NORMAN BLAKE “The Rising Fawn String Ensemble”

NORMAN BLAKE “The Rising Fawn String Ensemble”

NORMAN BLAKE “The Rising Fawn String Ensemble”

Rounder Records. LP, 1981

di alessandro nobis

Pubblicato nel 1981, questo è il primo ellepì dove appare il nome “The Rising Fawn String Ensemble“. È il primo embrione di quella che diventerà una formazione a cinque che l’anno seguente pubblicherà “Original Underground Music from the Mysterious South” (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/01/06/the-rising-fawn-string-ensemble-original-underground-music-from-the-mysterious-south/) tant’è che il disco, attribuito al solo Norman Blake, presenta in copertina il trio dove il chitarrista non si trova al centro del trio: forse un indizio criptato del futuro progetto?

Il livello di questo lavoro è a mio avviso davvero notevole sia per la scelta del repertorio che per la bellezza e le scelte strumentali negli arrangiamenti favoriti dal fatto che i tre sono polistrumentisti, e la terza traccia sul secondo lato mi pare emblematica di quanto detto: il medley di tre brani, il primo di origine scozzese dalle isole Shetland scritto da Tom Anderson (“Da Sockit Light“), il secondo è una fiddle tune scritta da Buddy Thomas dal Kentucky (“Briarpicket Brown“) ed infine “Stony Fork” del violinista Ellis Hall del West Virginia e lo stesso dicasi per l’originale slow air di Nancy Blake “The Promise“; Blake e James Ryan al violino e Nancy Blake al violoncello ne danno un’ambientazione personale, colta e cameristica che si ascolta anche nella rilettura di una ballad  (“Old Ties“) che il banjosta Uncle Dave Macon registrò quasi cento anni or sono, qui cantata e suonata da Blake con la chitarra accompagnato da violino e violoncello.

Da ultimo tengo in particolare citare per il suo arrangiamento un brano scritto per due mandolini e violino da Norman Blake, “Jeff Davis“, dedicato al Presidente Confederato Jefferson Davis e nato nell’omonimo pub di Lexington, nel Kentucky. Disco bellissimo.

Pubblicità

THE RISING FAWN STRING ENSEMBLE “Original Underground Music from the Mysterious South”

THE RISING FAWN STRING ENSEMBLE “Original Underground Music from the Mysterious South”

THE RISING FAWN STRING ENSEMBLE “Original Underground Music from the Mysterious South”

Rounder Records. LP, 1982

di alessandro nobis

Con questo terzo disco dell’orchestrina di cordofoni della Premiata Ditta Blake & Blake si completa a mio avviso il progetto nato tre anni prima con la registrazione di “The Rising Fawn String Ensemble” e del seguente “Full Moon on the Farm” del 1981 entrambi per la Rounder Records: laddove nel primo, con Blake, Bryan e Blake, il repertorio era composto da brani tradizionali o di autori come lo scozzese delle Shetland Tom Anderson o Uncle Dave Macon ed il secondo una magnifica combinazione di tradizionali e originali in questo terzo, come semplicemente si evince dalla lettura del titolo, è composto da brani di nuova composizione della suddetta Premiata Ditta. Inoltre la struttura dell’ensemble si fa ancora più articolata, passando dal quartetto con Nancy Blake al violoncello, Norman Blake (chitarra, mandolino, mando-cello e banjo tenore a otto corde), Charlie Collins alla chitarra ed il violinista James Bryan a quintetto con l’ingresso di Carol Jones (chitarra, mandolino, mandola, banjo tenore a otto corde), Larry Sledge (mando-cello) e Peter Ostrusko (mandolino, chitarra e violino) e quindi senza l’apporto di Bryan.

Ognuna delle dodici composizioni si diversifica rispetto alle altre per le combinazioni sonore e si rifanno spesso, ma non poteva essere altrimenti, agli standard della tradizione anglo·scoto·irlandese importata oltreatlantico nelle varie fasi migratorie. “Blake’s March” ad esempio che chiude la seconda facciata con uno splendido arrangiamento ed una bellissima parte riservata al violoncello oppure il delicato e splendente valzer “Natasha’s Waltz” aperto dalla chitarra di Carl Jones con tre mandolini (Blake, Ostrusko, Nancy Blake) quasi all’unisono accompagnati dal violoncello che disegnano un’atmosfera dal sapore quasi “mediterraneo” (il valzer era ed è ancora suonatissimo dalle orchestre e dai piccoli combo di mandolini italiani) ed infine la tradizione americana del ragtime di “Third Street Gipsy Rag“.

