MATTEO ADDABBO ORGAN TRIO “L’Asino che vola”

MATTEO ADDABBO ORGAN TRIO “L’Asino che vola”

MATTEO ADDABBO ORGAN TRIO “L’Asino che vola”

Dodicilune Records. CD, 2023

di alessandro nobis

Tutti, o almeno gli appassionati di jazz, conoscono l’albero genealogico degli organisti (per lo più hammondisti) la cui origine si trova negli cinquanta, quando cioè il ruolo dell’organo passò dall’accompagnamento di cori gospel nei luoghi di culto ad un vero e proprio ruolo nella musica jazz e blues soprattutto grazie a Jimmy Smith. Anche in Italia l’organo jazz ha un suo proprio ruolo nel jazz soprattutto ad Alberto Marsico, Roberto Gorgazzini e più recentemente a Matteo Addabbo · che di Marsico è stato allievo ·. In questo suo nuovo “L’asino che vola” pubblicato dalla Dodicilune presenta il suo “Organ Trio” con il chitarrista Andrea Mucciarelli e il batterista Andrea Beninati coinvolgendo anche Stefano Negri, tenorista, e Cosimo Boni, trombettista, nello swingante “A scuola da Joe” (Di Francesco?). Per i restanti otto brani c’è l’Organ Trio, l’ambientazione è quella dal maistream del tempo passato ma non si tratta di ricalcare standard pluri·suonati ma piuttosto di creare nuova musica con i caratteri assimilati dallo studio e dagli ascolti dei grandi Maestri; sono composizioni uscite dalla penna di Addabbo durante l’isolamento forzato dei lunghissimi mesi della pandemia di Covid·19 che ha “costretto” parecchi musicisti a concentrarsi sulla composizione vista l’inevitabile e forzata assenza di concerti. A parte il già citato “A scuola di Joe” voglio segnalare le due ballad “Carlos” e “Se mi vedi guardami” entrambe introdotte dalla pulitissima chitarra di Andrea (Mucciarelli), la bossa nova di “O la Bossa o la Vita” · carino il gioco di parole del titolo · e ancora “Il Ladro dello Swing” che inizia con l’hammond in “odore di spiritual” per poi riportarci ai nostri tempi, un po’ una brevissima sintesi della storia di questo strumento. L’apporto ritmico della batteria · che ricordo in questo genere di trio spesso non lavora con il contrabbasso ma con le linee dettate da Addabbo · e quello della splendida chitarra di Mucciarelli · un altro che deve conoscere bene la storia del suo strumento nella musica afroamericana · è davvero decisivo alla riuscita del disco.

Scrive Matteo Addabbo nelle liner notes del disco: “Mi piacerebbe che questo disco fosse inteso dall’ascoltatore non solo come l’ascolto di una musica evocativa di emozioni, di ricordi, di paesaggi e di persone, ma anche come una sorta di monito a reagire quando nella vita ci troviamo davanti ad un momento di difficoltà apparentemente insormontabile.

Se questo era il suo obbiettivo, è stato centrato, senza ombra di dubbio.

http://www.dodicilune.it

NORMAN & NANCY BLAKE · THE BOYS OF THE LOUGH · JAMES  & RACHEL BRYAN

NORMAN & NANCY BLAKE · THE BOYS OF THE LOUGH · JAMES  & RACHEL BRYAN

“Rising Fawn Gathering”

NORMAN & NANCY BLAKE · THE BOYS OF THE LOUGH · JAMES  & RACHEL BRYAN

“Rising Fawn Gathering”

Plectrafone Records. CD, 2009

di alessandro nobis

Che bel disco! Che bellezza ha la musica che contiene! Rappresenta l’incontro tra due culture che hanno entrambe radici centenarie nella cultura popolare delle Isole Britanniche che talvolta si incontrano ed emergono con forza ancora una volta. Galeotto fu in questo caso l’edizione 1978 del Winnipeg Folk Festival (fortunato chi era presente!) che in cartellone aveva Norman e Nancy Blake e il gruppo scoto · irlandese The Boys Of The Lough. Si erano ripromessi di ritrovarsi in un qualche studio di registrazione e la promessa effettivamente si concretizzò anche se trenta anni dopo, nel 2007 per la precisione, negli studi Rising Fawn in Georgia, la casa dei coniugi Blake.

E’ facile intuire che il repertorio comprenda brani di provenienza scoto · irlandese, americana ed originali considerando le provenienze dei musicisti che parteciparono a queste session ovvero Norman Blake (chitarra, mandolino, dobro), Nancy Blake (chitarra, mandolino, violoncello, mandola), James Bryan (violino), Rachel Bryan (mandolino) e i quattro Boys Of The Lough Malcolm Stitt (chitarra), Brendan Begley (accordeon), Cathal McConnell (flauti) e Dave Richardson (concertina, mandolino).

