DALLA PICCIONAIA: BANDELLO · BEARZATTI · DIENI · MELLA · SAVOLDELLI · ZORZI

DALLA PICCIONAIA: BANDELLO · BEARZATTI · DIENI · MELLA · SAVOLDELLI · ZORZI

DALLA PICCIONAIA: BANDELLO · BEARZATTI · DIENI · MELLA · SAVOLDELLI · ZORZI

“Villafranca di Verona, Esotericproaudio Theater, 31 marzo 2023”

di alessandro nobis

Grazie a Mirko Marogna, titolare dell’Esotericproaudio Theater di Villafranca · a pochi chilometri da Verona · esiste un’altra “tana” (l’altra è il Paratodos, ma in città) per coloro che praticano suonare o amano ascoltare, o entrambe le cose, la musica così chiamata in modo generico di “avanguardia”. A Villafranca ho avuto la fortuna di assistere il 31 marzo ad un concerto di un sestetto di musicisti · esploratori dal grande valore e disponibilità a sperimentare costruito dalla fertile mente del chitarrista Roberto Zorzi: con lui Nelide Bandello alla batteria, Francesco Bearzatti al sax tenore e clarinetto, Pino Dieni al daxofono, Aldo Mella al contrabbasso e Boris Salvoldelli alla voce. Tema della serata l’improvvisazione musicale ripetibile nella forma ma irripetibile nella sostanza che si sviluppa da un’idea iniziale e che può portare ovunque, in questo caso anche al jazz più vicino al maistream, allo spiritual di “Down to the river to pray” ed alla canzone italiana naturalmente rivista e corretta. L’amalgama tra i diversi linguaggi è stato straordinario, la musica creata con tale fluidità che alla fine pure io mi sono chiesto se effettivamente i sei avevano provato o concordato alcuni passaggi perchè dal set di chitarra di apertura alle splendide reinterpretazioni istantanee di Savoldelli di “Parlami d’amore Mariù“, “‘O Sole Mio” e “Non ti fidar (di un bacio a mezzanotte)” che hanno chiuso il concerto mi è parso perfetto, senza cadute di tono, con i musicisti che hanno saputo calibrare i loro interventi e che hanno saputo anche momentaneamente farsi da parte per osservare l’evoluzione della musica e rientrare al momento più opportuno senza alterare il pathos dell’improvvisazione.

Come dicevo, ben progettata e realizzata anche la successione delle presenze sul palco dei sei compagni viaggio, ad iniziare dal set di Roberto Zorzi al quale poi si sono aggiunti Pino Dieni e Borsi Savoldelli mentre per la seconda parte il sestetto si è completato con Aldo Mella, Francesco Bearzatti e Nelide Bandello mantenendo sempre come dicevo una grande fluidità nel suono e nella creazione musicale ed attirando l’attenzione del pubblico che ha seguito “l’evolversi della situazione”.

Tornando a casa in auto mi sono convintamente detto che questo materiale dovrebbe essere pubblicato senza tanti tentennamenti o anche minime post·produzioni:  ripeto, serata straordinaria e al solito chi è rimasto a casa ha avuto torto ancora una volta …

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SUCCEDE A VERONA “RITIRO NAZIONALE DI CANTO ARMONICO”

SUCCEDE A VERONA “RITIRO NAZIONALE DI CANTO ARMONICO”

SUCCEDE A VERONA

Associazione Culturale Alterjinga

“Ritiro Nazionale di Canto Armonico, Nona Edizione”

Verona, 5 · 6 · 7 maggio 2023

Circolo Nuovanalisi

di alessandro nobis

E con questa sono ben nove le edizioni di questo “Ritiro Nazionale di Canto Armonico, Nona Edizione” promosso dall’Associazione Culturale Alterjinga; si terrà a Verona nelle giornate del 5, 6 e 7 maggio prossimo presso l’attivo Circolo Culturale Nuovanalisi nel quartiere di Santa Lucia in Via Ghetto 14, a dieci minuti dall’uscita autostradale A4 di Verona Sud.

Tre giorni di lezioni teorico-pratiche sul Canto Armonico accompagnati da docenti come Giorgio Pinardi, Giorgio Lombardi e Paolo Avanzo che seguiranno passo dopo passo i partecipanti, siano essi principianti assoluti o praticanti già esperti. Al ritiro vi potranno partecipare solamente 16 persone, e questo per una precisa scelta legata alla didattica; le iscrizioni andranno presentate entro e non oltre il 28 aprile al seguente indirizzo mail: associazione.alterjinga@gmail.com

Ma che cosa è il “Canto Armonico”? E’ un canto difonico, antichissimo e diffuso in molte delle tradizioni musicali come quella del canto a tenores sardo (“I Tenores di Bitti”, per fare un esempio) fino al sub continente indiano e in quei percorsi che guardano più alla musica improvvisata e alle avanguardie che dà, per semplificare il discorso, la possibilità di emettere più note contemporaneamente.