A mio avviso questo disco di Blake è uno dei migliori dove tutto è perfetto: suoni (grazie anche alla qualità degli strumenti impiegati ed alla loro scelta certosina brano per brano), capacità di riferirsi al passato scrivendo nuovi spartiti, arrangiamenti, perfetta intesa tra i musicisti. E’ vero, sono caratteristiche che poi ritrovi in tutte le produzioni di Norman Blake ma qui assumono un significato più alto, questo disco è uno dei suoi più riusciti, un capolavoro a mio giudizio.

  • (Google) English version

In my opinion, the project born three years earlier with the recording of “The Rising Fawn String Ensemble” and the following “Full Moon on the Farm” of 1981 both completes with this third disc of the orchestra of strings “Blake & Blake” for Rounder Records: where in the first the repertoire was composed of traditional songs or by authors such as Scotsman from Shetland Tom Anderson or Uncle Dave Macon and the second a magnificent combination of traditional and original in this third, as is simply evident from reading the title, is composed of newly composed pieces by the aforementioned Blakes. Furthermore, the structure of the ensemble becomes even more articulated, passing from the quartet with Nancy Blake on the cello, Norman Blake (guitar, mandolin, mando-cello and eight-string tenor banjo), Charlie Collins on guitar and violinist James Bryan as a quintet. with the entry of Carol Jones (guitar, mandolin, mandola, eight-string tenor banjo), Larry Sledge (mando-cello) and Peter Ostrusko (mandolin, guitar and violin) and therefore without the contribution of Bryan.

Each of the twelve compositions differs from the others for sound combinations and often refer, but it could not be otherwise, to the standards of the Anglo · Scot · Irish tradition imported across the Atlantic in the various migratory phases. “Blake’s March” for example which closes the second side with a splendid arrangement and a beautiful part reserved for the cello or the delicate and shining “Natasha’s Waltz” a waltz (of course) opened by Carl Jones’s guitar with three mandolins (Blake, Oustrusko, Nancy Blake) almost in unison accompanied by the cello that draw an atmosphere with an almost “Mediterranean” flavor (the waltz was and still is played by orchestras and small combos of Italian mandolins) and finally the American tradition of ragtime of “Third Street Gipsy Rag”.

In my opinion this Blake album is one of the best where everything is perfect: sounds (thanks also to the quality of the instruments used and their painstaking choice piece by piece), the ability to refer to the past by writing new scores, arrangements, perfect understanding between musicians. It’s true, these are characteristics that you find in all Norman Blake’s productions but here they take on a higher meaning, this record is one of his most successful, a masterpiece in my opinion.

KUJACOUSTIC “Inniò – In nessun dove”

KUJACOUSTIC “Inniò – In nessun dove”

KUJACOUSTIC “Inniò – In nessun dove”

FOLKEST DISCHI Records. CD, 2020

di alessandro nobis

Se avete accumulato abbastanza esperienza nell’ascolto della buona musica acustica, il primo riferimento che viene spontaneo al primo ascolto va al David Grisman Quintet con il quale Kujacoustic ha in comune le timbriche degli strumenti, l’attenzione e valorizzazione del patrimonio tradizionale e il gusto per la nuova composizione. Tutto qua. In “Inniò” non c’è nulla di calligrafico, ci sono i talenti di Massimo Gatti (mandolino), Michele Pucci (chitarra) e di Alessandro Turchet (contrabbasso) che costruiscono un repertorio eseguito con grande maestria con brani originali e la rivisitazione di altri tre appartenenti a musiche popolari friulane, greche e finniche riviste naturalmente attraverso “i legni” che i tre abbracciano, accompagnati in tre brani dalle misurate ed efficaci percussioni di Michele Budai.

Tre i “tradizionali”: magnifico mi sembra l’arrangiamento del “Valzer di Napoleon” spesso esuguito dalla fisarmonica e che qui trova una sua inedita dimensione cameristica al pari di “Rautanen”, tradizionale finlandese esercizio di stile di Massimo Gatti che suona un mandolino “americano” con quel timbro particolare che quasi transla il repertorio europeo “altrove”, e dal patrimonio greco del repertorio rebetiko ecco la splendida melodia “Misirlou” che ospita alla perfezione al suo interno “Aman”, tradizionale sefardita.

Ma, a parte gli arrangiamenti dei brani alloctoni sono le composizioni originali che valorizzano il progetto di Kujacoustic; il respiro di “Rèif” composto da Michele Pucci e la pacata melodia di “Nuvole” (scritta da Massimo Gatti), la musica gitana apocrifa del valzer “Tzigani Mood” dove ancora una volta il gusto e la compostezza del mandolinista emerge in tutto il suo splendore ed infine il sapore dawg che si percepisce ascoltando il brano che apre questo bellissimo lavoro, “La Via”.