Disco davvero pregevole tra la cui scaletta spiccano · naturalmente si tratta di un parere personale ·

Castleberry’s March“, scritto da Norman Blake, il cui titolo non si riferisce a chissà quale castello, ma racconta di un suo vicino di casa, Clyde Castleberg che dedicò la sua vita alla coltivazione della porzione di campagna di sua proprietà, brano impreziosito da arrangiamentp per settetto tre archi e quattro strumenti a plettro, “Da Unst Bridal March” marcetta che fu raccolta da John Stickle sull’isola di Uinst, nelle Shetland, una melodia funzionale alle cerimonie di matrimonio pubblicata nel 1678 nel “John Playford’s Musick Handmaid”: qui è davvero splendida l’esecuzione del brano in duo, Norman Blake al dobro e Kevin Henderson al violino. Ancora “The Stockton & Redesdale Hornpipes” due hornpipes naturalmente scozzesi, la ballad “While The Band Is Playing Dixie” legata alla guerra Ispano · Americana registrata anche dalla Carter Family negli anni sessanta (la prima registrazione fu quella di Harry McDonough addirittura nel 1902). Infine “Derry So Fair” che chiude questo ottimo album, un canto narrativo legato all’emigrazione e provienente dal repertorio del flautista del Boys of the Lough Cathal McConnell che la imparò a sua volta dal cantante del Donegal Pakie Manus Byrne.

Un gran bel disco forse, ripeto forse, poco conosciuto dai chi ha seguito la discografia del gruppo scoto · irlandese.

What a beautiful record! How beautiful is the music it contains! It represents the meeting of two cultures that both have centuries-old roots in British Isles popular culture that sometimes meet and emerge forcefully once again. Jailbird was in this case the 1978 edition of the Winnipeg Folk Festival (lucky who was present!) which featured Norman and Nancy Blake and the Scottish · Irish group The Boys Of The Lough. They had promised to meet in some recording studio and the promise actually came true even if thirty years later, in 2007 to be precise, in the Rising Fawn studios in Georgia, the home of the spouses Blake.

It is easy to understand that the repertoire includes pieces of Scottish, Irish, American and original origins considering the origins of the musicians who participated in these sessions, namely Norman Blake (guitar, mandolin, dobro), Nancy Blake (guitar, mandolin, cello, mandola) , James Bryan (fiddle), Rachel Bryan (mandolin) and the four Boys Of The Lough Malcolm Stitt (guitar), Brendan Begley (accordeon), Cathal McConnell (flutes) and Dave Richardson (concertina, mandolin).

Truly valuable record among whose lineup they stand out · of course it is a personal opinion ·

“Castleberry’s March”, written by Norman Blake, whose title does not refer to who knows which castle, but tells of a neighbor of his, Clyde Castleberg who dedicated his life to the cultivation of the portion of the countryside he owned, a piece embellished by arrangement for septet three strings and four plectrums, “From Unst Bridal March” a march which was collected by John Stickle on the Isle of Uinst, Shetland, a melody for marriage ceremonies published in 1678 in “John Playford’s Musick Handmaid” : here the performance of the piece by duo, Norman Blake on dobro and Kevin Henderson on violin is truly splendid. Still “The Stockton & Redesdale Hornpipes” two naturally Scottish hornpipes, the ballad “While The Band Is Playing Dixie” linked to the Spanish American war also recorded by the Carter Family in the sixties (the first recording was that of Harry McDonough as early as 1902) . Finally “Derry So Fair” which closes this excellent album, a narrative song linked to emigration and coming from the repertoire of the Boys of the Lough flautist Cathal McConnell who learned it in turn from the Donegal Pakie singer Manus Byrne.

A great record perhaps, I repeat perhaps, little known by those who have followed the discography of the Scot · Irish group.

