ALARICO GATTIA “Ivanhoe”

ALARICO GATTIA “Ivanhoe”

ALARICO GATTIA “Ivanhoe (di Rotherwood)”

Edizioni Segni D’Autore 2020, 68 pagg. cm 24 x 30. € 15,00

di alessandro nobis

Per noi che abbiamo passato la sessantina il ricordo di Ivanhoe è indissolubilmente legato all’omonimo sceneggiato televisivo mandato in onda dalla R.A.I. nei primi tre mesi del 1964, la domenica alle 17:30: si trattava del doppiaggio della versione originale inglese che la BBC mandò in onda nel 1958, protagonista Roger Moore, riduzione televisiva del romanzo storico che lo scozzese Sir Walter Scott scrisse nel 1829 per decenni derubricato a “romanzo per ragazzi”. La vicenda storica la conoscono (più o meno) tutti. Anno del Signore 1194: siamo al tempo della Terza Crociata, il Re Sassone Riccardo (Cuor di Leone) torna in incognito nella sua Inghilterra dopo la prigionia in Austria ma il fratello Giovanni (Senza Terra) da reggente è divenuto usurpatore del trono che vorrebbe mantenere facendosi amici i Normanni che lo avrebbero aiutato nell’impresa a scapito della sua gente Sassone. Nel romanzo di Sir Walter Scott, tra realtà e “fiction” come dicono quelli bravi, compaiono anche figure rimaste nell’immaginario collettivo come Robin “Locksley” Hood anche lui di ritorno dalla Crociate travestito da pellegrino e diseredato dal padre per essere andato in Terra Santa e frate Tuck. Sia che già conosciate gli avvenimenti e la conclusione della storia o che di Ivanhoe non abbiate mai sentito parlare, questo lavoro vi consente di avvicinare questo periodo storico raccontato “a china” da così belle ed evocative immagini, e vignette, da Alarico Gattia (1927 · 2022) eccellente sceneggiatore (qui il lavoro di “riduzione” a mio modesto parere è perfettamente riuscito) e figura importantissima nel panorama dell’illustrazione non solo italiana al quale la casa editrice ha dedicato tra il 2000 e il 2022 cinque volumi: “Ivanhoe“, “Vandea 1793“, “Il Prigioniero di Zenda“, “Giacche Blu · Garibaldi e la libertà promessa” e “I Tre Moschettieri“. Poi, letto questo fumetto, passate al romanzo di Walter Scott: non fate i timidi, questo non è un romanzo per ragazzi, eh!

VERONA, MAGGIO 1918 ” Le autocromie veronesi di Fernand Cuville” · 1/2

VERONA, MAGGIO 1918 ” Le autocromie veronesi di Fernand Cuville” · 1/2

VERONA, MAGGIO 1918 ” Le autocromie veronesi di Fernand Cuville · 1 / 2″

di alessandro nobis

Nella prima metà del maggio 1918 alcuni reparti delle truppe francesi erano di stanza a Verona e tra questi vi era una “sezione fotografica” che aveva il compito di documentare il fronte e le retrovie del fronte italiano: di uno di questi reparti faceva parte il fotografo Fernand Cuville, classe 1887 che prestò servizio nell’esercito d’oltralpe dal 1914 al 1918. La sua missione era non solo scattare immagini per conto dell’esercito, ma anche · e forse soprattutto · quella di scattarle per conto del mecenate e banchiere Albert Kahn (1860 · 1940) che dal 1909 aveva avviato il monumentale progetto “Archives de la Planete“, che a suo dire doveva essere “l’inventario della superficie del globo così come all’inizio del XX° secolo viene abitato e sviluppato dall’uomo” avvalendosi della collaborazione di Léon Busy, Paul Castelnau, Roger Dumas, Alfred Dutertre, Lucien Le Saint, Auguste Léon, Marguerite Mespoulet, Stéphane Passet e Camille Sauvageot oltre naturalmente a Fernand Cuville. Un progetto dunque molto, molto ambizioso ma che nonostante l’iniziale notevolissima disponibilità economica non potè essere concluso venendo interrotto nel 1931 a causa della crisi finanziaria del ’29 (Kahn ricordo era un banchiere); l’idea di Kahn per la sua l’imponenza e il suo mancato completamento non può non ricordare quella del fotografo americano contemporaneo a Kahn Edward Sheriff Curtis (1868 · 1952) che con il suo “The North American Indians of the United States and Alaska” avrebbe dovuto documentare attraverso immagini le centinaia di gruppi etnici dei Nativi Americani.

Ad esaminare il patrimonio del Musèe Kahn credo primo tra gli studiosi italiani fu il Professor Giuseppe Sandrini del Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona che così nel 2010 scrisse: “Durante un soggiorno di studio a Parigi nell’autunno del 2010, in qualità di Visiting Scholar presso l’Université Sorbonne – Paris IV, ho avuto modo di conoscere la straordinaria collezione del Musée Albert Kahn di Boulogne-Billancourt. Si tratta di un patrimonio visivo pressoché sconosciuto da noi, che unisce l’interesse storico di testimonianza sulla Grande Guerra alla freschezza coloristica delle immagini, una documentazione fotografica a colori basata sull’autocromia, il procedimento brevettato dai fratelli Lumière – gli inventori del cinematografo – nel 1907. Il museo conserva 72mila «plaques autochromes» (diapositive di grande formato, dai colori pastello che ricordano gli effetti di luce della pittura impressionista) con un’ampia sezione dedicata all’Italia e in particolare al Veneto. Si tratta, per quanto riguarda la nostra regione, di oltre 300 immagini in massima parte inedite, che riguardano Verona, il Lago di Garda, Rivoli, Vicenza, Bassano del Grappa, Asolo, Castelfranco, Venezia; una piccola parte delle autocromie di Venezia risale al 1912 ed è opera di Auguste Léon.”

