a partecipare la trasmissione una delle menti più lucide del panorama jazz più vicino al rock dell’ultimo mezzo secolo, una delle figure più seguite ed apprezzate dagli appassionati che dai tempi dei Wilde Flowers (correva l’anno 1964) e dei primi Soft Machine ha saputo pensare ad un nuovo percorso musicale: Robert Ellidge (a.k.a. Robert Wyatt) autore, sperimentatore, compositore, cantante e batterista.

Wyatt si trattiene a Roma dal 16 al 20 febbraio del 1961 e nella sala M del Centro di Produzione Radio, il 19 dà vita a queste registrazioni incidendo su un multitraccia pista dopo pista le sue idee: non gli viene chiesto di suonare i suoi brani storici ma gli viene lasciata la più totale libertà per documentare il suo processo creativo, il musicista inglese accetta e ringrazia per avere questa rara possibilità tanto più che viene data da un organismo governativo, la R.A.I. appunto. Ciò che si percepisce è la sintonia tra lo stesso Wyatt e gli autori radiofonici e, ribadisco, l’assoluta libertà lasciata di concretizzare ed espandere le idee senza un “fine discografico”.

Un processo creativo che si realizza con un pianoforte, tastiere, oggetti vari, scacciapensieri, percussioni e naturalmente con la sua voce e il suo genio con una libertà assoluta citando ad esempio il Charlie Parker di “Billie’s Bounce“; è questo cd uno dei più interessanti episodi della discografia di Wyatt anche perchè si avvicina di molto all’universo più sperimentale della musica europea, ovvero quello che pratica la creazione musicale spontanea ed irripetibile.

Once upon a time “Mamma Rai”. Once upon a time there was a radio program that went on the Third Channel called “Un Certo Discorso” created by Pasquale Santoli which went on air for five days a week from 8 November 1976 to 1 January 1988. It was a program of “cultural current affairs This is how I would define it and its manager, Santoli, gave an editorial imprint with original productions in the field of entertainment, investigative journalism and in the music field.

Thus one of the most lucid minds of the jazz panorama closest to rock of the last half century is invited to participate in the broadcast, one of the most followed and appreciated figures by enthusiasts who since the days of the Wilde Flowers (it was the year 1964) and the first Soft Machine has been able to think of a new musical path: Robert Ellidge (a.k.a. Robert Wyatt) author, experimenter, composer, singer and drummer.

Wyatt stays in Rome from 16 to 20 February 1961 and in room M of the Radio Production Center, on the 19th he gives life to these recordings by recording his ideas on a multitrack track after track: he is not asked to play his historical pieces but the most complete freedom is left to him to document his creative process, the English musician accepts and thanks for having this rare possibility especially since it is given by a government body, the R.A.I. precisely. What is perceived is the harmony between Wyatt himself and the radio authors and, I repeat, the absolute freedom left to materialize and expand ideas without a “recording purpose”.

Wyatt tells Michael King in ‘Wrong Movements: A Robert Wyatt History’, SAF Publishing 1994: “If they really want to see how I work before I know what I’m doing, then that’s what they’re going to get and if during that week something comes out of it, then it will do, but if it doesn’t then that will be more honest.  I deliberately went in there and improvised what I was doing as well as how I did it. The point wasn’t to have a finished result that could be listened to, the point was to see a process. It’s only in retrospect that I can see that bits of some of them have some kind of coherence“.

A creative process that takes place with a piano, keyboards, various objects, harps, percussions and of course with his voice and his genius with absolute freedom quoting for example the Charlie Parker of "Billie's Bounce"; this CD is one of the most interesting episodes of Wyatt's discography also because it is very close to the more experimental universe of European music, that is the one that practices spontaneous and unrepeatable musical creation.
1Opium War7:14
2Heathens Have No Souls7:12
3L’albero Degli Zoccoli8:28
4Holy War3:35
5Revolution Without “R”3:24
6Billie’s Bounce1:30
7Born Again Cretin2:35
8Prove Sparse10:10

DALLA PICCIONAIA: BREANZA · ZERLOTTO · LAZZARONE “Comizio Elettroacustico”

DALLA PICCIONAIA: BREANZA · ZERLOTTO · LAZZARONE “Comizio Elettroacustico”

ENRICO BREANZA · ANNA ZERLOTTO · LAZZARONE “Comizio Elettroacustico”

Laboratorio Autogestito Paratodos, Verona. 5 marzo 2023

di alessandro nobis

Fa molto piacere sapere che a Verona città esiste uno spazio che coraggiosamente dà la possibilità di esibirsi ad artisti che lavorano nell’ambito dell’avanguardia. E’ il Laboratorio Autogestito Paratodos (in Corso Venezia 51), e la performance in oggetto è il “Comizio Elettroacustico” che si è tenuto domenica 5 marzo appunto in questo ampio e multifunzionale spazio: il “Comizio” ha avuto come protagonisti tre musicisti ovvero la contrabbassista Anna Zerlotto, il manipolatore di suoni elettro · acustici Lazzarone ed il chitarrista Enrico Breanza che da tempo esplora il mondo della musica spontanea, oggetto del “Comizio” appunto.