BLEY · DITMAS · METHENY · PASTORIUS

BLEY · DITMAS · METHENY · PASTORIUS

BLEY · DITMAS · METHENY · PASTORIUS

Improvising Artist Inc.  Records. LP, 1974

di alessandro nobis

Dopo una settimana di concerti con Jaco Pastorius e Bruce Ditmas al Cafè Wha? di New York dove Paul Bley ospitò sul palco anche un imberbe Pat Metheny appena uscito dalla Berklee School of Music, il quartetto si reca agli studi Blue Rock per registrate un disco: era il 16 giugno 1974 e l’ellepì venne prodotto dall’etichetta di Paul Bley e ripubblicato nel 1976 con il titolo “Jaco” dalla DIW giapponese, successivamente anche in CD ma con diversa copertina. Racconta lo stesso Bley nella sua bella autobiografia*: “Quella era una band fantastica, anche grazie alla potenza ritmica prodotta da due virtuosi come Pastorius e Ditmas. Dopo il primo brano, il chitarrista Ross Traut mi chiese se un suo amico chitarrista della Berklee School of Music poteva suonare con con noi. Pat Metheny suonò con noi quella sera, quella dopo e per tutto il resto della settimana.” Questo lavoro è importante sia per il suo valore storico che per quello musicale: il valore storico deriva dal fatto che si tratta delle prime registrazioni fatte in studio da Jaco Pastorius e Pat Metheny (incontro fatale vista la bellezza di “Bright Size Life” che incideranno l’anno seguente per l’ECM con Bob Moses alla batteria) e anche perchè fa parte del catalogo dell’interessante etichetta di Bley, il secondo perchè queste tracce testimoniano il periodo nel quale Paul Bley progettava di dare una veste elettrica al free jazz di cui da tempo era una delle personalità più importanti, un progetto che però pensò di abbandonare considerato che i colleghi dell’epoca da Corea, Zawinul a Hancock erano passati all’uso intensivo dell’elettronica e quindi virò la sua idea in senso contrario per ritornare alla dimensione acustica.

Il disco in questione consiste di nove brani, cinque composti da Carla Bley tra i quali la melodia iniziale del lunghissimo “Vashhkar” con all’interno un bel duetto di basso e batteria e due soli di Metheny e Pastorius, uno di Annette Peacock (“Blood“) che chiude la seconda facciata eseguiti rispettando la melodia ma con un intenso uso della pratica improvvisativa; i rimanenti sono attribuiti a Paul Bley ma in realtà si tratta di improvvisazioni dove si concretizza l’ottimo interplay costruito nella settimana di concerti che precedettero la registrazione. Magnifica la sezione ritmica · così la definì lo stesso pianista di Montreal · con l’onnipresente Pastorius a costruire trame, assoli e “reggere” il lavoro del Rhodes, ed in Metheny è già riconoscibile il suo stile anche se il suono della sua chitarra non è ancora quello pulito che ben conosciamo: come in “Vampira” aperto da un incisivo quanto breve riff di basso, un bel solo di Bley ed una bella improvvisazione solistica di chitarra, un lungo brano, a mio avviso il più significativo del disco che esprime molto bene il concetto musicale che Bley aveva a quel tempo. Ma al di là della bellezza della musica, questo ellepì svela agli appassionati di jazz il mostruoso talento di Jaco Pastorius che un paio di anni dopo venne chiamato da Wayne Shorter e Joe Zawinul.


*PAUL BLEY & DAVID LEE · “Liberare il tempo. Paul Bley e la trasformazione del jazz“. QUODLIBET CHORUS, 2022

  1. Vashkar – 9:55 (musica: C. Bley)
  2. Poconos – 1:00 (musica: P. Bley)
  3. Donkey – 6:28 (musica: C. Bley)
  4. Vampira – 7:15 (musica: P. Bley)
  5. Overtoned – 1:04 (musica: C. Bley)
  6. Jaco – 3:45 (musica: P. Bley)
  7. Batterie – 5:12 (musica: C. Bley)
  8. King Korn – 0:29 (musica: C. Bley)
  9. Blood – 1:28 (musica: A. Peacock)
After a week of concerts with Jaco Pastorius and Bruce Ditmas at Cafè Wha? of New York where Paul Bley also hosted a beardless Pat Metheny on stage just out of the Berklee School of Music, the quartet went to the Blue Rock studios to record a record: it was June 16, 1974 and the LP was produced by the Paul Bley and re-released in 1976 under the title "Jaco" by the Japanese DIW, later also on CD but with a different cover. Bley himself recounts in his beautiful autobiography*: "That was a fantastic band, also thanks to the rhythmic power produced by two virtuosos like Pastorius and Ditmas. After the first song, guitarist Ross Traut asked me if a guitarist friend of his from the Berklee School of Music could play with us. Pat Metheny played with us that night, the next and throughout the rest of the week." This work is important both for its historical value and for its musical value: the historical value derives from the fact that it is the first studio recordings made by Jaco Pastorius and Pat Metheny (a fatal encounter given the beauty of "Bright Size Life" which will affect the following year for ECM with Bob Moses on drums) and also because it is part of the catalog of Bley's interesting label, the second because these tracks bear witness to the period in which Paul Bley was planning to give an electric guise to free jazz by which he had been one of the most important personalities for some time, a project which however he thought of abandoning considering that his colleagues of the time from Korea, Zawinul to Hancock had switched to the intensive use of electronics and therefore he veered his idea in the opposite direction to return to the acoustic dimension. The disc in question consists of nine songs, five composed by Carla Bley including the initial melody of the very long "Vashhkar" with a beautiful duet of bass and drums inside and two solos by Metheny and Pastorius, one by Annette Peacock (" Blood") which closes the second side performed respecting the melody but with an intense use of improvisational practice; the remaining ones are attributed to Paul Bley but in reality they are improvisations where the excellent interplay built up in the week of concerts that preceded the recording takes shape. The rhythm section is magnificent · as the Montreal pianist himself defined it · with the ubiquitous Pastorius building textures, solos and "supporting" the work of the Rhodes, and in Metheny his style is already recognizable even if the sound of his guitar is not is still the clean one we know well: as in "Vampira" opened by an incisive but short bass riff, a beautiful solo by Bley and a beautiful solo guitar improvisation, a long piece, in my opinion the most significant of the album which expresses very well the musical concept that Bley had at that time. But beyond the beauty of the music, this LP reveals to jazz enthusiasts the monstrous talent of Jaco Pastorius who a couple of years later was called by Wayne Shorter and Joe Zawinul.