Fine della Prima Parte.

ALBERTO LAVORADORI “Disgelo” 

ALBERTO LAVORADORI “Disgelo” 

ALBERTO LAVORADORI 

“Disgelo” Edizioni Segni D’Autore · Volume brossura 23 x 32 cm · pagg.  56 a colori · 2023 · € 20,00

di alessandro nobis

Pubblicato da poche settimane dall’Editrice romana “Segni D’Autore”, questa significativa graphic novel di Alberto Lavoradori ci riporta indietro di due secoli, all’epoca della tragica ritirata dell’Armeè napoleonica dalla Russia schiantata dalle truppe nemiche e dal “Generale Inverno” di queste fedelissimo alleato, ovvero nell’inverno tra il 1812 e il 1813. Non vi si racconta di generali, di armate, di battaglie cruente, di infinite colonne di militari alla ricerca della strada di casa, vi si racconta con grande efficacia di un soldato dell’armeè alle prese con i suoi demoni isolato, perso, smarrito nella steppa russa dalle parti della sponda orientale della Beresina impossibilitato ad attraversarlo come migliaia dei suoi compagni perchè distrutto su ordine dell'”Imperatore“. Non troverete una rapida successione di eventi storici, non ci sono orizzonti fisici ma solamente la spettrale rappresentazione di solitudine, di desolazione e di disperazione profondamente immerse dal freddo steppico, dalla fame, dal vento, dalle allucinazioni che catturano il soldato nel totale grigiore del paesaggio dove si immerge il lettore attraverso i dialoghi e soprattutto attraverso le splendide ed evocative immagini dove la solitudine si evidenzia ancor più nelle numerose tavole mute. La tecnica utilizzata per la creazione delle tavole da Lavoradori viene definita “mista”, carta ruvida, acquerelli, china e utilizzo della computer grafica, un equilibrio tra manuale e digitale che riesce a concretizzare le idee del grafico rendendo davvero originale la stesura di questo “Disgelo“.

Concludendo l’autore mi consenta un salto “temporale”. Rive del Don, inverno 1942 – 1943: “Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli sternuti i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento ….“. La storia si ripete, invano.

NOTA A MARGINE: a proposito della ritirata dell’Armata Francese segnalo la ballad “The Bunny Buch of Roses” composta da autore ignoto intorno al 1830 e catalogata al numero # 664 nella raccolta Roud: è un dialogo tra il figlio di Napoleone e la madre Maria Luisa, seconda moglie di Bonaparte. Il sentimento del testo è contrastante, da un lato si simpatizza per Napoleone dall’altro alberga il patriottismo (l’autore quasi certamente aveva delle simpatie verso l’Irlanda) considerato che la ritirata di Russia ebbe tra le conseguenze la rinuncia dei francesi alla conquista del “mazzo di rose”, ovvero Irlanda, Scozia ed Inghilterra. Una bella versione della ballata si trova nel disco dei Fairport Convention, ma numerose sono le versioni strumentali con il titolo di “Bonaparte’s Retreat” tra le quali segnalo quella degli irlandesi Chieftains

SUCCEDE A VERONA “4 dicembre 1964” L’Arena di Verona, 5 · 6 · 8 dicembre 1964. PARTE 3.

SUCCEDE A VERONA “4 dicembre 1964” L’Arena di Verona, 5 · 6 · 8 dicembre 1964. PARTE 3.

SUCCEDE A VERONA “4 dicembre 1964” L’Arena di Verona, 5 · 6 · 8 dicembre 1964

Il secondo dei due articoli pubblicati dal quotidiano “L’Arena” martedì 8 dicembre. Foto Vantini.

SOLO UN “PROFESSIONISTA” POTEVA PREPARARE L’ORDIGNO ESPLOSIVO

La polizia sta vagliando tutti i possibili indizi sull’attentato · A Trento proseguono le indagini per ritrovare la “familiare” grigia · Messaggi di solidarietà all’ avv. Ederle fratello dell’eroe.

···

Continua il silenzioso commosso pellegrinaggio dei veronesi alla statua di Carlo Ederle abbattuta dai terroristi. Rappresentanti di enti e associazioni recano corone, studenti rendono  omaggio alla memoria dell’eroe, numerosi passanti sostano reverenti. E’ una manifestazione spontanea e corale, che risponde ai sentimenti di tutta la cittadinanza, sdegnata per l’odioso gesto di fanatica violenza.

La polizia continua intanto le difficili indagini, esaminando con attenzione ogni circostanza e non trascurando ogni possibile indizio. L’eventualità che l’attentato sia stato compiuto da un esaltato viene ormai tenuta in scarsa considerazione: la potenza, la qualità e la disposizione dell’ordigno non lasciano dubbi sulla perfetta perizia di chi l’ha preparato, certamente un esperto “professionista”. A Trento proseguono le ricerche della “familiare” grigia vista in via Anzani da un metronotte e in via Mameli da un macellaio. E’ una pista ardua da seguire, ma gli inquirenti non lasciano nulla di intentato, nella speranza di poter accertare utili dati. Sul posto dell’esplosione non sono state trovate tracce, se non il cartello con la scritta in tedesco “Libertà per il Sudtirolo” vergata con lucido da scarpe nero. Si procede sulla base di deduzioni, si tiene conto anche dei particolari apparentemente privi di importanza: gli sviluppi che potrebbero derivarne sono imprevedibili. La più scialba testimonianza può celare un elemento decisivo, il particolare più incolore può rivelarsi di estrema importanza.

