ROBERTO TOMBESI “Suoni dal Mondo: mostra di strumenti musicali della Raccolta Tombesi”

ROBERTO TOMBESI “Suoni dal Mondo: mostra di strumenti musicali della Raccolta Tombesi”

ROBERTO TOMBESI “Suoni dal Mondo: mostra di strumenti musicali della Raccolta Tombesi”

11 dicembre · 27 febbraio 2022 · TEOLO · Padova

di alessandro nobis

Il ruolo del padovano Roberto Tombesi rispetto alla cultura popolare va ben al di là delle gesta musicali dell’ensemble Calicanto (cfr. https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/11/02/suoni-riemersi-calicanto-de-la-de-lacqua/) che proprio quest’anno festeggia i 40 anni di attività: la sua curiosità, i suoi interesse ed i suoi studi escono dai confini “domestici” della musica tradizionale dell’alto Adriatico andando a cercare collaborazioni con gli ispanici Milladoiro, incidendo un meraviglioso disco per trio di organetti con Stefano Del Vecchio (a.k.a. “Ciuma”) e Mario Salvi, “Concier de Festa” con l’Orchestra Popolare delle Dolomiti (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/01/14/orchestra-popolare-delle-dolomiti/), un disco solista (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/04/02/roberto-tombesi-in-sta-via/) e recentissimamente assieme a Corrado Corradi e Rachele Colombo partecipando al progetto “Passeggeri” che racconta l’incredibile viaggio attorno al mondo di Marco Piazza al seguito dell’attrice veronese Adelaide Ristori.

Tombesi è inoltre cantante e polistrumentista (oltre all’organetto diatonico suona i plettri e piccole percussioni) e negli anni – forse meglio dire decenni – di attività ha saputo raccogliere anche grazie all’imput di Roberto Leydi una vasta selezione di strumenti legati alla cultura popolare, non solo di area veneta.

Per celebrare i 40 anni di attività dei Calicanto, in quel di Teolo nel padovano, Roberto Tombesi ha deciso di aprire le porte della sua collezione che, inaugurata sabato 11 dicembre, sarà visitabile al Museo di Arte Contemporanea (MAC) Dino Formaggio fino al 27 febbraio del prossimo anno, nei weekend dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18; alla realizzazione della mostra hanno contribuito il Comune di Teolo, l’Atelier Calicanto, la fondazione Cassa di Risparmio Rovigo e Padova e naturalmente il MAC. Cordofoni a pizzico, arco ed a plettri, aerofoni a sacco e non, naturalmente organetti e piccole percussioni, un florilegio di suoni che a differenza di esposizioni “statiche” ed impolverate ancora costituiscono l’arsenale “dinamico” di questo ricercatore musicista che tanto ha dato ed ancora dà allo studio ed alla divulgazione della tradizione musicale non solo, come detto, vicina alle sue radici. Inoltre sarà possibile a coloro già abbiano una certa dimestichezza, provare gli strumenti sotto l’attento sguardo di Roberto Tombesi il quale, a sorpresa, durante le ore di apertura farà ascoltare ai presente i loro magici suoni.

Scrive lucidamente Roberto Masiero dell’Istituto Universitario della facoltà di Architettura di Venezia: “C’è una sorta di scena delle origini, prima di qualsiasi tempo, una scena che nessuno di noi ha mai vissuto, ma che ricordiamo come fosse ora: alcuni uomini e donne, vecchi e bambini, attorno al fuoco all’imbrunire e qualcuno distribuisce del cibo. È un capo. Si mangia assieme, ma in quel momento non può mancare chi racconta storie, spesso cantando e suonando per renderle più vive e più vere. Si sta così assieme diventando comunità. Si sopravvive alla vita.”

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DALLA PICCIONAIA: Olaf Otto Becker “Above Zero”

DALLA PICCIONAIA: Olaf Otto Becker “Above Zero”

DALLA PICCIONAIA: Olaf Otto Becker “Above Zero”

Galleria MarcoRossi artecontemporanea,  Verona

18 novembre 017 – 27 gennaio 018

di Alessandro Nobis

E’ stata inaugurata sabato 18 novembre alla Galleria MARCOROSSI artecontemporanea diretta da Francesco Sandroni, in Via Garibaldi a Verona, “Above Zero”, esposizione del fotografo tedesco Olaf Otto Becker che raccoglie alcuni dei suoi scatti effettuati all’interno della calotta glaciale della Groenlandia tra il 2007 ed il 2008; in effetti una serie di immagini dedicata alla grande isola dell’Atlantico Settentrionale avrebbe dovuto intitolarsi “Below Zero”, e così sarebbe stato se fosse stata pensata e realizzata anche solo trenta anni fa.

“Above Zero” dà quindi immediatamente l’idea del significato e dell’importanza di queste testimonianze fotografiche: “Sopra Zero”, quando il ghiaccio si scioglie, quando la calotta glaciale perde volumetria e restituisce sotto forma liquida ciò che aveva accumulato in centinaia di migliaia di anni.