CORRADI · COLOMBO · TOMBESI “Passeggeri”

CORRADI · COLOMBO · TOMBESI “Passeggeri”

CORRADI · COLOMBO · TOMBESI “Passeggeri: Taccuino musicale di un viaggio straordinario”

VISAGE Records. CD, 2023

di alessandro nobis

A questo interessante e inedito progetto Rachele Colombo, Corrado Corradi e Roberto Tombesi lavorano da tre anni, e nel 2021 avevamo non solo intervistato Corradi per saperne di più (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2021/06/15/il-diapason-incontra-corrado-corradi-di-passeggeri/) ma anche letto il volume edito nell’unica edizione pubblicata in 500 esemplari nel 1948 da Italgeo ed il cui titolo (“Con Adelaide Ristori nel giro del mondo 1874 · 1875, Lettere di Marco Piazza“) lasciava immaginare le avventure dell’entourage che accompagnò l’attrice di Cividale del Friuli (1822 · 1906) in giro per il mondo su treni, carrozze e navi. Per finire in un torrido 20 giugno del ’22 avevamo anche assistito alla “prima” dello spettacolo a Villa Balisserotto di Urbana nel padovano. Ora, finalmente, abbiamo tra le mani il CD “Passeggeri realizzato per l’etichetta Visage.

Insomma, per farla breve c’è questo piroscafo S.S. Lusitania (proprietà della Canard Steam Navigation, venne varato il 20 giugno del 1871 e si incagliò il 26 giugno del 1901 sulle coste del Newfoundland a Cape Race e poteva trasportare circa 550 passeggeri nelle tre classi; non era quindi il più famoso omonimo piroscafo affondato il 7 maggio 1915  e varato nel 1906, n.d.r.) sul quale si imbarca la Compagnia Teatrale di Adelaide Ristori della quale fa parte come “Primo Attore Giovane” tale Marco Piazza che durante questo infinito viaggio scrive lettere su lettere al figlio Dino che come detto verranno pubblicate nel 1948: ecco, Marco Piazza è il bisnonno materno di Corrado Corradi ed il suo viaggio inizia con l’imbarco al porto di Bordeaux e la conseguente partenza il giorno otto del mese di marzo dell’anno 1874. Destinazione Brasile.

Rachele Colombo, Corrado Corradi e Roberto Tombesi hanno svolto un lungo e certosino lavoro di studio e ricerca come nell’Archivio Ristori del Civico Museo · Biblioteca dell’Attore di Genova ed hanno composto i testi e le musiche di questo “Passeggeri“, con delle scelte timbriche e vocali appropriate che trasportano l’ascoltatore sul Lusitania passo passo nel condividere le avventure oceaniche e terrestri della brigata di attori. Sembra davvero di stare in mezzo a loro.

La tradizione orale dei pescatori dell’alto Adriatico e di Chioggia per essere precisi è quella grazie alla quale inizia il viaggio, un canto di lavoro abbinato all'”Orazione del Pescaore“, una richiesta di protezione prima di lasciare il porto, un viatico per il fruitore al quale consiglio caldamente di ascoltare il disco nella sua continuità così come è stato concepito, e poi via sull’Atlantico spinti dagli alisei come racconta la voce di Carrara sul finire del brano scritto da Rachele Colombo. Sono questi i primi due frammenti di quest’opera suddivisa in cinque movimenti · “Partenze” · “In Viaggio” · “Il Vapore” · “Migrazioni” · “Festa” · e “Il Ritorno“, tra strumentali, canzoni e recitativi con le voci di Ottavia Piccolo e Titino Carrara. Tra i primi segnalo “Brisa Do Mar“, sembra di stare sul ponte a farsi accarezzare dalla brezza oceanica, una melodia ipnotica come il rollio del Lusitania tra le più incisive di “Passeggeri” a mio modesto parere, con l’arpeggio della chitarra e il dialogo tra l’organetto e la bandonina di Corradi; Rachele Colombo scrive e canta con Corradi “Notte Lusitania“, una serenata al cielo stellato che in pieno Oceano sembra di toccare, tutto il mondo è su quel piroscafo in attesa di sbarcare e davvero importanti il recitativo di Ottavia Piccolo in “El Vapor” dove con la voce della Ristori narra del piroscafo · e dei passeggeri · alle prese con la terribile burrasca incrociata a Capo Pilar dove l’Atlantico baruffa quotidianamente con il Pacifico.