***

All’avv. Ederle, fratello della medaglia d’oro, continuano a giungere attestazioni e messaggi di solidarietà. Il senatore Berardinetti, presidente dell’associazione famiglie Caduti e Dispersi in guerra, gli ha così telegrafato: “Apprendo vivissimo sdegno offesa recata memoria suo eroico fratello e per esso tutti i Caduti. Mentre esprimoti anche a nome dirigenti associativi Roma sensi fraterna solidarietà precisoti che ho rinnovato vibrata protesta presidente Consiglio ministri chiedendo più energica azione difesa diritti morali e materiali nostra Patria“. Ieri mattina il sen. Bernardinetti è giunto a Verona ed ha deposto una corona d’alloro presso il monumento. Un telegramma è stato inviato all’avv. Ederle dalla sezione veronese dell’associazione mutilati e invalidi di guerra. “Mutilati di guerra veronesi · ha telegrafato il presidente Girelli · indignati esecrabile gesto riaffermano nel nome glorioso eroica guida del Carso sacrosanti diritti italianissima terre redente sacrificio comune“. Sabato una delegazione della sezione ha recato una corona d’alloro alla stele. Il generale Morelli, presidente del comitato provinciale di Milano dell’associazione famiglie Caduti, ha inviato a sua volta un telegramma, a nome di tutti gli iscritti, “profondamente indignati ignobile distruzione monumento medaglia d’oro Ederle“. Altri messaggi sono giunti dal comitato provinciale di Trento, dalle sezioni dell’associazione di Legnago, Bovolone, S. Ambrogio di Valpolicella e Isola della Scala, dalla sezione veronese dell’associazione volontari di guerra, dall’ispettorato forestale di Verona e dal gen. Santini, presidente del Nastro Azzurro. Al ge. Santini ha indirizzato un telegramma il presidente del Gruppo Medaglie d’oro Antonio Ciamarra: “Vile attentato monumento d’oro Carlo Ederle non cancella ma esalta valore militare italiano et eroismo decorati. Particolari espressioni solidarietà“.

Come verrà ricostruito il basamento? Con i vecchi pezzi incastonati nel nuovo o tutto ex – novo? La questione verrà discussa domani mercoledì nel corso di una riunione tra il sindaco, le altre autorità interessate, e l’ing. Cesare Tosadori, che, a nome degli industriali e di lavoratori del marmo, all’indomani stesso dell’attentato aveva offerto, con un telegramma al Prefetto, l’immediato e gratuito intervento delle categorie per la rimessa in pristino del monumento a Carlo Ederle. Il nulla osta dell’autorità di polizia è già stato ottenuto. L’opera sarà eseguita entro il più breve tempo.

PARTE PRIMA: (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2023/08/17/succede-a-verona-lattentato-del-4-dicembre-1964/)

PARTE SECONDA.1: (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2023/09/03/succede-a-verona-4-dicembre-1964/)

PARTE SECONDA.2: (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2023/09/03/succede-a-verona-4-dicembre-1964/)

FABIO POZZERLE  “Cronache da oltre frontiera”

FABIO POZZERLE  “Cronache da oltre frontiera”

FABIO POZZERLE  “Cronache da oltre frontiera: storie di guardie, contrabbandieri e … briganti”

Edizioni Vividolomiti · Volume 12,5 x 19 cm · Pagg. 233 · € 18,50 · 2023

di alessandro nobis

La storia “non ufficiale” la si può raccontare in molti modi: attraverso le microstorie di singole persone e di piccoli accadimenti, le esperienze personali, i canti narrativi, le testimonianze arrivate a noi attraverso la trasmissione orale, ed aggiungo a titolo personale lo storytelling, le “graphic novel” e il “burattinismo” · come mi piace chiamare l’arte dei maestri burattinai e pupari ·. Lo scrittore e ricercatore Fabio Pozzerle (nativo di Velo Veronese) sceglie di raccontare in questo volume gli accadimenti svoltisi lungo un importante segmento storico, negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra, fondendo in modo convincente ed equilibrato ricerca scientifica, memoria orale, fantasia ed una notevole capacità descrittiva, a mio avviso i cardini di questo “Cronache da oltre frontiera“. Un volume che si può considerare anche di divulgazione storica e dal valore didattico importante: dal punto di visto geo · antropologico ho trovato interessante ed estremamente utile per inquadrare le vicende narrate · anche per favorire la lettura da parte di coloro che non conoscono direttamente l’area descritta · sia la descrizione della geografia dei luoghi sia la preziosa elaborazione delle memorie come quelle di Attilio Benetti e Adele Pozzo portatori di fatti reali ma anche di fade e dell’antica mitologia lessinica. Inoltre i numerosi riferimenti alla “parlata cimbra” al tempo molto diffusa (oggi si contano circa millecinquecento persone che la parlano distribuite tra Luserna e le Prealpi veronesi e vicentine) e la descrizione dei “luoghi” antropici aiutano a comprendere bene la vita quotidiana nelle zone di montagna a cavallo del 1900. Come detto, dal punto di vista temporale siamo nel dicembre del 1913 (per essere precisi dal 6 al 25), appena prima quindi del diluvio del primo conflitto mondiale al cui termine verrà spostato il confine con l’Austria al Passo del Brennero: i suoi protagonisti sono contrabbandieri come Pietro ed Andrea, i “pintar” della Regia Guardia di Finanza come il Tenente Biagio Rasponi Sforza aristocratico nobile ravennate, briganti come lo Sfregiato, la montagna e i suoi spesso infidi sentieri soprattutto nei mesi invernali percorrendo i quali diversi finanzieri e contrabbandieri persero la vita come Enrico Caprara e Luigi Pozza ai quali il libro è dedicato, le contrade e le comunità umane che nelle stesse, come quella di Kunech (oggi “Cunego”), vivono da generazioni tramandandosi usi, gesti, lingua e attaccamento alla loro terra.