Una novantina di minuti scanditi da diversi momenti caratterizzati da “creazioni e distruzioni spontanee” · come annunciato da Breanza ad inizio performance, con il denominatore comune nella struttura delle improvvisazioni: la chitarra crea fraseggi, pattern, accordi che suonano come un invito ai compagni a partecipare, interloquire, creare suoni d’insieme che alla fine risultano interessanti e convincenti riuscendo frequentemente a far scoccare quella scintilla magica che i musicisti che operano nell’ambito dell’improvvisazione · anche di quella molto più ortodossa e radicale · cercano ogniqualvolta si trovano uno di fronte all’altro. Ciò che si è generato · e dissolto · durante la performance è stata una musica godibile, a tratti spigolosa, che invita all’attento ascolto e che è stata apprezzata dal pubblico presente, ma con soprattutto una linea evolutiva del concetto artistico chiara e che a mio modestissimo parere ha ampi spazi di sviluppo: consideriamo che questo era solamente il terzo “incontro” tra Lazzarone, Breanza e Zerlotto ed una volta che la contrabbassista e il “manipolatore di suoni” si saranno presi sempre più spazio nella creazione che deve seguire i dettami del non · idioma improvvisativo comune, la qualità della loro musica non potrà che giovarsene. Come detto le basi per un lavoro molto interessante ci sono tutte ed anche il riascolto della performance conferma quanto detto.

Fa sempre piacere sapere, concludendo, che la via della musica spontanea indicata nei primi anni sessanta dal londinese Spontanoeus Music Ensemble ancora oggi trovi proseliti interessati a produrre musica con queste modalità come quella ascoltata durante il “Comizio Elettroacustico”. “Questa è la via” ha detto qualcuno, la si segua senza “se” e sanza “ma”.

Si replica domenica 7 maggio. Naturalmente non sarà “la stessa musica”, non può esserlo, diceva il Derek B.

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

AUTOPRODUZIONE. CD, 2021

di alessandro nobis

Negozi “di prossimità” in via di estinzione (i rimasti dovrebbero essere patrimoni dell’UNESCO), distribuzione pressoché assente, di etichette indipendenti in grado di gestire una promozione e conseguente distribuzione se ne stanno perdendo le tracce, le vendite on line di musica autoprodotta e i download digitali, rassegne e festival realmente interessati alle nuove proposte: se vivi in Italia, sei un musicista e speri di poter vivere del tuo talento e della musica che concepisci e realizzi sembra non ci sia speranza. Ti trovi un altro lavoro che sia almeno dignitoso e la tua passione la lasci nelle pieghe del tempo che il lavoro ti consente di sfruttare. Quanto detto calza a mio avviso a pennello se si un musicista che suona musica di avanguardia · intendo quel jazz e dintorni legato all’improvvisazione · o quella definita “ambient” un termine coniato quaranta anni or sono da certo Brian Eno.

L’ho fatta un po’ lunga perchè il percorso artistico di Federico Mosconi, fine chitarrista di consolidata formazione classica dedito da qualche anno alla musica contemporanea “ambient” si riflette almeno in parte in quanto scritto: produzioni centellinate, poche decine di copie fisiche e musica “liquida” · mi tocca purtroppo usale questo temine a mio avviso orribile · disponibile sul web. Come questo ottimo “Dreamers and Tides” pubblicato nel ’21, sei lunghe tracce estremamente amabili all’ascolto che se approfondito rivelano una accurata progettazione degli stessi, dove il suon antico della chitarra classica come nell’introspettivo “Dance of slow waters” viene fatto avvicinare e poi intersecare con il fascino dell’elettronica e dove come nel lungo brano eponimo “Dreamers and Tides” si rivela una stratificazione sonora sia per la presenza della chitarra magistralmente filtrata da sembrare assente con la musica creata dalla “macchina” ispirata dal musicista. La musica contemporanea · la definirei elettronica piuttosto che ambient · non è di facile codificazione lasciando largo spazio alla sensibilità del fruitore e questo è anche il suo fascino, non essendo vincolata come altri idiomi a regole, gabbie esecutive o altro.