Un trio eccellente per un disco eccellente, complimenti anche a chi ha creduto in loro pubblicando questo disco. Per me la speranza di vederli suonare dal vivo, credo sarebbe un grande spasso.

NORMAN BLAKE · RED RECTOR “Norman Blake & Red Rector”

NORMAN BLAKE · RED RECTOR “Norman Blake & Red Rector”

NORMAN BLAKE · RED RECTOR “Norman Blake & Red Rector”

County Records. LP, 1976

di alessandro nobis

Attribuito a Norman Blake ed al mandolinista del North Carolina Red Rector (1929 – 1990), questo ellepì si avvale anche della fondamentale opera della ritmica formata da Charlie Collins alla chitarra e da Roy Huskie Junior al contrabbasso, ed è l’unico lavoro di Blake pubblicato dalla County Records di Dave Freeman che nel 2018 ha chiuso i battenti. Le fonti dalle quali Blake e Rector hanno attinto per arrangiare i brani – nessuno è originale – ed inciderli in questo che resta dopo quasi mezzo secolo un meraviglioso lavoro, uno degli highlights della discografia di Norman Blake, sono numerose; alcuni brani sono classificati come “tradizionali” e quindi di autore sconosciuto, mentre altri sono stati registrati e composti in varie epoche da musicisti considerati “colonne” del folk americano. Immagino un lungo e certosino lavoro nella ricerca e trascrizione dei 78giri degli anni Venti e Trenta che fa di questo disco un doveroso e riuscito omaggio alle radici della musica americana. C’è “Denver Belle”, una fiddle tune del grande Kenny Baker, c’è “Darling Nellie Across the Sea” dal repertorio della seminale Carter Family (1929) e, sempre da quell’anno “Mississippi Sawyer” 78giri di esordio della string band – che suonava l’old time music – “The Hill Billies” e “Sweet Lorena” ballad cantata da Blake e scritta dai fratelli Henry e Joseph Webster con un bel solo di mandolino ed il preciso contrabbasso di Roy Huskie, lo splendido strumentale “Girl I Left Behind Me”, una dance tune con il perfetto alternarsi chitarra – mandolino, uno dei brani più significativi di questo album a mio avviso ed infine “Limehouse Blues” di Douglas Furber e Philip Braham suonato per la prima volta nel ’21 da Gertrude Lawrence e Jack Buchanam, con al solito strepitosi soli di Red Rector e Norman Blake.

Disco notevole, come detto uno dei più interessanti del chitarrista di Sulphur Springs che mette in luce anche il mandolinista Red Rector.

CIRCOLO MANDOLINISTICO SAN VITO DEI NORMANNI “Dopobarba”

CIRCOLO MANDOLINISTICO SAN VITO DEI NORMANNI “Dopobarba”

CIRCOLO MANDOLINISTICO SAN VITO DEI NORMANNI  “Dopobarba”

KOROMUNY Records. Cd, 2017

di Alessandro Nobis 

Questo è il primo, bellissimo album registrato dal Circolo Mandolinistico di San Vito dei Normanni e testimonia la passione, la sincerità, la verve, la professionalità e la vivacità della scena mandolinistica pugliese che nei decenni è riuscita a conservare e perpetuare repertori che fino a non molti anni fa ancora erano eseguiti nelle botteghe artigiane, magari davanti a qualche osteria e nelle barberie durante le pause tra un cliente ed il successivo. Quella delle orchestre, dei circoli, delle suonate tra appassionati e cultori di questo strumento a plettro nelle sue varianti non era infrequente anche in Italia Settentrionale come testimoniano numerosi ricordi e fotografie, almeno per quello che riguarda il veronese, dove vivo. Uno strumento che “subì” anche l’emigrazione, e per fare un esempio cito il caso del calabrese Rudy Cipolla, che nella bottega del padre – barbiere appunto, e sarto – a San Francisco imparò i rudimenti dello strumento fino a diventare riferimento per David Grisman e Mike Marshall, per citarne due.

Il repertorio di questo “Dopobarba: armonie profumare dalle barberie di San Vito di Normanni” è naturalmente vasto nei generi e rispecchia la curiosità, la voglia di misurarsi con le più diverse melodie: musica popolare nel più puro significato etimologico, la musica che la gente fischietta, canticchia, che ascolta alla radio e magari strimpella con la chitarra a casa propria lontano da orecchie indiscrete.