Si sposta verso nord il confine, finisce il tempo dei contrabbandieri e una nuova crisi economica e conseguente povertà spazza come un uragano la montagna veronese costringendo ad emigrare in pianura oppure oltreoceano uomini e famiglie. Ma questa è un’altra storia.

La trama del romanzo la lascio scoprire a chi avrà la curiosità e la fortuna di leggere “Cronache da oltre frontiera“, scritto con grande passione e competenza da Pozzerle: personalmente l’ho letteralmente divorato stando comodamente seduto su di una vecchia e comoda poltrona ma se voi risalirete nottetempo la Valle di Revolto alle prime luci dell’alba e vi farete trovare tra le rocce di Passo Pertica, sono sicuro che il fantasma di qualche “Tragher” lo vedrete passare di ritorno dalla Val di Ronchi con la pesante “carga” ben riempita sulle spalle. Salutatelo con “Guata tak! Bia Ghezt’z?” E fate attenzione allo Sfregiato ed alla sua banda, mi raccomando …..

SUCCEDE A VERONA “4 dicembre 1964” Parte 2.1

SUCCEDE A VERONA “4 dicembre 1964” Parte 2.1

SUCCEDE A VERONA “4 dicembre 1964”. Parte 2.1

L’Arena di Verona, 5 · 6 · 8 dicembre 1964

Il primo dei due articoli pubblicati dal quotidiano “L’Arena” il 6 dicembre. Foto Vantini.

Due chili di tritolo hanno abbattuto il monumento all’eroe Carlo Ederle

L’ordigno è stato preparato da mani esperte · Lunghe soste di tre giovani presso la stele · Le indagini della polizia

···

Ancora un gesto di violenza. A chi giova? Ogni volta che un atto di teppismo, o di comune delinquenza, sembra ammantarsi di ragioni ideali torna non senza amarezza la domanda e torna la constatazione che i gesti dinamitardi sono soltanto suscitatori di giustissima indignazione e di generale riprovazione, che è impossibile attraverso la violenza allacciare un dialogo civile, sottolineare una protesta. Verona non è nuova a questo delittuoso teppismo e porta fermo nella memoria il ricordo dell’esplosione che alla stazione di Porta Nuova uccise un uomo solo di stare svolgendo il proprio lavoro.

L’esplosione di Borgo Trento, che ieri notte ha tolto bruscamente dal sonno moltissimi veronesi, non ha fatto per fortuna vittime. Ma nel calcolo di colui, o coloro, che hanno posto la carica esplosiva non poteva esserci sicurezza su questo punto. L’ora notturna attenuoava solo le porbabilità: una macchina, una persona potevano essere presso il monumento all’atto dell’esplosione. E la carica, come i danni alla stele prima ancora che le perizie balistiche lo dimostrano, era assai forte. Solo il peso e la consistenza del blocco monumentale hanno in qualche modo contenuto la violenza dell’esplosione. Tra le macerie un cartello con alcune parole vergate in tedesco “Libertà per il Sudtirolo”.

Torna la domanda: a chi giova? Aiuta forse le maggioranze della popolazione altoatesina che chiedono solo lavoro e tranquillità, aiuta una chiarificazione tra Italia e Austria sul problma della provincia di Bolzano e della interpretazione del trattato De Gasperi – Grueber? No, questa violenza fa comodo solo ai pazzi e ai visionari, e naturalmente ai delinquenti.

E’ stata prospettata infatti l’ipotesi che il gesto sia frutto di una bravata di qualche elemento irresponsabile e che non abbia quindi alcun addentellato con la situazione altoatesina. E’ una ipotesi da non rifiutare del tutto, anche se rende quasi impossibile tentare di cercare una ragione al gesto. Opera di una pazzo irresponsabile che ha vergato un cartello per alibi? Se per assurdo fosse vero giungeremmo al grottesco di una violenza generata per stupida imitazione da altra violenza.

Comunque concludano le indagini, che si spera fruttuose, rimane per tutti, come profonda motivazione allo sdegno, la condanna di qualunque violenza, di qualunque forma di sterile settarismo all’interno di una società che si definisce e vuole essere civile.

Da ieri notte sono in corso le indagini sull’attentato dinamitardo che ha abbattuto il monumento a Carlo Ederle. Il dott. Moretti e i suoi collaboratori della “squadra politica” stanno vagliando con attenzione tutti gli elementi acquisiti, che sembrano purtroppo di scarso rilievo. Il più valido indizio è per ora costituito dalla vettura coloro grigio topo vista vicino alla stele, invia Anzani, dal metronotte Danilo Conti.

Il vigile notturno aveva notato tre giovani, sui vent’anni, appoggiati all’auto in sosta, una “1100 familiare” di vecchio tipo, con la carrozzeria e i vetri imbrattati di fango e sporchi di polvere. Pochi minuti dopo, mentre il Conti controllava le serrature di un chiosco, il monumento è stato rovesciato dall’esplosione. Il metronotte è accorso, i tre giovani e la “1100” erano spariti.

La testimonianza di un macellaio ha permesso ieri mattina di aggiungere un altro frammento al mosaico che gli inquirenti stanno pazientemente elaborando. Il macellaio alle 19 di venerdì – mancavano dei ore e mezza all’attentato – ha visto transitare in via Goffredo Mameli, dove abita, una “1100 familiare” che risponde in ogni particolare alla descrizione fatta dalla guardia notturna. Ha avuto modo di notarla per un sorpasso azzardato del conducente. La macchina era targata Trento. Ieri, letta sl nostro giornale la cronaca dell’accaduto, il macellaio ha telefonato in questura, riferendo di aver visto la vettura in via Mameli. Sono state immediatamente fornite per le ricerche alla questura e all’Automobile Club di Trento. Nessuna “1100 familiare” risulta rubata in questi giorni. La pista seguita dalla polizia potrebbe dare però buoni frutti permettendo di stabilire la identità del proprietario e le sue responsabilità.