Riporto il programma come è stato diffuso attraverso il Comunicato Stampa della benemerita Associazione Culturale Alterjinga, promotrice come detto del seminario:


· VENERDÌ 05 MAGGIO · 10:30 – 18:00
“Introduzione al Canto degli Armonici”

Giorgio Pinardi pratica da vent’anni il Canto Armonico, in parallelo ad un percorso trasversale sulla Voce che gli ha permesso di approfondire la tecnica vocale in ambito moderno, tecniche vocali estese in campo Sperimentale, l’Improvvisazione e pratiche vocali provenienti da culture diverse da tutto il Mondo, con esperienze artistiche e didattiche in Italia e all’estero attraverso corsi stabili, seminari, workshop, partecipazione a diversi Festival. In particolare sul Canto Armonico da diversi anni ha attiva una sperimentazione in collaborazione con foniatri e esperti di rilevanza nazionale, nelle sue connessioni la Voce cantata e parlata. Al Ritiro tratterà la materia dal punto di vista storiografico e teorico, per poi introdurre il proprio approccio personale alla parte tecnica, alla musicalità e agli obiettivi artistico-didattici della pratica. Sia il principiante che il praticante esperto troveranno molti stimoli per avvicinare o migliorare la pratica, unitamente a contenuti esclusivi rispetto ad altri seminari sul tema.

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/09/16/giorgio-pinardi-%c2%b7-mevsmyself-aion/)

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/01/28/giorgio-pinardi-mevsmyself-mictlan/)

· SABATO 06 MAGGIO · 10:30 – 18:00
“La Pratica degli Armonici: approfondimenti e applicazioni”

Giorgio Lombardi pratica da oltre trent’anni Canto Armonico, ha al suo attivo numerose pubblicazioni (articoli su riviste specializzate e libri) sul tema, è esperto di Yoga diplomato nel primo corso di formazione della Federazione Italiana Yoga, con la tesi “Mantra Yoga per l’Occidente”. Dagli anni Novanta ha perfezionato l’uso del suono attraverso diverse pratiche tra cui Canto degli Armonici, Nâda-yoga, Mantra e Bija, Liuqi- Jue (I 6 Suoni del Tao), Canto gregoriano e bizantino. Tiene conferenze, corsi e seminari sulle diverse materie citate, oltre a concerti da solo e/o con gruppi vocali in Italia e all’estero che hanno portato a pubblicazione di diversi album di musica inedita. Al Ritiro si occuperà di sviscerare la parte esperienziale, l’ear-training, il lavoro su respiro e vocali, ma anche il contesto armonico della pratica, per compiere insieme un passo avanti nella consapevolezza individuale e collettiva sugli Armonici, relazionata a forme musicali e vocali diverse.

· DOMENICA 07 MAGGIO · 10:30 – 18:00
“L’Esperienza degli Armonici: il Suono Profondo”

Paolo Avanzo è diplomato in presso il Conservatorio Pedrollo di Vicenza in Culture Musicali extraeuropee/indirizzo indologico, in Nada Yoga ed in Nadabrahma Music Therapy System con il prof. Vemu Mukunda. Tiene conferenze su Biofonia e workshop , sullo Yoga del Suono, la Biofonia e concerti di musica classica indiana, di meditazione e di ricerca. Allievo di Hatha Yoga, Canto è allievo di Pandit Shivnath Mishra in Sitar: ha studiato in passato anche con Pandit Ravi Shankar e con Buddhadytya Mukerjee. Al Ritiro porterà la sua grande esperienza nel Suono a 360°, con approfondimenti sulle connessioni del Canto Armonico con la Musica Indiana ed altre pratiche sonore.

informazioni: https://www.facebook.com/events/2877507325714557/?ref=newsfeed

ROBERT WYATT “Radio Experiment · Rome, February 1981”

ROBERT WYATT “Radio Experiment · Rome, February 1981”

ROBERT WYATT “Radio Experiment · Rome, February 1981”

RAI Trade Records. CD, 2009

di alessandro nobis

C’era una volta “Mamma Rai”. C’era una volta un programma radio che andava sul Terzo Canale che si chiamava “Un Certo Discorso” ideato da Pasquale Santoli che andò in onda per cinque giorni la settimana dal 8 novembre 1976 al 1 gennaio 1988. Era un programma di “attualità culturale” così lo definirei e il suo responsabile, Santoli appunto, diede un’imprenta editoriale con produzioni originali nel campo dello spettacolo, dell’intrattenimento, del giornalismo d’inchiesta e nel campo musicale.