OTTO OLAF 02
Foto di Olaf Otto Becker

Olaf Otto Becker è un fotografo d’altri tempi, in tre anni ha percorso con un gommone, una slitta e novanta chili di attrezzatura fotografica (un banco ottico) le coste e l’interno della Kalaallit Nunaat, la “terra degli uomini” rischiando anche la vita per portare a conoscenza del pubblico la situazione nella quale si trova la calotta glaciale grazie soprattutto all’inquinamento dell’atmosfera ed all’effetto serra. Fotografie di grandissimo e di piccolo formato dalla altissima definizione e stampate in limitatissima tiratura, fotografie che illustrano il percorso svolto lungo uno dei fiumi glaciali, fotografie di acque di fusione, fotografie di grande fascino e bellezza e fotografie soprattutto a colori: quattro per l’esattezza, l‘omogeneo grigiore del cielo della luce estiva perenne, il bianco latteo del ghiaccio, il turchese delle acque ed infine  l’inquietante nero dei residui della “black snow”, fiocchi di neve condensati attorno alla nera cenere risultato di incendi boschivi di chissà quale parte del mondo, oggi presenti su vasti spazi dell’isola e che negli splendidi scatti di Becker coprono le “sponde” del torrenti e dei fiumi.

L’uomo fisicamente non c’è in questi scatti, però come detto c’è il risultato della sua dissennata attività studiata dai glaciologi dello Swiss Camp, documentato da un’altra affascinante serie di scatti che si trovano sul volume “Above Zero” pubblicato da Hatje Kantz nel 2009.

Una mostra che val davvero la pena di visitare, dove si incrociano la grande capacità tecnica di Becker fotografo (scelta del formato e della carta cotone su cui stampare, dell’esposizione, dell’inquadratura) con il preziosissimo valore geo-documentaristico delle immagini che ci forniscono un’immagine di una Groenlandia e della sua natura inaspettatamente e tristemente “contaminata”.

La mostra, ad ingresso libero, è visitabile dal martedì al sabato (10:00 – 12:30 e 15:00 – 19:00) e nei giorni festivi su appuntamento. Fino al 27 gennaio 2018.

DALLA PICCIONAIA: Edward Hopper a Bologna

DALLA PICCIONAIA: Edward Hopper a Bologna

EDWARD HOPPER A PALAZZO FAVA, BOLOGNA.

25 marzo – 26 luglio 2016

di Alessandro Nobis

Se sperate di ammirare “The Nighthawks” (1942) oppure “Gas” (1940) del divino Hopper potete tranquillamente risparmiare il viaggio ed il biglietto d’ingresso (€ 13). Alla mostra che ti tiene a Bologna questi due dipinti non ci sono.

Le opere esposte infatti provengono tutte dal Whitney Museum di New York e quindi le magnifiche immagini esposte all’Art Institute di Chicago là sono rimaste. Peccato. Molto peccato.

Se volete invece avvicinarvi a questo pittore americano, l’esposizione è interessante, da vedere. Aperta fino al 25 luglio, la mostra è disposta su due piani all’interno di Palazzo Fava, a pochi metri di Via Indipendenza ed a dieci minuti dalla Stazione Centrale.

Oltre a magnifici bozzetti in carboncino (ad esempio quello preparatorio di “Gas”), acquerelli e gessetti, vi sono altre opere fondamentali, ovvero quelle del periodo “parigino” in completo stile impressionista e quelle “americane” nelle quali l’artista ha saputo cogliere come nessun altro scorci e luci della provincia: “Second Story Sunlight”, “Apartment Houses East River” e “Office at Night”.

L’idea di prendere il pxx 1acchetto di dipinti da una Collezione privata o da un Museo e riproporla altrove non sempre paga e appaga, quindi per quello che mi riguarda la visita della mostra – ve la cavate con meno di novanta minuti – ha parzialmente deluso le mie aspettative.

Pettegolezzo: tra i gadget c’è una gomma per cancellare con la riproduzione di “Gas“, ed in altri volumi in vendita ci sono riprodotti entrambi i dipinti citati in apertura. Piccole cadute di stile, direi.
NIGHTKAWKSQuindi, una volta tornato a casa, ho messo sul giradischi l’ottimo “Open all Nite” dei Nighthawks del 1976 – sì, quello che ha in copertina “quel” quadro – e ho immaginato di essere in qualche locale chicagoano ad ascoltare dell’eccellente quanto tosto blues elettrico in compagnia del quartetto di Mark Wenner, Jimmy Thackery, Jan Zukowsky e Pete Ragusa con l’aggiunta di Bob Margolin e Pinetop Perkins della band di Muddy Waters.

Sonny Boy Williamson, Willie Dixon, Elmore James e Muddy Waters nel menù di questo bel disco, da riascoltare assieme ai due episodi di “Jack & Kings” targati 1978 e 1982.