Un nuovo episodio si è appreso ieri. Venerdì pomeriggio, verso le 17, una donna passa per via Anzani, il suo cagnolino le trotterella accanto. In largo Carlo Ederle, c’è un uomo accovacciato ai piedi del monumento. Il cane entra nell’aiuola e gli si avvicina. Da un’auto in sosta si odono due colpi di clacson. L’individuo balza in piedi, scavalca rapidamente il basso recinto dell’aiuola e quasi urta la donna, che per un attimo se lo trova faccia a faccia: è un giovane sui vent’anni, alto circa un metro e sessanta. Corre verso l’auto – di colore grigio scuro – sale precipitosamente e si allontana con i complici. La donna non ha potuto osservare quante persone fossero a bordo della macchina.

Sul posto dell’attentato sono state condotte scrupolose ricerche, ma nessuna traccia utile è stata trovata. L’unico segno lasciato dai dinamitardi è il cartello rinvenuto dopo l’esplosione: il fondo di cartone di una scatola da scarpe, con la scritta in tedesco “Libertà per il Sudtirolo” vergato con lucido da scarpe nero.

L’ordigno che ha fatto saltare il monumento è stato preparato da mani esperte. Non è stata usata miccia. Restano due ipotesi, ugualmente attendibili: un congegno ad orologeria, incorporato nell’esplosivo e completamente distrutto dallo scoppio, o un dispositivo di innesco a reazione chimica. Entrambi i sistemi rivelano una perfetta perizia da aperte degli esecutori dell’odiosa impresa. L’esplosivo adoperato, a quanto si è stabilito dalle tracce carboniose trovate sui frammenti del basamento, era tritolo: si presume che ne siano stati impiegati due chilogrammi. Gli accertamenti sono stati condotti dal maresciallo Rigo, della direzione di artiglieria, e dal col. Emeri. L’ufficiale ha compiuto ieri mattina una sopralluogo insieme al sostituto procuratore della Repubblica dott. Cipriani.

Infilato nella nicchia sotto il piede destro della statua, l’orgigno ha sprigionato nell’anfratto tutta la potenza della carica. Nonostante la violenza dell’esplosione, sono andati in frantumi i vetri delle finestre di una sola casa, lo stabile numero 4 di via Carlo Ederle, dove abita con famiglia l’esercente Bruno Brunelli. Le figlie del quale – dormono in una stanza che ha la finestra su via Ederle – sono state investite da una pioggia di frammenti di vetro. La deflagrazione è stata particolarmente avvertita nella clinica “Villa Lieta” di via Anzani, di fronte a largo Ederle: non si sono comunque avuti veri e propri episodi di panico. Qualche paziente, provato dallo spavento, è stato prontamente assistito e rincuorato.

Qui l’articolo del 5 dicembre: (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2023/08/17/succede-a-verona-lattentato-del-4-dicembre-1964/)

SUCCEDE A VERONA “L’attentato del 4 dicembre 1964”

SUCCEDE A VERONA “L’attentato del 4 dicembre 1964”

SUCCEDE A VERONA “L’attentato del 4 dicembre 1964”

L’Arena di Verona, 5 · 6 · 8 dicembre 1964

Articolo pubblicato dal quotidiano “L’Arena” il 5 dicembre

Distrutto stanotte in un attentato dinamitardo il monumento a Carlo Ederle in Borgo Trento

La potente esplosione si è verificata alle 1.30 ed ha tranciato alla base il blocco di granito dedicato alla Medaglia d’oro della prima guerra mondiale · Trovato tra le macerie un cartello con la scritta: Freiheit für Sudtirol · le indagini della polizia: si ricerca l’autovettura dei terroristi, forse una familiare grigia con tre giovani a bordo · Profonda impressione nel quartiere e qualche episodio di panico nelle strade.

Il monumento a Carlo Ederle, eroe della guerra 1915 – 1918, è stato fatto saltare questa notte con una carica di tritolo posta sotto il basamento. Tra i pezzi di granito è stato trovato un cartello, ricavato dal cartone di una scatola da scarpe con la scritta in tedesco: “Freiheit für Sudtirol”, libertà per il Sudtirolo. Alle 1:25 una paurosa esplosione, avvertita anche in altre zone della città, ha destato di soprassalto gli abitanti di Borgo Trento. Il monumento all’eroe, scolpito su un masso di granito carsico, era nel piccolo giardino di largo Carlo Ederle, tra via Anzani e via Carlo Ederle. La carica di tritolo lo ha ha abbattuto distruggendone completamente il basamento. I dinamitardi avevano introdotto la potente carica di esplosivo in una nicchia ai piedi del monumento. Compressa nell’esiguo spazio, la carica ha avuto una tremenda violenza e ha rovesciato il pesantissimo blocco di granito.