Viene così invitato a partecipare la trasmissione una delle menti più lucide del panorama jazz più vicino al rock dell’ultimo mezzo secolo, una delle figure più seguite ed apprezzate dagli appassionati che dai tempi dei Wilde Flowers (correva l’anno 1964) e dei primi Soft Machine ha saputo pensare ad un nuovo percorso musicale: Robert Ellidge (a.k.a. Robert Wyatt) autore, sperimentatore, compositore, cantante e batterista.

Wyatt si trattiene a Roma dal 16 al 20 febbraio del 1961 e nella sala M del Centro di Produzione Radio, il 19 dà vita a queste registrazioni incidendo su un multitraccia pista dopo pista le sue idee: non gli viene chiesto di suonare i suoi brani storici ma gli viene lasciata la più totale libertà per documentare il suo processo creativo, il musicista inglese accetta e ringrazia per avere questa rara possibilità tanto più che viene data da un organismo governativo, la R.A.I. appunto. Ciò che si percepisce è la sintonia tra lo stesso Wyatt e gli autori radiofonici e, ribadisco, l’assoluta libertà lasciata di concretizzare ed espandere le idee senza un “fine discografico”.

Un processo creativo che si realizza con un pianoforte, tastiere, oggetti vari, scacciapensieri, percussioni e naturalmente con la sua voce e il suo genio con una libertà assoluta citando ad esempio il Charlie Parker di “Billie’s Bounce“; è questo cd uno dei più interessanti episodi della discografia di Wyatt anche perchè si avvicina di molto all’universo più sperimentale della musica europea, ovvero quello che pratica la creazione musicale spontanea ed irripetibile.

Once upon a time “Mamma Rai”. Once upon a time there was a radio program that went on the Third Channel called “Un Certo Discorso” created by Pasquale Santoli which went on air for five days a week from 8 November 1976 to 1 January 1988. It was a program of “cultural current affairs This is how I would define it and its manager, Santoli, gave an editorial imprint with original productions in the field of entertainment, investigative journalism and in the music field.

Thus one of the most lucid minds of the jazz panorama closest to rock of the last half century is invited to participate in the broadcast, one of the most followed and appreciated figures by enthusiasts who since the days of the Wilde Flowers (it was the year 1964) and the first Soft Machine has been able to think of a new musical path: Robert Ellidge (a.k.a. Robert Wyatt) author, experimenter, composer, singer and drummer.

Wyatt stays in Rome from 16 to 20 February 1961 and in room M of the Radio Production Center, on the 19th he gives life to these recordings by recording his ideas on a multitrack track after track: he is not asked to play his historical pieces but the most complete freedom is left to him to document his creative process, the English musician accepts and thanks for having this rare possibility especially since it is given by a government body, the R.A.I. precisely. What is perceived is the harmony between Wyatt himself and the radio authors and, I repeat, the absolute freedom left to materialize and expand ideas without a “recording purpose”.

Wyatt tells Michael King in ‘Wrong Movements: A Robert Wyatt History’, SAF Publishing 1994: “If they really want to see how I work before I know what I’m doing, then that’s what they’re going to get and if during that week something comes out of it, then it will do, but if it doesn’t then that will be more honest.  I deliberately went in there and improvised what I was doing as well as how I did it. The point wasn’t to have a finished result that could be listened to, the point was to see a process. It’s only in retrospect that I can see that bits of some of them have some kind of coherence“.

A creative process that takes place with a piano, keyboards, various objects, harps, percussions and of course with his voice and his genius with absolute freedom quoting for example the Charlie Parker of "Billie's Bounce"; this CD is one of the most interesting episodes of Wyatt's discography also because it is very close to the more experimental universe of European music, that is the one that practices spontaneous and unrepeatable musical creation.
1Opium War7:14
2Heathens Have No Souls7:12
3L’albero Degli Zoccoli8:28
4Holy War3:35
5Revolution Without “R”3:24
6Billie’s Bounce1:30
7Born Again Cretin2:35
8Prove Sparse10:10

DALLA PICCIONAIA: BREANZA · ZERLOTTO · LAZZARONE “Comizio Elettroacustico”

DALLA PICCIONAIA: BREANZA · ZERLOTTO · LAZZARONE “Comizio Elettroacustico”