Un altro bel lavoro di Federico Mosconi, un peccato che musicisti come lui meriterebbero ben di più che essere “relegati” in una piccola nicchia di “mercato”. L’importante è pervicacemente seguire la propria filosofia senza guardarsi troppo intorno; i suoi estimatori si aspettano altre gemme come questo ” Dreamers And Tides” e personalmente penso che non saranno delusi.

https://federicomosconi.bandcamp.com/album/dreamers-and-tides

MIZOOKSTRA “Also Sprach Mizookstra”

MIZOOKSTRA “Also Sprach Mizookstra”

MIZOOKSTRA “Also Sprach Mizookstra”

Sangue Disken. CD · CS · DIGITALE, 2022

di alessandro nobis

Il sassofonista Simone Garino, co · leader del quartetto Night Dreamers con questo recentissimo “Also Sprach Mizookstra” va “oltre” e con Mario Conte (musicista che si muove nell’ambito della musica elettronica) letteralmente crea questo bel lavoro di ricerca musicale frutto di otto session informali dove la creazione spontanea ovvero l’improvvisazione è l’assoluta protagonista del progetto, da ascoltare con grande calma e concentrazione.

Il suono acustico del sassofono ben si combina con l’elettronica, con i suoni “industriali” e contemporanei come ad esempio nella “Session # 6” dove il baritono segue il ritmo con una interessante sequenza di assoli o nella breve “Session # 5” aperta dai sax sovraincisi che lasciano poi lo spazio al minuzioso lavoro di Conte che sceglie e combina i suoni ideali da affiancare a quelli di Garino con un finale in crescendo. Ancora “Session # 8 parte 1” creata esclusivamente dagli efficaci suoni elettronici e infine la lunga “ Session # 2″ con i suoni di apertura che ricordano molto bene alcuni episodi dell’elettronica tedesca anni settanta però permeati dagli assoli del baritono e dalla reiterazioni di una “sirena di allarme” per niente fuori posto.

Ascoltando “Also Sprach Mizookstra”, si capisce bene la qualità del lavoro di studio e di interplay che c’è dietro questo progetto e soprattutto si comprende come questa musica non sia affatto ostica o riservata a pochi “eletti”: nelle performance naturalmente come nella miglior visione della musica improvvisata, tutto può cambiare e trasformarsi in qualcosa d’altro, e questa è la sostanza della creazione spontanea.

GIORGIO PINARDI · MeVsMyself “Aiòn”

GIORGIO PINARDI · MeVsMyself “Aiòn”

GIORGIO PINARDI · MeVsMyself “Aiòn”

ALTERJINGA RECORDS. CD, 2022

di alessandro nobis

Ho conosciuto la musica di Giorgio Pinardi attraverso il suo ottimo lavoro del 2019 (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/01/28/giorgio-pinardi-mevsmyself-mictlan/) e con questo “Aiòn” prosegue il suo lavoro di ricerca e sperimentazione vocale che contraddistingue il suo originale progetto.

Ormai sappiamo che un “disco di musica improvvisata non si improvvisa”: studio, ricerca, ascolti, tecnica sono alcune delle condizioni necessarie per improvvisare, condizioni che Giorgio Pinardi, sperimentatore vocale, quotidianamente coltiva e che lo portano al livello cui si trova oggi, ovvero al piano più alto della musica contemporanea, della musica di oggi. “Aiòn” guarda come fonte di ispirazione all’Africa subsahariana, ai suoi suoni, alle sue tradizioni non nel vano tentativo di riprodurli ma piuttosto come fonte per portarli in un mondo sonoro che le interseca in modo originale ed innovativo. Sarebbe necessario conoscere in modo profondo la puntiforme musica africana e la sua oralità per capir bene il lavoro di Pinardi; non è così, per me, ma ad esempio “Yielbongura” e “Kamtar” celebrano la cultura orale del West Africa ma mi hanno ricordato con quel suo “call and response” anche i canti maschili dello Zimbabwe, anche se qui, naturalmente, tutto è costruito dalla singola voce di Pinardi attraverso loop, raddoppiamento della sua voce e costruzione di nuove linee vocali, “Waldeinsamkeit“, “Solitudine della foresta” è una creazione spontanea, un inno alla contemplazione costruito con una leggera base ritmica e da sovrapposizioni vocali davvero interessanti, ed infine “Rwty” si realizza con un impeccabile connubio tra l’elettronica · la modernità · e della voce naturale · la tradizione · che trasporta l’ascoltatore in un indefinito altrove. Un lavoro quindi “multistrato” che non può non affascinare anche chi affronta l’ascolto musicale in modo diciamo “superficiale” e per questo lo consiglio vivamente al popolo dei curiosi che mi sembra in un certo qual modo in estinzione.

Insomma la improvvida scomparsa di Demetrio Stratos del 1979 non ha di certo segnato la fine della sperimentazione vocale, e lo dimostrano i numerosi musicisti che in giro per il mondo seguono percorsi diversi alla ricerca di un limite che naturalmente resterà sempre sconosciuto. Va da sè che tra questi c’è Giorgio Pinardi.

www.mevsmyself.it

associazione.alterjinga@gmail.com

https://mevsmyselfvoicesolo.bandcamp.com/