Il primo ad accorrere sul luogo dell’esplosione è stato il metronotte Danilo Conti, dell’istituto “La Vigile”, che stava compiendo in Borgo Trento le consuete ispezioni. Si è fermato un momento presso un abbonato di via Anzani, poi ha ripreso il giro di controllo lungo la stessa via, verso viale dei Mille. Ha notato tre giovani visti anche poco prima, che parlottavano fra loro, appoggiati a un’auto in sosta, una “Fiat 1100 familiare” di colore scuro. All’approssimarsi della guardia i tre – tutti sui 18 – 20 anni – hanno interrotto le loro conversazioni. Danilo Conti ha proseguito, fermandosi qualche decina di metri più avanti per controllare un chiosco. In quel momento è avvenuta la deflagrazione. I tre giovani e la “1100” erano scomparsi. Il metronotte è tornato precipitosamente sui suoi passi, verso il giardino di largo Carlo Ederle. Il monumento era rovesciato sull’aiuola, il basamento era andato in pezzi. Nell’aria, un acre odore di bruciato e di polvere esplosiva. Lo scoppio ha mandato in frantumi con lo spostamento d’aria i vetri delle finestre di alcune abitazioni. Nello stabile più vicino al monumento, al numero 4 di via Carlo Ederle, abita la famiglia dell’esercente Bruno Brunelli di 53 anni.

Le figlie del Brunelli dormono in una stanza che ha le finestre su via Carlo Ederle. “Abbiamo sentito un fragore – ha raccontato Edda Brunelli, 23 anni – e subito sui letti è caduta una pioggia di frammenti di vetro. E’ stato un choc terribile. Abbiamo pensato al terremoto, poi ci siamo rese conto che si era trattato di qualcosa d’altro. Siamo corse alla finestra e abbiamo visto il monumento caduto“.

Sul posto dell’attentato sono giunti il vice – questore dottr Dudine, il commissario dirigente della Mobile dottor Musarra e il dottore Moretti, dirigente della squadra politica. Durante le ricerche degli agenti è stato trovato il cartello lasciato dai dinamitardi: una scritta rozzamente vergata in stampatello, “Freiheit für Sudtirol”. Altre ricerche di tracce nei dintorni non hanno dato esito. In nottata sono iniziate le difficili indagini.

Ier mattina – era il giorno di santa Barbara – c’era stata una cerimonia in largo Carlo Ederle: un gruppo di artiglieri si è recato a rendere omaggio alla memoria dell’eroe, maggiore di artiglieria nella prima guerra mondiale, morto il 4 dicembre 1914. Tra i pezzi di granito è stato trovato un mazzo di fiori, deposto durante la cerimonia.

···

Alle 2:30, non appena accertati i fatti, abbiamo recato la notizia all’avv. Ederle, fratello dell’eroe al quale era intitolato il monumento. Alle nostre parole egli ha così risposto: “Indubbiamente, se risulterà che siano stati effettivamente i terroristi sudtirolesi, non sarà difficile stabilire il nesso che può aver ispirato la loro azione di questa notte. Mio fratello fu tra coloro che maggiormente contribuirono, con il loro sangue ed il loro sacrificio, all’italianità dell’Alto Adige: ed è logico che contro la stese che lo ricorda si sia sfogata la loro inutile vendetta postuma. Il fatto – comunque abbia ad essere interpretato alla luce delle risultanze finali delle indagini – mi addolora profondamente: ma mi è di conforto la certezza che l’esplosivo, se ha potuto svellere un masso, non potrà sicuramente cancellare dal cuore dei veronesi il ricordo di un loro concittadino sacrificatosi per un alto ideale. La testimonianza resta: il monumento risorgerà”.

···

La cerimonia inaugurale del monumento, scolpito in un masso granitico del Carso dello scultore concittadino Vittorio di Colbertaldo, si è svolta il 17 maggio 1959. Erano presenti le maggiori autorità cittadine. Dopo le vibranti parole dell’on. Lembo, presidente dell’associazione artiglieri, seguiva la commemorazione tenuta dal compianto professor Zannoni, che rievocava con felice sintesi le gesta e le virtù di Carlo Ederle.

E’ doveroso ricordare che la grande statua monolitica del peso di 17 tonnellate è stata trasportata a Verona da S. Ambrogio di Valpolicella ove è stata modellata dallo scultore, a cura e con l’assistenza delle truppe americane del comando Setaf, particolarmente attrezzate per questi lavori. La statua era stata sollevata meticolosamente mediante due perni di ferro trasversali e caricata dalla potente gru sul rimorchio lungo 12 metri, all’uopo predisposto. Il viaggio fino a Verona, malgrado alcune curve disagevoli, si è compiuto ottimamente. Pure il collocamento in opera nell’angusto spazio di via Carlo Ederle si erano dovute superare non poche difficoltà stante la presenza di numerosi alberi che circondano la zona.

(continua)

SUCCEDE A VERONA: “Una tragica impressionante sciagura”, 6 giugno 1927, San Giorgio di Valpolicella

SUCCEDE A VERONA: “Una tragica impressionante sciagura”, 6 giugno 1927, San Giorgio di Valpolicella

SUCCEDE A VERONA: “Una tragica impressionante sciagura”, 6 giugno 1927, San Giorgio di Valpolicella

di alessandro nobis

Mi è capitato diverse volte di percorrere la stretta strada che da San Giorgio di Valpolicella conduce all’abitato di Monte ma non avevo mai rivolto la mia attenzione ad un monumento che si trova in corrispondenza di una stretta curva a sinistra. Divorato dalla curiosità durante il mio più recente passaggio sono sceso dall’auto per osservarlo da vicino, quasi un obelisco in rosso ammonitico con otto fotografie, una croce e la data del 6 giugno 1927: è il ricordo delle otto vittime di un pauroso incidente stradale dovuto principalmente alla superficialità ed alla sottovalutazione del rischio.

La cosa mi ha incuriosito non poco, ed ho quindi ricercato sulle pagine del quotidiano L’Arena altre notizie; in effetti il giornale veronese dedicò ben tre articoli al fatto, i giorni 7, 8 e 9 del giugno del 1927. Mi è sembrato doveroso riportare qui di seguito l’articolo pubblicato il giorno seguente, così se lo vorrete quando passerete avrete modo di soffermarvi o di rallentare.