ENRICO BREANZA · ANNA ZERLOTTO · LAZZARONE “Comizio Elettroacustico”

Laboratorio Autogestito Paratodos, Verona. 5 marzo 2023

di alessandro nobis

Fa molto piacere sapere che a Verona città esiste uno spazio che coraggiosamente dà la possibilità di esibirsi ad artisti che lavorano nell’ambito dell’avanguardia. E’ il Laboratorio Autogestito Paratodos (in Corso Venezia 51), e la performance in oggetto è il “Comizio Elettroacustico” che si è tenuto domenica 5 marzo appunto in questo ampio e multifunzionale spazio: il “Comizio” ha avuto come protagonisti tre musicisti ovvero la contrabbassista Anna Zerlotto, il manipolatore di suoni elettro · acustici Lazzarone ed il chitarrista Enrico Breanza che da tempo esplora il mondo della musica spontanea, oggetto del “Comizio” appunto.

Una novantina di minuti scanditi da diversi momenti caratterizzati da “creazioni e distruzioni spontanee” · come annunciato da Breanza ad inizio performance, con il denominatore comune nella struttura delle improvvisazioni: la chitarra crea fraseggi, pattern, accordi che suonano come un invito ai compagni a partecipare, interloquire, creare suoni d’insieme che alla fine risultano interessanti e convincenti riuscendo frequentemente a far scoccare quella scintilla magica che i musicisti che operano nell’ambito dell’improvvisazione · anche di quella molto più ortodossa e radicale · cercano ogniqualvolta si trovano uno di fronte all’altro. Ciò che si è generato · e dissolto · durante la performance è stata una musica godibile, a tratti spigolosa, che invita all’attento ascolto e che è stata apprezzata dal pubblico presente, ma con soprattutto una linea evolutiva del concetto artistico chiara e che a mio modestissimo parere ha ampi spazi di sviluppo: consideriamo che questo era solamente il terzo “incontro” tra Lazzarone, Breanza e Zerlotto ed una volta che la contrabbassista e il “manipolatore di suoni” si saranno presi sempre più spazio nella creazione che deve seguire i dettami del non · idioma improvvisativo comune, la qualità della loro musica non potrà che giovarsene. Come detto le basi per un lavoro molto interessante ci sono tutte ed anche il riascolto della performance conferma quanto detto.

Fa sempre piacere sapere, concludendo, che la via della musica spontanea indicata nei primi anni sessanta dal londinese Spontanoeus Music Ensemble ancora oggi trovi proseliti interessati a produrre musica con queste modalità come quella ascoltata durante il “Comizio Elettroacustico”. “Questa è la via” ha detto qualcuno, la si segua senza “se” e sanza “ma”.

Si replica domenica 7 maggio. Naturalmente non sarà “la stessa musica”, non può esserlo, diceva il Derek B.

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

AUTOPRODUZIONE. CD, 2021

di alessandro nobis

Negozi “di prossimità” in via di estinzione (i rimasti dovrebbero essere patrimoni dell’UNESCO), distribuzione pressoché assente, di etichette indipendenti in grado di gestire una promozione e conseguente distribuzione se ne stanno perdendo le tracce, le vendite on line di musica autoprodotta e i download digitali, rassegne e festival realmente interessati alle nuove proposte: se vivi in Italia, sei un musicista e speri di poter vivere del tuo talento e della musica che concepisci e realizzi sembra non ci sia speranza. Ti trovi un altro lavoro che sia almeno dignitoso e la tua passione la lasci nelle pieghe del tempo che il lavoro ti consente di sfruttare. Quanto detto calza a mio avviso a pennello se si un musicista che suona musica di avanguardia · intendo quel jazz e dintorni legato all’improvvisazione · o quella definita “ambient” un termine coniato quaranta anni or sono da certo Brian Eno.

L’ho fatta un po’ lunga perchè il percorso artistico di Federico Mosconi, fine chitarrista di consolidata formazione classica dedito da qualche anno alla musica contemporanea “ambient” si riflette almeno in parte in quanto scritto: produzioni centellinate, poche decine di copie fisiche e musica “liquida” · mi tocca purtroppo usale questo temine a mio avviso orribile · disponibile sul web. Come questo ottimo “Dreamers and Tides” pubblicato nel ’21, sei lunghe tracce estremamente amabili all’ascolto che se approfondito rivelano una accurata progettazione degli stessi, dove il suon antico della chitarra classica come nell’introspettivo “Dance of slow waters” viene fatto avvicinare e poi intersecare con il fascino dell’elettronica e dove come nel lungo brano eponimo “Dreamers and Tides” si rivela una stratificazione sonora sia per la presenza della chitarra magistralmente filtrata da sembrare assente con la musica creata dalla “macchina” ispirata dal musicista. La musica contemporanea · la definirei elettronica piuttosto che ambient · non è di facile codificazione lasciando largo spazio alla sensibilità del fruitore e questo è anche il suo fascino, non essendo vincolata come altri idiomi a regole, gabbie esecutive o altro.

