GABRIELE POSENATO “Back Home”

GABRIELE POSENATO “Back Home”

GABRIELE POSENATO “Back Home”

Fingerpicking.net. CD, 2020

di Alessandro Nobis

Questo “Back Home” è il disco più recente del chitarrista Gabriele Posenato, membro dell’Associazione ZONACUSTICA e considerato dai colleghi e dagli appassionati uno dei più interessanti strumentisti · compositori degli ultimi anni soprattutto per la scelta di concentrare l’attenzione sulla scrittura di brani lasciando comunque un piccolo spazio alla rilettura di brani di altri compositori; in questo caso Posenato propone una bella rivisitazione di un brano · indicato come bonus track · dell’arpista irlandese Turlogh O’Carolan, “Si Bheag Si Mhor · Sheebeg and Sheemore” versione opportunatamente poco calligrafica e suonata in una diversa tonalità.

Le undici tracce come dicevo sono composizioni originali, tutte caratterizzate da una notevole cantabilità nelle quali la cura con la quale vengono eseguite evidenzia melodie dalla grande delicatezza e pacatezza che risaltano anche dal vivo: qui beninteso non ci sono fiumi di note che si sovrastano l’un altra, la tecnica non è al servizio dell’ostentazione ma è al servizio dell’anima del compositore. “Ritrovarsi” con chitarra e bouzouki dell’amico Stefano Barbati, “Thirty-Six Years Later” che apre il disco e che ne definisce le sue coordinate e “Achab” con le onde dell’oceano che si rifrangono sul Pequod sono i brani che preferisco; questa è musica che solo se ascoltata con grande attenzione “entra” nell’anima di chi ne fruisce. Qualcuno di cui non ricordo il nome durante il recente Open Mic di Verona ha detto “è bello suonare davanti ad un pubblico che ascolta“, considerazione che vale non solo per Gabriele Posenato ma per tanti musicisti chitarristi e non che spesso si trovano a suonare magari talvolta anche consapevolmente davanti ad un pubblico diciamo “distratto”.

Una sorpresa di “Back Home” è il libretto che lo accompagna con undici liriche che il poeta Andrea Ciresola ha scritto per commentare in modo personale i brani del CD, assolutamente da leggere e da apprezzare come tutta la musica contenuta in questi ottimo “Back Home“.

Discografia:

2003 · MODUS VIVENDI

2004 · 36 (ANTOLOGIA, 1 brano)

2007 · 3 GUITARS CLAN  (ANTOLOGIA, 5 brani)

2008 · 4 GUITARS CLAN (ANTOLOGIA, 3 brani)

2009 · WINE AND FEELING

2009 · GUITARS CLAN 5 (ANTOLOGIA, 3 brani)

2010 · 34 VOLTE AMORE (ANTOLOGIA, 1 brano)

2013 · SOFT TOUCH

2015 · FIFTY FIFTHY

2019 · SLIDE FIVE (Weissenborn lap steel solo – edizione limitata)

2020 · BACK HOME

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DOC WATSON “Home Again!”

DOC WATSON “Home Again!”

DOC WATSON “Home Again!”

Vanguard Records. LP, 1967

di alessandro nobis

Del valore di Doc Watson come chitarrista e cantante, di “portatore” e “informatore” oltre che di interprete della tradizione musicale americana è già stato detto tutto da esperti molto più autorevoli di me; importante soffermarsi sul repertorio che Watson propone in questo ennesimo eccellente lavoro datato 1967 in compagnia di Merle Watson e del contrabbassista Russ Savakus. Giusto per ribadire l’attenta scelta del repertorio, ancora una volta.

Storie di incidenti ferroviari, raccontate molte volte nel folk d’oltreoceano, come “The F.F.V.”, scritta da un anonimo afroamericano che racconta vicenda dell’ingegnere George Alley morto il 23 ottobre del 1890 in un disastro avvenuto sulla linea Chesapeake & Ohio causato da una frana e imparata da Doc dalla madre Annie · oralità motore della tradizione · o i canti narrativi di origine anglo · scoto · irlandese come la celeberrima “Matty Groves” (a.k.a. “Little Musgrave“), una murder ballad che narra la storia di una relazione tra un giovane ed una nobildonna finita con l’omicidio dei due ad opera del marito (Child Ballad # 81 e Roud # 52) e come “Georgie” di origine scozzese e dedicata a George Gordon una sorte di un immaginario bandito difensore dei più deboli imparata dal suocero, il violinista Gaither Carlton e presente nella raccolta di Cecil Sharp. Non posso non menzionare “Pretty Saro” una ballata settecentesca di origine inglese ritrovata cento anni or sono nell’area appalachiana dove era stata “portata” dagli emigranti e catalogata nella raccolta Roud al numero 417, che Watson sceglie di interpretare senza accompagnamento come nell’inno religioso imparato dalla nonna paterna Lottie che apre la prima facciata del disco ovvero “Down In The Valley To Pray“, uno spiritual “appalachiano” di origine sconosciuta del quale si trova una traccia scritta in “Jubilee Songs” stampato nel 1872.