“UNA TRAGICA IMPRESSIONANTE SCIAGURA PRESSO S. AMBROGIO”

Autocarro che precipita da una scarpata – Otto morti e sette feriti

Una gravissima, impressionante notizia giungeva ieri sera verso le 21 in città, causando una impressione penosissima. Essa accennava al capovolgimento di un autocarro, il quale, precipitando da una scarpata stradale in quel di S. Ambrogio aveva causato la morte di parecchi operai, alcuni dei quali appartenenti a quelle sezioni fasciste.

Del fatto si è interessata subito la Federazione e in breve, accorrevano sul sito in automobile spiccate personalità del Partito. La tremenda, disastrosa sciagura era avvenuta subito dopo il calar della sera lungo un tratto di strada in curva che si trova a breve distanza dal suddetto paese, e precisamente in località Fontana Caranzon.

Per venire ai particolari del disastro, diremo che il camion carico di blocchi pesantissimi di marmo, veniva dalle cave di Selva, diretto alla stazione ferroviaria, dovendo i blocchi essere spediti. Al volante era il proprietario del veicolo stesso, Alessandro Toffalori che ora è a contarsi tra le vittime. Aggiungiamo che per concessione dello stesso Toffalori, e come sovente avveniva, sull’autocarro, sedendo sopra i blocchi che essi avevano tolto dalle cave col sudor dei loro sforzi, avevano preso posto una ventina di operai che dovevano tornare alle loro abitazioni dove le famiglie li attendevano per la cena. Giunto il veicolo al punto fatale, si calcola che il guidatore abbia preso male la stretta curva. Una delle ruote, spinta sul ciglio stradale, ha causato il franamento d’un tratto di terreno, cosicchè il camion piegando rapidamente verso quel lato, si capovolse precipitando dalla scarpata nel campo sottostante, profondo circa 12 metri.

Non è a immaginarsi quanto possa essere stata raccapricciante la spaventosa scena che ha presentato poi lo spettacolo impressionante di vedere tutta quella povera gente schiacciata sotto la mole di quei blocchi, pesanti ciascuno parecchi quintali!

All’appello straziante dei feriti, che invocavano soccorso, si sono affrettati sul luogo molti, moltissimi artigiani. L’opera di soccorso fu iniziata tosto con fervore, e purtroppo, di sotto a quei massi, si cominciarono a togliere dei morti! Ciò che straziava l’animo era il penoso lamento dei feriti, che si sentivano oppressi sotto quel peso immane e che avevano chi un braccio, chi una gamba, chi i piedi, orribilmente schiacciati. I morti, tolti man mano di sotto a quella specie di valanga, in un primo tempo vennero adagiati in parte sull’erba, e ciò mentre si procedeva al trasporto dei numerosi feriti. Sul sito frattanto, giungevano fra i primi oltre alle autorità locali, ed ai militi della Croce Verde Righetti, Valente e Pavon, il voce segretario federale dottor Andreis, il sig. Alfredo Lippi, il delegato di zona sig. Talillo, il rag. Bruno Guarise, il fiduciario del Fascio di Parona sig. Pighi.

La scena era straziante! Intere famiglie di lavoratori erano accorse angosciate in cerca dei loro cari e si doveva usare a quegli infelici dolce violenza alla presenza della scena spaventosa.

I primi cadaveri estratti e riconosciuti dalla folla accorsa. sono quelli degli operai Lorenzo Zorzi del Fascio di San Ambrogio, quello del guidatore Toffalori, Pietro Olivieri altro fascista di San Giorgio, Lodovico Crescini, Zorzo Emilio di San Giorgio e Giovanni Coati di S. Ambrogio. Quei miseri corpi presentavano mutilazioni impressionanti, specie alle gambe. I feriti erano tutti gravi; due erano gravissimi. Uno di essi, Olivieri Alessandro del Fascio di San Giorgio, è stato trasportato subito alla propria abitazione, ma purtroppo, poco dopo cessava di vivere senza avere ripreso i sensi. Anche l’operaio Paolo Coato, ferito gravissimamente, è morto un’ora dopo che fu trasportato all’ospedale di Bussolengo, dove, i medici dott. Carteri e dott. Fiorini subito a lui si erano prodigati.

Altri feriti, oggetti di cure premurose dei medici dott. Segattini e dott. Ferrari, sono stati riconosciuti per Giovanni Zorzi, fascista di S. Giorgio, Giuseppe Grigoli, Lionello Coato, Domenico Vassanelli ed Antonio Sartori di S. Ambrogio. Fino a tarda ora, sul luogo del disastro è stato un continuo affluire di gente, la quale ore si interessa moltissimo delle condizioni dei feriti, tra i quali sono dei giovani, dei combattenti, dei padri di famiglia.

Il lutto per la tremenda sciagura è profondissimo in tutto questo vasto territorio. Nelle varie case dove la sciagura ha fatto capolino, sono scene di strazio. Sono bimbi che invocano vanamente il nome del loro papà, sono giovani donne, vecchi genitori, che dovranno indossare le gramaglie, e che nessuno lenimento sentono a tanto dolore dal conforto amorevole che amici cercano loro apportare con ogni premura, con frasi affettuose.