Gli “amici di San Vito”, così li chiamo immaginandoli durante una serata di prove, sono un’orchestra ben affiatata nata nel 1934 grazie ad un’iniziativa del Prof. Francavilla e rinata quindici anni or sono per felice intuizione del Maestro Federico Di Viesto. Oggi le redini le tiene il trentenne Peppo Grassi, diplomato al Conservatorio di Brescia e motore del Circolo; il repertorio è diverso da altre orchestre di mandolini che propongono arie classiche e liriche, ed è arrangiato in modo efficace presentando un menù prelibatissimo che va dalle interpretazioni di canzoni storiche come “Perduto Amore”, “Parlami d’Amore Mariù”, “Vecchio Frack” e “Boccuccia di Rosa” a brani che non ti aspetti come “And I Love her” o “The House of The Rising Sun” (una versione che sembra uscire dal miglior spaghetti western di Leone) vicini a pizziche e stornelli.

Grazie alla Kurumuny che ha pubblicato un’opera di grande valore che spero goda di distribuzione adeguata in modo da raccogliere il consenso di critica e soprattutto del pubblico come merita.

Bellissimo, quasi commovente.

http://www.kurumuny.it

 

CHRIS THILE & BRAD MEHLDAU

CHRIS THILE & BRAD MEHLDAU

CHRIS THILE & BRAD MEHLDAU  “Chris Thile and Brad Mehldau ”

NONESUCH RECORDS, 2LP e CD 2016

di Alessandro Nobis

Per quello che vale il mio pensiero, questo disco del mandolinista – cantante Chris Thile e del pianista Brad Mehldau è già in corsa per il disco dell’anno. Seguo il percorso di Thile da un bel po’ e, al di là della sua straordinaria tecnica, ciò che sempre mi colpisce è la sua capacità di affrontare generi diversi regalando al pubblico musica di livello oggi difficilmente riscontrabile; le sue esecuzioni delle Sonate e Partite di J.S. Bach scritte originariamente per violino, il quartetto con Yo-Yo Ma, Stuart Duncan ed Edgar Meyer (con il quale ha inciso un disco in duo) sono splendide, direi imperdibili almeno per i cultori di questo strumento e per i “curiosi”. Brad Melhdau dal canto suo è uno dei più interessanti pianisti delle ultime generazioni che in ogni situazione – in solo, in duo, trio, quartetto – trova sempre il modo di affrontare il jazz e le sue composizioni originali con grande classe e tecnica.

La collaborazione tra i due non è recentissima, risale al 2013, e per confermare l’eclettismo e l’interazione tra i due musicisti basta dare una guardata anche veloce alla scaletta proposta: a parte un paio di originali, ecco Elliott Smith e Bob Dylan (“Don’t think twice it’s all right”), Joni Mitchell di “Marcie” e Fiona Apple di “Fast as you can”. Canzoni d’autore lontane dal jazz, ma che suonati da Mehldau e – cantati – da Thile si trasformano, si travestono fino a sembrare dei classici senza tempo della musica afroamericana e questo, lo sanno bene gli appassionati del genere, è una delle peculiarità per le quali il jazz è riconosciuto come la musica più rilevante emersa nel XX° secolo.

E poi mi si consenta di dichiarare pubblicamente che la rilettura di “Carolan’s Concerto” dell’arpista settecentesco irlandese Turlogh O’Carolan che chiude il disco, è un capolavoro di bellezza musicale.

Sontuoso.

 

 

 

 

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE “Charles Avison: Concerti Grossi after Scarlatti”

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE “Charles Avison: Concerti Grossi after Scarlatti”

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE “Charles Avison: Concerti Grossi after Scarlatti”. Digressione Music, 2016.

di Alessandro Nobis

Le orchestrine e orchestre di plettri, fino a qualche decennio fa parecchio diffuse sul territorio, hanno avuto la funzione di aggregazione tra persone e musicisti dilettanti, amatoriali e professionisti e soprattutto il merito di diffondere tra le classi meno abbienti – che non si potevano permettere radio e concerti – canzoni, arie d’opera e danze di musica tradizionale. L’Accademia Mandolinistica Pugliese, diretta dal Maestro Leonardo Leospalluti, prosegue nella tradizione di quelle antiche orchestre (bellissimo il doppio CD “I suoni del Barbiere” del 2011) confermando anche con questo lavoro l’altissima qualità raggiunta sia nella scelta delle musiche da proporre che nella capacità espressiva ed esecutiva.charlesavison

Il periodo barocco è stato così ricco – quantitativamente che qualitativamente – che molti sono i compositori che sono a lungo restati all’ombra dei geni espressi durante quel periodo storico; in questo Cd si narra in particolare la storia di Domenico Scarlatti, di Thomas Roseingrave e di Charles Avison.