Disco davvero straordinario, questo “Home Again!” che in coppia con il precedente “Southbound” del 1966 a mio avviso danno veramente il senso della grandezza di questo chitarrista e cantante oltre che di “informatore” enciclopedico di quella che molti chiamano “americana”.

Alcuni dei brani sono contenuti nella tripla antologia “The Vanguard Years” publicata in compact disc nel 1995.

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Much more authoritative experts than me have already said everything about Doc Watson's value as a guitarist and singer, as a "bearer" and "informer" as well as an interpreter of the American musical tradition; important to dwell on the repertoire that Watson proposes in this umpteenth excellent work dated 1967 in the company of Merle Watson and the double bass player Russ Savakus. Just to reiterate the careful choice of repertoire, once again.

Stories of railway accidents, told many times in overseas folk, such as “The F.F.V.”, written by an anonymous African American who tells the story of engineer George Alley who died on October 23, 1890 in a disaster on the Chesapeake & Ohio line caused by a landslide and Doc learned from his mother Annie (orality engine of tradition) or narrative songs of Anglo Scot Irish origin such as the famous “Matty Groves” (a.k.a. “Little Musgrave”), a murder ballad that tells the story of a relationship between a young man and a noblewoman ended with the murder of the two by her husband (Child Ballad # 81 and Roud # 52) and as “Georgie” of Scottish origin and dedicated to George Gordon a fate of an imaginary bandit defender of the weakest learned from his father-in-law, violinist Gaither Carlton and featured in the collection of Cecil Sharp. I cannot fail to mention “Pretty Saro” an eighteenth-century ballad of English origin found one hundred years ago in the Appalachian area where it had been “brought” by emigrants and cataloged in the Roud collection at number 417, which Watson chooses to interpret without accompaniment as in the religious hymn learned from his paternal grandmother Lottie who opens the first side of the disc or “Down In The Valley To Pray”, an “Appalachian” spiritual of unknown origin of which there is a written trace in “Jubilee Songs” printed in 1872.

Truly an extraordinary record, this “Home Again!” which paired with the previous 1966 “Southbound” in my opinion really give a sense of the greatness of this guitarist and singer as well as an encyclopaedic “informant” of what many call “Americana”.

Some of the songs are contained in the triple anthology “The Vanguard Years” published on compact disc in 1995.

IL DIAPASON incontra GIOVANNI FERRO dell’Associazione Culturale ZONACUSTICA

IL DIAPASON incontra GIOVANNI FERRO dell’Associazione Culturale ZONACUSTICA

IL DIAPASON incontra GIOVANNI FERRO dell’Associazione Culturale ZONACUSTICA

di alessandro nobis

Domenica 12 febbraio presso l’Hotel Touring in Via Quintino Sella a due passi da Piazza delle Erbe a Verona ci sarà l’apertura della nuova sede dell’Associazione Culturale ZONACUSTICA, promotrice nel corso degli anni di iniziative rivolte a chi della chitarra ne ha fatto un mestiere, una passione ed a chi semplicemente ha piacere nell’ascoltare i diversi stili e anime di questo strumento: tra le iniziative più importanti le sedici edizioni di “Chitarre per Sognare” che si svolge in estate a Colognola ai Colli nell’est veronese e gli “Open Mic“, interessanti incontri tra chitarristi che si tengono non solo nel veronese ma anche in altre città come ad esempio quello al Six Bars Jail Club di Firenze nello scorso dicembre.

Sarà appunto un “Open Mic” che nel pomeriggio del 12 febbraio che inaugurerà la nuova sede di ZONACUSTICA.

Per saperne di più sulle attività dell’Associazione abbiamo incontrato il Presidente Giovanni Ferro, naturalmente chitarrista e “motore” di tutte le iniziative passate e future di ZONACUSTICA.

  • Presidente nessuno meglio di lei può raccontare la storia di ZONACUSTICA.

      ZONACUSTICA (che significa, “posto che suona”, alla stregua di “cassa acustica” quindi non strettamente legato alla chitarra e alla musica acustica) nasce nei primi anni 2000 come rassegna di chitarristi in un locale di Cazzano di Tramigna; l’appuntamento era mensile e la formula prevedeva l’alternarsi sul palco di vari esecutori. Da lì l’idea di creare un forum in rete per organizzare le serate, ma anche per parlare di chitarre e scambiare idee, parlare di musica. Vista la larga adesione di appassionati ZONACUSTICA, poi diventò formalmente un’associazione culturale con statuto, codice fiscale etc. Oggi abbiamo una pagina su Facebook e una chat.