Un altro bel lavoro di Federico Mosconi, un peccato che musicisti come lui meriterebbero ben di più che essere “relegati” in una piccola nicchia di “mercato”. L’importante è pervicacemente seguire la propria filosofia senza guardarsi troppo intorno; i suoi estimatori si aspettano altre gemme come questo ” Dreamers And Tides” e personalmente penso che non saranno delusi.

https://federicomosconi.bandcamp.com/album/dreamers-and-tides

MIZOOKSTRA “Also Sprach Mizookstra”

MIZOOKSTRA “Also Sprach Mizookstra”

MIZOOKSTRA “Also Sprach Mizookstra”

Sangue Disken. CD · CS · DIGITALE, 2022

di alessandro nobis

Il sassofonista Simone Garino, co · leader del quartetto Night Dreamers con questo recentissimo “Also Sprach Mizookstra” va “oltre” e con Mario Conte (musicista che si muove nell’ambito della musica elettronica) letteralmente crea questo bel lavoro di ricerca musicale frutto di otto session informali dove la creazione spontanea ovvero l’improvvisazione è l’assoluta protagonista del progetto, da ascoltare con grande calma e concentrazione.

Il suono acustico del sassofono ben si combina con l’elettronica, con i suoni “industriali” e contemporanei come ad esempio nella “Session # 6” dove il baritono segue il ritmo con una interessante sequenza di assoli o nella breve “Session # 5” aperta dai sax sovraincisi che lasciano poi lo spazio al minuzioso lavoro di Conte che sceglie e combina i suoni ideali da affiancare a quelli di Garino con un finale in crescendo. Ancora “Session # 8 parte 1” creata esclusivamente dagli efficaci suoni elettronici e infine la lunga “ Session # 2″ con i suoni di apertura che ricordano molto bene alcuni episodi dell’elettronica tedesca anni settanta però permeati dagli assoli del baritono e dalla reiterazioni di una “sirena di allarme” per niente fuori posto.

Ascoltando “Also Sprach Mizookstra”, si capisce bene la qualità del lavoro di studio e di interplay che c’è dietro questo progetto e soprattutto si comprende come questa musica non sia affatto ostica o riservata a pochi “eletti”: nelle performance naturalmente come nella miglior visione della musica improvvisata, tutto può cambiare e trasformarsi in qualcosa d’altro, e questa è la sostanza della creazione spontanea.

GIORGIO PINARDI · MeVsMyself “Aiòn”

GIORGIO PINARDI · MeVsMyself “Aiòn”

GIORGIO PINARDI · MeVsMyself “Aiòn”

ALTERJINGA RECORDS. CD, 2022

di alessandro nobis

Ho conosciuto la musica di Giorgio Pinardi attraverso il suo ottimo lavoro del 2019 (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/01/28/giorgio-pinardi-mevsmyself-mictlan/) e con questo “Aiòn” prosegue il suo lavoro di ricerca e sperimentazione vocale che contraddistingue il suo originale progetto.

Ormai sappiamo che un “disco di musica improvvisata non si improvvisa”: studio, ricerca, ascolti, tecnica sono alcune delle condizioni necessarie per improvvisare, condizioni che Giorgio Pinardi, sperimentatore vocale, quotidianamente coltiva e che lo portano al livello cui si trova oggi, ovvero al piano più alto della musica contemporanea, della musica di oggi. “Aiòn” guarda come fonte di ispirazione all’Africa subsahariana, ai suoi suoni, alle sue tradizioni non nel vano tentativo di riprodurli ma piuttosto come fonte per portarli in un mondo sonoro che le interseca in modo originale ed innovativo. Sarebbe necessario conoscere in modo profondo la puntiforme musica africana e la sua oralità per capir bene il lavoro di Pinardi; non è così, per me, ma ad esempio “Yielbongura” e “Kamtar” celebrano la cultura orale del West Africa ma mi hanno ricordato con quel suo “call and response” anche i canti maschili dello Zimbabwe, anche se qui, naturalmente, tutto è costruito dalla singola voce di Pinardi attraverso loop, raddoppiamento della sua voce e costruzione di nuove linee vocali, “Waldeinsamkeit“, “Solitudine della foresta” è una creazione spontanea, un inno alla contemplazione costruito con una leggera base ritmica e da sovrapposizioni vocali davvero interessanti, ed infine “Rwty” si realizza con un impeccabile connubio tra l’elettronica · la modernità · e della voce naturale · la tradizione · che trasporta l’ascoltatore in un indefinito altrove. Un lavoro quindi “multistrato” che non può non affascinare anche chi affronta l’ascolto musicale in modo diciamo “superficiale” e per questo lo consiglio vivamente al popolo dei curiosi che mi sembra in un certo qual modo in estinzione.