Quasi un “Marco Piazza apocrifo” mi sembra l’amaro canto “Italia Maledeta” ispirato a Tombesi dal poeta veneto / brasiliano Darcy Loss Luzzato, dedicato a “quelli della terza classe” quella dei migranti che stipati come topi (“Immuciadi ntea nave come i rati ntei nidi / tratadi come bestie, pezo anco che i can“) rischiano la traversata in condizioni terribili in cerca di fortuna o quantomeno di una vita umana (vi ricorda qualcosa di simile che accade ai nostri giorni?).

Alla fine si fa ritorno dai viaggi, quello dei tre “Passeggeri” con il quale si torna nell’alto Adriatico tra i pescatori di Chioggia con l’originale di Rachele Colombo “Il Ballo dei Pesci” e quello di “Adelaide” Ristori sul ritorno dall’America che riflette solitaria sul ponte di quella che è stata casa per lunghe settimane della compagnia teatrale, il Lusitania. Ritengo che che questo “Passeggeri” sia un disco eccellente, maturo, la dimostrazione di come si possa dare nuova e diversa vita a storie di persone facendole ritornare dall’oblìo del passato creandovi attorno musica legata alla cultura popolare: ci sono numerosi teatri che portano il nome della Ristori come quello di Verona ma quanti dei loro gestori conoscono questo viaggio straordinario intorno al mondo?

Quando, dopo i trionfi di Buenos Aires, la Ristori recitò nel Cile, il Presidente della Repubblica la ricevette nel Palazzo Governativo de · La Moneda · con onori pari a quelli dovuti ad una Ambasciatrice.

La Ristori, nel suo ritiro dalle scene, ricordava sempre i giorni indimenticabili trascorsi in Buenos Aires ed in Santiago del Cile, ed al compiersi del suo giubileo, in una pagina preziosa qualificò i suoi ricordi di America come quelli fra i più cari e più duraturi della sua carriera gloriosa.”

Buenos Aires, novembre 1928                

CRISPINO · LANCIAI · BASILE · SABELLI “Kobayashi”

CRISPINO · LANCIAI · BASILE · SABELLI “Kobayashi”

CRISPINO · LANCIAI · BASILE · SABELLI “Kobayashi”

Dodicilune Records. CD, 2023

di alessandro nobis

Basta un ascolto di questo sorprendente “Kobayashi” per intuire come le provenienze culturali di Luca Crispino (chitarra), Roberto Lanciai (sax baritono), Fabio Basile (basso elettrico a sei corde) e Luigi Sabelli (batteria) non siano rigorosamente accademiche, ma provengano da frequentazioni musicali · come musicisti e come ascoltatori attenti · estremamente variegate con interessi diciamo “multipli” e lo si può intuire attraverso i numerosi indizi che i quattro forniscono all’attento fruitore. Il jazz più legato al mainstream, l’uso mai invasivo dell’elettronica, certi ritmi più legati al rock, il gusto per la melodia il tutto abilmente fuso nelle nove tracce composte da Crispino, Lanciai e Basile che costituiscono questo lavoro di un quartetto a cui auguro lunga vita artistica. Il baritonista Lanciai sposta ad esempio il baricentro verso il jazz più vicino al maistream con tre ballate tra le quali tengo a segnalare in modo del tutto personale “Jungle“, una languida ballad dal sapore caraibico con il tema esposto dal sax ed un bel solo di chitarra, il bassista Basile scrive ad esempio anche lo splendido brano finale, “Strummer“, ispirato da quel rock intriso di reggae del quale inventori furono appunto i Clash (e il titolo sembra confermare ciò) con altro bel solo di baritono, il tutto permeato da elaborazioni elettroniche per mano di Crispino che compone tre brani tra i quali segnalo l’intrigante “Ombre sul Borgo” dal ritmo compassato e guidato dalla chitarra che dialoga con il sax. L’album nonostante i compositori siano tre risulta molto omogeneo, piacevolissimo anche all’ascolto ripetuto, e naturalmente il ruolo della sezione ritmica è decisivo, il drumming di Sabelli si adatta alla perfezione ai vari paesaggi sonori ed il basso di Basile è struttura portante della musica, il fatto che Basile sia anche ottimo chitarrista e che qui abbia scelto il basso a sei corde gli consente di andare oltre il limite del suo strumento in modo del tutto efficace. L’affiatamento e l’interplay mi paiono sempre adeguati, sembra quasi che i “quattro” si frequentino musicalmente da tempo, molto tempo. Mah!