Scarlatti, classe 1685, figlio del più celebre ed autoritario Alessandro, lascia Napoli e si trasferisce a Venezia dove conosce e frequenta Antonio Vivaldi e Georg Fredrick Haendel ma soprattutto un musicista irlandese, Thomas Roseingrave che, anche se ripetutamente battuto in duelli musicali da Scarlatti, ritornando a Londra cavallerescamente riporta la sua sfrenata ammirazione per il compositore italiano. Tant’è che nel 1739 l’irlandese pubblica le rivoluzionarie dodici sonate scarlattiane considerate spartiacque della musica barocca per essere state composte staccandosi dai dettami della musica sacra e sviluppando invece spunti provenienti dal sapere musicale del suo autore come ad esempio le tradizioni musicali dei luoghi ove Scarlatti aveva vissuto.

Roseingrave fa conoscere le sonate per clavicembalo ad un amico, il londinese Charles Avison – animatore culturale, organizzatore di concerti e compositore -, che dopo cinque anni pubblica i suoi dodici concerti ispirati dalle sonate per clavicembalo di Scarlatti aggiungendo sapientemente alcuni movimenti e talvolta modificando le tonalità.

I sei concerti contenuti in questo lavoro  – secondo me veramente importante – hanno come protagonista solista il superlativo mandolino a quattro cori di Mauro Squillante, e il mandolino potrebbe essere lo strumento melodico che accompagnava originariamente il clavicembalo nelle partiture originali, almeno secondo il direttore dell’Accademia Mandolinistica Pugliese Leonardo Leospalluti.

Non per ripetermi, ma se vi è rimasto un briciolo di curiosità………….

www.digressionemusic.it

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE

“I suoni del barbiere: mandolini e mandolinisti nella Puglia del primo ‘900”

Digressione Contemplativa, 2CD, 2011

PUBBLICATO SU FOLK BULLETIN, 2012

Direbbe Frau Merkel: “Italiani? Spaghetti, Pizza e Mandolino”. Niente di meglio aggiungiamo noi: sui primi due tutti d’accordo, sul terzo, prima di esprimere un parere, bisogna ascoltare questo magnifico doppio CD giunto nelle nostre mani un poco in ritardo, ma del quale dobbiamo assolutamente parlare. Intanto per l’interessante, lucido ed esaustivo saggio scritto da Fedele Depalma, che ci regala una fotografia della Puglia dei primi del ‘900, della vita sociale attorno alle botteghe dei barbieri ed ai circoli mandolinistici nei quali venivano suonate sì le arie di danza ma anche arrangiamenti di brani operistici. Una caratteristica questa comune anche ad altre zone d’Italia se è vero che a Verona, da dove vi scriviamo, erano presenti circoli mandolinistici e dove, almeno nell’Osteria di Via Duomo, una sera alla settimana fino a pochi anni or sono vi si riuniva un quartetto di suonatori.

Arie d’opera si diceva, ed il primo dei due CD è dedicato appunto a questo repertorio: Verdi, Mozart, Rossini e Mascagni tra gli altri. Una cavalcata sfrenata in questo sterminato repertorio, reso affascinante dai musicisti dell’Accademia che ci riporta ai primi decenni del Novecento quando nei piccoli centri rurali – ripeto non solo pugliesi – era possibile avvicinarsi alla musica operistica solamente ascoltando le trascrizioni per mandolini e chitarra, o per fisarmonica oppure per pianoforte, per chi se lo poteva permettere.

Il secondo CD “Serenate e ballabili”, un titolo che descrive da solo il repertorio incluso: barcarole, polke, schottische, valzer, mazurche che si ballavano, o semplicemente si ascoltavano, nelle botteghe, nelle feste paesane, nelle osterie, negli angoli ombrosi nelle calde estati, vicino a “serenate”, eseguite “su richiesta” nei vicoli e nelle viuzze dei centri abitati dagli stessi barbieri mandolinisti.

L’Accademia Mandolinistica Pugliese (Valerio Fusillo, Sergio Vacca, Fedele Depalma, Antonio Barracchia, Leonardo Lospalluti, Simona Armenise ed Antonio Di Lorenzo) si rivela un fiore all’occhiello della musica acustica italiana, per noi – e speriamo anche voi – una sorpresa graditissima che, ne sono certo, farebbe felice anche l’istrionico David Grisman.

Spaghetti, Pizza e Mandolino, altro che!