Insomma la improvvida scomparsa di Demetrio Stratos del 1979 non ha di certo segnato la fine della sperimentazione vocale, e lo dimostrano i numerosi musicisti che in giro per il mondo seguono percorsi diversi alla ricerca di un limite che naturalmente resterà sempre sconosciuto. Va da sè che tra questi c’è Giorgio Pinardi.

www.mevsmyself.it

associazione.alterjinga@gmail.com

https://mevsmyselfvoicesolo.bandcamp.com/

ROSWELL RUDD · DUCK BAKER “Live”

ROSWELL RUDD · DUCK BAKER “Live”

ROSWELL RUDD · DUCK BAKER “Live”

DOT TIME RECORDS. CD, 2021

di alessandro nobis

Nell’ampio (molto ampio) repertorio di Duck Baker gli spiriti benevoli di Herbie Nichols e Thelonious Monk aleggiano spesso, quando poi ci si mette di mezzo anche un pezzo da novanta come il trombonista americano Ruswell Rudd la qualità della musica è assicurata; questo “Live” pubblicato qualche mese or sono dalla Dot Time testimonia due incontri tra i due musicisti, quello a New York del 5 gennaio 2002 e quello di Albuquerque del 28 marzo 2004. Magari chi segue il Baker solista che affronta la musica di derivazione tradizionale americana conosce poco la figura di Roswell Rudd, straordinario trombonista ed etnomusicologo – ha lavorato anche con Alan Lomax – purtroppo scomparso nel 2017 e sempre in prima linea nel jazz d’avanguardia godendo della compagnia tra gli altri di Steve Lacy (un altro monkiano DOC), Pharoah Sanders o Archie Shepp.

The Happenings” che apre il disco – e della quale Baker ne ha incisa una versione solistica in “The Spinning Song” – è una eccitante versione di un blues  del pianista di Manhattan e “Well, You Needn’t” e “Bemsha Swing” sono naturalmente due brani monkiani dove l’esposizione degli inconfondibili temi sono solo un “pretesto” per dialogare e improvvisare e i due assoli nel primo brano sono davvero significativi. Mi ha colpito anche la rilettura di “Buddy Bolder’s Blues” (una rielaborazione di “Funky Butt” dello stesso Bolden), composto dal cornettista Charles B. B. (1877 · 1931) che pur non avendo registrato nulla, diede un’impronta decisiva alla nascita del jazz grazie alle sue improvvisazioni all’interno del gruppo di ragtime nel quale militava, e benissimo hanno fatto Rudd e Baker a inserire nel programma questo brano, a conferma della ricerca etnomusicologica che entrambi hanno svolto. Segnalo infine “A Boquet for JJ“, eseguita in solo da Roswell Rudd, che sembra essere – ne sono “quasi certo” – un omaggio al leggendario Jay Jay Johnson, un altro pilastro del jazz dagli anni cinquanta, riferimento assoluto per chi si dedica a questo strumento.

Certo che l’abbinamento chitarra acustica e trombone, del tutto inedito, sembra un po’ forzato ma basta ascoltare i brani citati per comprendere che se ci sono la tecnica, la conoscenza del repertorio e la comune voglia di dialogare nel reciproco rispetto – che sono poi le architravi dell’improvvisazione spontanea – il risultato è magnifico.

http://www.dottimerecords.com

DALLA PICCIONAIA: ELLIOTT SHARP LIVE

DALLA PICCIONAIA: ELLIOTT SHARP LIVE

DALLA PICCIONAIA: ELLIOTT SHARP LIVE

ESOTERICPROAUDIO THEATER di Villafranca, Verona. 2 luglio 2022.