RALPH TOWNER · GARY BURTON “Slide Show”

RALPH TOWNER · GARY BURTON “Slide Show”

RALPH TOWNER · GARY BURTON “Slide Show”

ECM Records 1306. LP, 1986

di alessandro nobis

Da solo (recentemente alla veneranda età di 83 anni ha pubblicato un super album, “At First Light“), in duo (con Gary Peacock e John Abercrombie) o con gli Oregon Ralph Towner ha sempre stupito per la sua straordinaria capacità di unire la composizione con la superba tecnica lasciando sempre ai suoi partner lo spazio per creare e per arricchire le sue scritture, e questo secondo capitolo · il primo “Matchbook” fu pubblicato nel ’75 sempre dalla fedele ECM · della collaborazione con un altro gran musicista, il vibrafonista Gary Burton a mio avvisa conferma quanto detto.

Questa “carrellata di diapositive” a parte una splendida rilettura · qui la scelta è la 12 corde · di uno dei più interpretati brani del songbook davisiano, “Blue in Green” (scritto con Bill Evans) con il tema esposto dal vibrafono ed uno splendido solo di Towner che chiude la prima facciata, presenta ben otto originali composti dal chitarrista americano, brani dalla grande cantabilità e contraddistinti da un profondo interplay che lascia ampio spazio alle improvvisazioni pur rimanendo nei paletti fissati da Towner. Eterea ed introspettiva la ballad “Beneath an Evening Sky” che apre il lato B, come davvero inusuale · per i due musicisti · è “The Donkey Jamboree” dall’aria caraibica con Burton impegnato alla marimba (che suona anche con la solita maestrìa in “Innocenti“, brano che chiude il disco) e le chitarre di Towner mentre “Charlotte’s Tangle” ci riporta al duo vibrafono · classica ed è a mio avviso uno dei brani più emblematici della collaborazione tra i due per la sua complessità, la sua purezza e l’architettura sonora.

Disco che come “Matchbook” dopo oltre quaranta anni si apprezza in tutta la sua bellezza cristallina, come solo i veri classici del jazz sanno fare.

Alone (recently at the age of 83 he released a super album, “At First Light”), in duo (with Gary Peacock and John Abercrombie) or with Oregon Ralph Towner has always amazed by his extraordinary ability to unite the composition with the superb technique always leaving his partners the space to create and enrich his writings, and this second chapter · the first “Matchbook” was published in ’75 always by the faithful ECM · of the collaboration with another great musician, the vibraphonist Gary Burton in my opinion confirms what has been said.

This “Slide Show” apart from a splendid reinterpretation · here the choice is the 12 strings · of one of the most interpreted pieces of Davis’ songbook, “Blue in Green” (written with Bill Evans) with the theme exposed by the vibraphone and a splendid Towner’s solo which closes the first side, features eight originals composed by the American guitarist, songs of great melodies and characterized by a profound interplay that leaves ample space for improvisations while remaining within the limits set by Towner. Ethereal and introspective the ballad “Beneath an Evening Sky” which opens the B side, as truly unusual · for the two musicians · is “The Donkey Jamboree” with a Caribbean air with Burton playing the marimba (who also plays with the usual mastery in “Innocenti”, the track that closes the disc) and Towner’s guitars while “Charlotte’s Tangle” brings us back to the vibraphone · classical duo and is in my opinion one of the most emblematic songs of the collaboration between the two for its complexity, its purity and sound architecture.

Disco that like “Matchbook” after more than forty years can be appreciated in all its crystalline beauty, as only true jazz classics can do.

RICCARDO TESI · “La Giusta Distanza”

RICCARDO TESI · “La Giusta Distanza”

RICCARDO TESI · “La Giusta Distanza”

VISAGE MUSIC. CD, 2023

di alessandro nobis

Riccardo Tesi è a mio avviso · ma lo hanno detto anche ben più autorevoli penne del giornalismo di settore · il musicista che saputo decontestualizzare l’organetto diatonico dall’accompagnamento alle danze popolari e trasportarlo attraverso altri idiomi grazie alle frequentazioni sia con jazzisti, con colleghi affini alle sue idee (Craighhead, Trovesi e Vaillant per citarne tre) e quindi concentrarsi sulla composizione di nuova musica che ai tempi di “Veranda” (Silex 1991) o di “Il Ballo della Lepre” (Shirak, 1983) veniva identificata, almeno in Italia e Francia, con l’appropriato termine di “nuova musica acustica”.