I nomi delle vittime riportate (con foto) sul monumento che riporta la scritta: “Dal lavoro tornanti ai domestici affetti sotto gli avulsi macigni travolti qui perivano“: Coato Gio Batta, anni 31; Conati Paolo, anni 36; Crescini Lodovico, anni 24; Oliviri Alessandro, anni 30; Olivieri Paolo, anni 52; Toffalori Alessandro, anni 30; Zorzi Emilio, anni 37; Zorzi Lorenzo, anni 41

MARCO SONAGLIA “Ballate dalla Grande Recessione”

MARCO SONAGLIA “Ballate dalla Grande Recessione”

MARCO SONAGLIA “Ballate dalla Grande Recessione”

Vrec Records. CD, 2021

di alessandro nobis

Lette le liriche del poeta siculo Salvo Lo Galbo e successivamente ascoltate le musiche di Marco Sonaglia che sono la struttura di questo “Ballate dalla Grande Recessione” mi ronza per la testa, ancora una volta, una domanda: è questo un disco di folk? Non so nulla della “chanson” di Francia alla quale alcuni commentatori vi fanno riferimento, ma il concetto di folk song, ovvero una ballad che racconta una storia vera è quello che più condivido, considerato che le mie frequentazioni musicali si rivolgono alle tradizioni sì italiane ma anche anglosassoni. Arrangiamenti semplici ma efficaci come si conviene, in questo ottimo disco Marco Sonaglia e Salvo Lo Galbo ne raccontano di storie che mi auguro nella migliore delle tradizioni abbiano la forza per durare a lungo nel tempo perchè sono lampi incisivi sulla storia dei nostri giorni; c’è “Ballata per Stefano“, la tragedia del povero Stefano Cucchi che ci racconta della sua sofferenza subita da vivo ed anche una volta morto il 22 ottobre del 2009 (le vergognose parole di Salvini, di Giovanardi eccetera), c’è quella del campo profughi dell’isola di Lesbo dove a migliaia sono ammassati profughi che arrivano da est e dei quali oramai ci si è totalmente dimenticati, sempre a correre dietro a “nuove” tragedie più vendibili giornalisticamente, c’è anche quella, “Ballata dello Zero“. toccante brano per Mimmo Lucano sindaco di Riace eletto democraticamente dato in pasto e massacrato dai media solo perchè cercava una diversa ed originale strada per un’accoglienza dei migranti lontana dal maidstream governativo (ed il ministro dell’Interno era sempre quello sopracitato) o ancora “Ballata per Sacko” che ricorda a noi il sindacalista e bracciante agricolo Sacko Soumalia (visto? Ho già dimenticato la sua terra d’origine, forse il Senegal?) giustiziato nelle campagne di Vibo Valenzia nel 2018 perchè si occupava di aiutare altri come lui. Il movimento operaio, l’Articolo 18, la società capitalistica sono altre tematiche che Sonaglia e Lo Galbo toccano, che devono risvegliare la nostra memoria.

Nel futuro chi si ricorderà di Souka, di Lola, di Stefano o di Mimmo? Questo disco non è una Spoon River italiana, è non solo un monito per noi contemporanei a non dimenticare; modestamente l’ho inteso come una modalità per translare nel futuro la memoria dei giorni nostri alle nuove generazioni che certamente non troveranno queste tematiche sui libri di storia.

Non ci sono più i cantastorie o i fogli volanti a narrare le storie, ci sono canzoni come queste.

MENTANA • VERGERIO • BOSSI: LE GRANDI BATTAGLIE AEREE “Il Pilota Polacco che sfidò la Luftwaffe”

MENTANA • VERGERIO • BOSSI: LE GRANDI BATTAGLIE AEREE “Il Pilota Polacco che sfidò la Luftwaffe”

MENTANA • VERGERIO • BOSSI: LE GRANDI BATTAGLIE AEREE “Il Pilota Polacco che sfidò la Luftwaffe”

Segni D’Autore Edizioni. Volume 30,5 x 24,5 cm. Pagg. 56, 2021. € 20,00

di alessandro nobis

Questo è il secondo episodio della collana “Le grandi battaglie aree” edita dalla casa editrice Segni D’Autore che va a seguire “Il giglio bianco di Stalingrado” edito lo scorso anno (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2020/11/17/laprovitera-%c2%b7vergerio-il-giglio-bianco-di-stalingrado/); storicamente siamo sempre negli anni del secondo conflitto mondiale ma in questo secondo volume la storia che si racconta riguarda il fronte occidentale, in particolare l’importante apporto che i trentamila militari polacchi fuggiti dal loro Paese per l’occupazione nazista diedero soprattutto nei cieli contribuendo alla sconfitta della Luftwaffe, l’aviazione militare a cui capo era Hermann Goering, hitleriano di ferro. Era l’estate del 1940, molti piloti inglesi era caduti in battaglia e vennero sostituiti, non senza perplessità da parte della RAF da 302 polacchi che furono peraltro determinanti nel decidere le stori della battaglia d’Inghilterra che si concluse alla fine dell’ottobre dello stesso anno dimostrando al resto del mondo che l’orda nazista si poteva fermare.

Dove però la protagonista del primo volume era Lydia Litvyak, vissuta realmente, in questo secondo i protagonisti son immaginari, come il giovane Tenente – ex pilota civile –  Marcin Kaczmarek e la sua compagna Claudia, italiana ed anche lei rifugiatasi nel Regno Unito; vere sono le storie dei bombardamenti sulle città tedesche e sopra Londra, vere sono le fiamme che ingurgitavano in piena notte migliaia di civili ed efficacissime le tavole a questi dedicate, non veri ma “molto plausibili” i ricordi che accompagnano la vecchiaia di Marcin e Claudia.

Una graphic novel che si legge in un baleno ma che poi si rilegge subito per scoprire i particolari nascosti tra le pieghe della vicenda, e ciò grazie alle splendide tavole di Luca Vergerio (che aveva disegnato anche il primo volume sceneggiato da Andrea La Provitera) colorate da Ilenia Bossi che hanno saputo nel migliore dei modi tradurre in immagini la sceneggiatura di Umberto Mentana.

In attesa del terzo capitolo, delle terza avventura …..

www.segnidautore.it