di alessandro nobis

Beh che dire? Era un bel pezzo che non andavo a un concerto; ricominciare a farlo è stato quasi una liberazione, e l’occasione dell’appuntamento con il newyorkese Elliott Sharp era di quelli classificati come “imperdibili”. Il concerto si è tenuto in uno spazio molto interessante nel centro di Villafranca nei pressi di Verona, costruito appositamente per testare impianti audio, confortevole e perfetto per ospitare piccoli eventi musicali, dotato inoltre di aria condizionata (e questo non è certo un dettaglio, ci siamo capiti …..): pubblico discretamente numeroso, ha ascoltato con massima attenzione la proposta apprezzando quindi i due set del musicista (compositore, chitarrista, improvvisatore), il primo acustico e il secondo elettrico, anche se la musica non è stata di facilissima fruibilità come era onestamente facile prevedire. Il fatto che tutti i presenti siano poi rimasti per tutta la durata del concerto testimonia che esiste un certo interesse verso la musica che nasce spontaneamente e si sviluppa durante il set e che anche nel veronese esiste la possibilità di proporre artisti di questa levatura ma “di nicchia” come dicono quelli bravi.

Due set quindi, il primo del tutto acustico – intendo senza utilizzo di marchingegni elettronici – che ha rivelato anche a chi scrive tutta le straordinarie tecniche con le quali Sharp suona lo strumento; una trentina di minuti di musica improvvisata dedicati, come annunciato dallo stesso “Acoustic Sharp”, al pianista Thelonious Monk, fonte di ispirazione non solo per chi naviga nel mainstream ma anche di chi pratica l’improvvisazione più radicale. Evidentemente, e lo dico da semplice ascoltatore, il songbook monkiano si presta bene ad essere decomposto e ricostruito: frammenti di blues, frammenti monkiani (mi è parso di riconoscere “’Round Midnight” e “Misterioso”, gli altri li ho semplicemente intuiti ma non decodificati ….), bottleneck, tapping, fingerpicking tutto sempre equilibrato, tutto senza autoreferenzialià, tutto non per ammiccare al pubblico ma per presentare il proprio concetto di musica e questo, per chi è avvezzo al radicalismo improvvisativo non è certo una novità. Set per me entusiamante.

La seconda parte del concerto (e qui apro una parentesi per dire che la valigia di Sharp con la pedaliera e tutto il resto si è misteriosamente dissolta nel triangolo non delle Bermude ma di American Airlines – Lufthansa – ITA) è stato eseguito con la chitarra elettrica, grazie anche a Roberto Zorzi che ha prestato le sua preziose apparecchiature all’amico Sharp; “Electric Sharp” ha proposto un set “spontaneo” molto interessante dove mi è parso di capire – ma già lo sapevo, in realtà – che la sua capacità tecnica applicata allo strumento non è mai sovrastata dall’elettronica anzi, lo strumento perfettamente inserito in un contesto elettronico ci consegna una musica per la quale l’unico aggettivo che mi viene in mente è “contemporanea” mescolando in modo  omogeneo il suo background personale di musicista e produttore con le ispirazioni istantenee che gli arrivano durante l’esecuzione / creazione del brano.

Complimenti davvero, per concludere, allo staff dell’Esotericproaudio Theater per avere accettato di proporre Elliott Sharp, e mi è sembrato felicemente di capire che nel prossimo autunno succederà qualcos’altro di ambito, anzi di “area jazz”.

Speriamo che qualcuno abbia registrato …………. o è una domanda retorica?

QUARTETTO PROMETEO “Stefano Scodanibbio Reinventions”

QUARTETTO PROMETEO “Stefano Scodanibbio Reinventions”

QUARTETTO PROMETEO “Stefano Scodanibbio Reinventions”

ECM New Series Records. CD, 2013

di alessandro nobis e roberto pascucci

Ho scoperto il genio di Stefano Scodanibbio curiosando nel catalogo ECM alla ricerca di lavori per contrabbasso solo e mi sono imbattuto in modo del tutto casuale in questo lavoro del quartetto d’archi “Prometeo” pubblicato nel 2013 che interpreta alcuni spartiti del contrabbassista, compositore e ri-compositore maceratese scomparso molto prematuramente nel 2010.

Di lui come musicista ho ammirato in seguito la performance di 51 minuti “Voyage that never ends” facilmente rintracciabile su YouTube e ne sono rimasto estasiato per la capacità tecnica, improvvisazione ed inventiva che gli consentono di far vivere il suo strumento in ogni suo dettaglio come pochissime volte ho avuto modo di ammirare da strumentisti più vicini al jazz come Barry Guy, Barre Phillips, Peter Kowald, William Parker o Dave Holland o per restare in ambito contemporaneo, Daniele Roccato che per l’ECM nel 2018 ha pubblicato “Alisei” con musiche di Scodanibbio.