Questi undici nuovi brani · un dodicesimo è composto da Eugenio Bennato · nascono durante l'”Era Covid” durante la quale le esibizioni live erano bandite e quindi la creatività di Riccardo Tesi ha potuto esprimersi al meglio, approfittando dalla situazione di “distanziamento forzato” venutasi a creare. E, ascoltando “La Giusta Distanza“, ancora una volta · ma non è una sorpresa · la capacità nella scrittura e quella nel saper scegliere i compagni di viaggio con i loro suoni per rendere al meglio le idee nate in compagnia dell’organetto si è manifestata realizzando un lavoro davvero eccellente e che lo disegna come musicista alla perfezione. Il baricentro del disco è il trio con lo stesso Tesi, naturalmente, Vieri Sturlini ai plettri e Francesco Savoretti alle percussioni), “Elastic Trio” viste le presenze con numerosi e prestigiosi ospiti: forti i legami con la tradizione ci sono come in “Tindari“, tarantella con inserti ambientali · la voce di un venditore ambulante ·, in “Cicciabomba“, schottische “accelerato”, simpatica sfida per chi balla il folk o in “Valzer d’Aprile” con lo splendido intervento del violoncello suonato da Alessandro Natali. Alla voce di Ginevra di Marco è affidata invece la suggestiva rilettura del brano di Eugenio Bennato, “Ballata di una Madre” a mio avviso uno dei più incisivi brani del disco, mentre la nickelharpa di Marco Ambrosini (uno dei migliori studiosi ed interpreti di questo straordinario strumento nordico), i tamburi a cornice di Andrea Piccioni e la marimba di Giacomo Tongiani danno ancor più luce alla bellezza di “Bucharest“. Infine segnalo il brano composto a quattro mani con Massimo Donno, “Sotto la Cenere” con la voce di Eleonora Pascarelli a fianco a quella di Donno e “Cous Cous e Fasol” (Fasol non si riferisce al legume ma agli accordi Fa e Sol) dove le percussioni e l’oud di Ziad Tablesi che apre il brano orienta l’ascoltatore verso ambientazioni immaginarie. Nuove musiche acustiche, appunto.

http://www.visagemusic.it

http://www.riccardotesi.com

FESTON · DALLA GAGLIARDA AL VALZER

FESTON · DALLA GAGLIARDA AL VALZER

Villa Prosdocimi, Granze · Padova 14 maggio 2023

FESTON · DALLA GAGLIARDA AL VALZER

“Grande festa delle musiche e dei balli di tradizione veneta”

Villa Prosdocimi, Granze · Padova

14 maggio 2023

di alessandro nobis

Finalmente nella regione, la mia, la cui classe politica ai più alti livelli millanta di tenere più di altre alla cultura popolare qualcosa sembra si stia muovendo per merito del Conservatorio “Agostino Steffani” di Castelfranco Veneto e del suo direttore Prof. Paolo Troncon: è un progetto in via di definizione per aprire corsi accademici di etnomusicologia teorica e pratica con una formazione altamente professionale e con un titolo finale equiparato alla laurea. Per dare concretezza ed anche visibilità alla proposta · che in parte sta avendo sui media · e per “sondare il territorio” il Conservatorio e Roberto Tombesi tra gli altri hanno preparato due importanti momenti di incontro tra studiosi, musicisti che si occupano appunto ai più alti livelli, visto le loro competenze, di cultura popolare musicale e coreutica, due termini che spesso sono complementari uno all’altro.

Il primo incontro si è tenuto il 18 aprile al Teatro Accademico di Castelfranco, il convegno “Che fine farà la Donna Lombarda?” titolo emblematico per chi si vuole interrogare sul presente e sul futuro del patrimonio della cultura popolare per cercare almeno di iniziare rispondere a numerose questioni; al convegno hanno partecipato illustri relatori che hanno parlato delle loro esperienze di una vita come Gualtiero Bertelli, Roberto Pinna, Modesto Brian, Attilio Baccarin e Roberto Tombesi per l’Atelier Calicanto.

E visto l’argomento di cui sto scrivendo, ci sono molte domande che noi appassionati ci facciamo e che riguardano il futuro della cultura popolare alle quali prima o dopo dovrà essere data una risposta:

· Dobbiamo lasciare giacere manoscritti e antichi testi nei cassetti dei collezionisti ed i suoni nelle cassette e nastri audio o condividerli con chi è interessato?