Il quartetto Prometeo ha scelto tra le ri-composizioni del contrabbassista maceratese forse quelle da lui più amate, “Die Kunst der Fuge” di J.S. Bach l’ideale per chi vuole sperimentare visto che l’autore non aveva dato indicazioni sulla strumentazione, brani del folklore spagnolo e di quello messicano. Del capolavoro del contrappunto Scodanibbio “riscrive”, ed il Quartetto Prometeo (Giulio Rovighi e Aldo Campagnari ai violini, Massimo Piva alla viola e Francesco Dillon al contrabbasso)  splendidamente esegue tre brani ovvero i numeri “1”, “4” e “5” mantenendone la maestosità e riportandoli in forma nuova nel nostro tempo, dilatandoli con una costante ed altissima tensione emotiva durante l’ascolto; il suo amore e la sua profonda conoscenza della cultura messicana lo manifesta utilizzando cinque melodie (“Canzoniere Messicano” 2004 – 2009) conosciute tra le quali “Besame Mucho” di Consuelo Velazquez, dove nascondendo (ma non troppo) la melodia la trasforma in qualcosa d’altro quasi a dichiarare che non esiste “melodia popolare” che non possa essere trasformata, ri-scritta, riformulata dalla sensibilità di un compositore. Ma non è tutto qui, Scodanibbio sceglie “Quattro Pezzi Spagnoli” ri-composti nel 2009 per sola chitarra scritti originariamente tra gli altri da Josep Ferran Macari “Fernando” Sor (1778 – 1839) e Francisco Tarrega (1852 – 1909) ed anche qui magicamente translati nella contemporaneità.

L’esecuzione del Quartetto Prometeo mi sembra davvero celestiale, perfetta, capace a mio modestissimo parere dare sostanza allo straordinario lavoro di Stefano Scodanibbio.

Non ho come naturalmente le “competenze” per dare impressioni tecniche su questo magnifico lavoro e tantomeno sul genio maceratese ma ho cercato piuttosto, e trovato, qualcuno che ha conosciuto personalmente come allievo del Maestro e ha gentilmente scritto un suo ricordo: il bassista Roberto Pascucci. Ecco di seguito il suo personale ricordo:

RICORDO DI STEFANO SCODANIBBIO (Roberto Pascucci) Ho conosciuto Stefano Scodanibbio nei primissimi anni ’90 a Macerata, dove io – ascolano di origine maceratese – studiavo all’Università; all’epoca la mia vita stava però virando decisamente verso la direzione artistica, e volevo dunque perfezionarmi sul mio strumento, il basso (sia nelle veste elettrica che acustica). Cercavo in città un Insegnante di contrabbasso, e trovai lui…! Per la verità all’epoca non lo conoscevo bene, anche se accanto al Jazz, la mia passione, mi ha sempre interessato tutta la Musica , dal Rock al Pop alla Classica fino alla cosiddetta “Contemporanea”. Andavo a lezione a casa sua a Pollenza, un paese appena fuori Macerata; la sua abitazione era in una bella piazzetta, tipica delle località dell’entroterra marchigiano. Mi torna in mente che bisognava salire una scala a chiocciola, e ciò con il contrabbasso non era proprio una passeggiata… Lo ricordo con il sigaro spento in bocca, molto cortese e paziente (io ero piuttosto intimorito, specie agli inizi, ma lui metteva molto a proprio agio le persone); una volta, mentre preparavo spartiti, pece ecc. lui attaccò forse per scaldarsi un pezzo incredibile…io rimasi bloccato, ed incantato. Andai da lui diversi mesi, circa un anno… poi lui dovette partire per concerti ed io m’iscrissi prima al Conservatorio e poi andai a studiare Jazz a Roma; lo rividi diverse volte a Macerata anche in occasione di sue esibizioni: ricordo il suo approccio particolarissimo allo strumento, anche fisicamente; ricordo i suoni incredibili che otteneva, la magia e anche quel pizzico di sconcerto che si ha quando ti trovi ad ascoltare l’inaudito. Solo molto tempo dopo da allora ho compiutamente realizzato il privilegio che ho avuto nel frequentare – anche se per troppo poco tempo – un vero e proprio genio, un innovatore assoluto del contrabbasso e della Musica tutta. Negli anni ho approfondito la sua visione strumentale e compositiva; ho letto i suoi illuminanti scritti e ho appena finito di guardare un ottimo documentario su di lui in dvd, uscito qualche tempo fa. Insomma, io scrivo e suono musica anche molto diversa dalla sua, ma sento sempre di più in qualche modo la sua influenza. Mi piace pensare che, quando suono il contrabbasso, tra le frequenze dei suoi amati armonici artificiali si celi a volta qualche suo sussurro.