· La cultura popolare in tutte le sue sfaccettature dobbiamo farla rimanere nelle “competenze” di pochi o invece divulgarla nelle nuovissime generazioni con seminari e diffusione nelle scuole a partire da docenti e alunni di quella primaria?

· Non sarebbe forse il caso di creare una piattaforma unica a livello Regionale che contenga tutto il materiale raccolto sia esso musicale, coreutico e linguistico facendo in modo che Istituti Universitari, Musei e Conservatori possano dare il loro prezioso contributo?

· Perchè non promuovere o proseguire la ricerca di materiale etnografico ed etnomusicologico  sul campo in aree “anche” lontane dove sono presenti popolazioni con origini venete?

· Sono state organizzate in regione e non solo ricerche sistematiche negli archivi pubblici nei quali potrebbe giacere ancora del materiale?

Certo, qualcosa si è fatto anche di ottimo livello, ma sono comunque domande che necessitano di risposte che per essere concretizzate richiedono tempo e competenze che anche nel Veneto non mancano ma che richiedono soprattutto finanziamenti pubblici (tolti quelli di “facciata” rivolti alle “grandi manifestazioni”) e privati che vanno sensibilizzati.

Il secondo davvero significativo avvenimento è il “Feston · dalla Gagliarda al Valzer · Grande festa delle musiche e dei balli di tradizione veneta“: si terrà domenica 14 maggio a partire dalle ore 11:00 negli spazi della Villa Prosdocimi di Granze · Pd · (sita in via Ponticelli 32) con il patrocinio della locale Amministrazione Comunale, e le entità culturali che hanno organizzato questa davvero significativa giornata sono l'”Atelier Calicanto“, il “Gruppo Danze Popolari Castelfranco” e l'”Associazione Festa Continua · Danza e Musica Popolare di Padova“. Il programma prevede dalle 11:00 alle 12:30 un breve “ripasso” delle danze (ricordo che il 30 aprile nella stessa locazione si è tenuto un frequentato laboratorio di danze popolari) e dalle ore 15:00 il “Gran Ballo” con l’Orchestra del Feston (a sua volta impegnata in una prova generale sempre domenica 30 aprile) che riunisce molti dei musicisti che si occupano di musica popolare nel Veneto, dalla pianura alla pedemontana ed alla zona montana; un’idea questa che può ricordare l’Orchestra Popolare delle Dolomiti che nel 2015 produsse un significativo lavoro pubblicato da Felmay (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/01/14/orchestra-popolare-delle-dolomiti/). Musicisti, ballerini ed appassionati avranno così la possibilità di incontrarsi, di scambiare idee e soprattutto di dare inizio ad una esperienza che potrebbe in futuro essere un appuntamento fisso, magari cambiando il luogo d’incontro di altri centri del Veneto. Da Verona ad esempio dovrebbero arrivare la Contrada Lorì, Maurizio Diamantini, il Gruppo Ricerca Danze Popolari, Livio Masarà, Mirco Meneghel, Massimo Muzzolon, Alfredo Nicoletti, Francesco Pagani e Giuseppe Zambon. Moltissimi altri provenienti da diverse aree hanno dato la loro adesione e cioè Ande Bali E Cante, Bandabrian, Barbapedana, Calicanto, Canzoniere Vicentino, D’Altrocanto, Na Fuoia, il Canzoniere Vicentino, Famiglia Fecchio, Porte ‘Perte, Fabio Urzi, Moreno Tortora, Andrea Pedrotti, Toni Vago, Alessandro Tombesi, Adriano Beghin, Rachele Colombo, Rosanna Trolese, Mirco Morandin, Gabriele Coltri, Andrea Ferlini, Alessio Surian, Flavia Ferretti, Michele Cavazzini, Giorgio Brunello, Donatella Viri, Claudio Bernardi, Laura Franceschini, Edoardo Berton, Giovanni Brotto, Lara Ferrari, Matteo Marcon, Stefano Santangelo, Walter Sigolo, Biancamaria Spalmotto, Piero Di Iorio, Luciano Giacometti e Alessandro Mottaran.

Ma non solo “balli e musiche” a Granze, perchè durante questo incontro sarà possibile visitare una mostra di strumenti musicali di costruttori come i F.lli Castagnari, la famiglia Fecchio e Sandro Ambrosio tra gli altri oltre ad un’esposizione di arti grafiche, pittoriche e scultoree.

Per ogni dettaglio riguardante l’aspetto strettamente musicale: Roberto Tombesi 348 7259357

Per l’aspetto coreutico e organizzativo:

Flavia Ferretti 333 9894042

Attilio Baccarin 339 7879710