  • Al momento quanti sono i musicisti che ne fanno parte ed in quale ambito musicale operano?

Il gruppo conta una settantina di partecipanti, ed è formato da appassionati e da professionisti, semplici ascoltatori e cultori materia. Nel mondo italiano della chitarra acustica tutti ci conoscono.

  • Veniamo al pomeriggio del 12 febbraio, ossia l’inaugurazione della nuova sede. Ci sarà un “Open Mic”. Di cosa si tratta nello specifico?

Il 12 febbraio inauguriamo la nuova sede, che prima era casa mia, ed ora è l’Hotel Touring di Verona; è una gran bella cosa perché significa potersi incontrare in un luogo più adatto dove organizzare concerti e meeting. Quel giorno sarà il “battesimo” della nuova sede è senz’altro oltre a brindare suoneremo.

  • Questi incontri ritengo siano fondamentali momenti di scambio culturale e soprattutto umano che vanno al di là della semplice presentazione della propria musica.

Assolutamente: l’aspetto conviviale e amichevole è al centro di ZONACUSTICA: credo che ci siano tanti modi per fare musica, non solo suonando …

Consideriamo anche chi suona ma non è un professionista: ho visto nostri assidui partecipanti crescere artisticamente fino a potersi esibire in maniera assolutamente professionale per un concerto intero. Questo grazie alla possibilità di salire su un palco, sperimentare la propria musica, raccogliere consigli e critiche. Ci si ascolta, non è poca cosa di questi tempi.

  • Quanti chitarristi saranno presenti all’Hotel Touring?

       Il 12 febbraio prevedo almeno una decina di suonatori e la partecipazione di altri amici di ZONACUSTICA.

  • A questo incontro potranno assistere anche “non chitarristi” e soprattutto “non musicisti”?

Tutti sono benvenuti!

  • E’ necessario prenotare, per chi volesse partecipare come semplice fruitore?

Non serve, andremo ad esaurimento dei posti disponibili.

  • L’Open Mic di Verona sarà un episodio “a sè stante” o pensa che potrà avere una cadenza nel tempo?

Credo che al Touring torneremo sempre ogni qualche mese, ammesso che ci siano adesioni.

  • ZONACUSTICA sta lavorando ad altri progetti per il prossimo futuro? Ci può anticipare qualcosa?

Il 24 giugno ci sarà l’evento annuale più prestigioso, “Chitarre per Sognare” (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2023/01/06/succede-a-verona-chitarre-per-sognare-2023-%c2%b7-ritorno-a-casa/), che dopo un lustro tornerà a svolgersi dove è nato e vissuto per 12 anni: a Colognola ai Colli. Negli anni abbiamo sognato con grandi chitarristi e non solo: cito Duck Baker, Roberto Taufic, Giorgio Cordini, Goran Kuzminac, Giovanni Baglioni, Eleonora Strino, Deborah Kooperman, Val Bonetti, tutti nomi poco conosciuti dal grande pubblico, ma molto prestigiosi per chi si occupa di chitarra acustica, fingerstyle, jazz e di canzoni.

NORMAN BLAKE “Directions”

NORMAN BLAKE “Directions”
NORMAN BLAKE  “Directions”
TAKOMA RECORDS. LP, 1978

di alessandro nobis

"Directions" è il secondo ed ultimo album di Norman Blake pubblicato dalla Takoma dopo l'ottimo "Live at McCabe's" (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/04/25/norman-blake-live-at-mccabes/); nel 1987 vennero pubblicati entrambi sullo stesso CD dalla stessa etichetta.
"Directions" è un disco del duo Nancy & Norman Blake e come questa straordinaria coppia ci ha abituato è una piacevolissima alternanza di tradizionali e di brani originali interpretati in modo straordinario grazie al perfetto equilibrio degli strumenti ad arco o a plettro utilizzati che sono il marchio inconfondibile ed inimitabile dei due musicisti.
Al solito i brani che preferisco sono quelli con la voce di Blake come "The Louisville & Nashville Don't Stop Here Anymore", scritta da Jean Ritchie considerata la madre del folk americano, è un canto narrativo che racconta della crisi economica appalachiana dovuta alla chiusura delle miniere di carbone ed al conseguente isolamento delle piccole comunità del Kentucky accentuato anche dalla soppressione dei treni passeggeri della linea "Louisville & Nashville Railroad Company", "Poor Ellen Smith" una classica ottocentesca "murder ballad" che racconta dell'omicidio di Ellen Smith avvenuto a Winston · Salem nel North Carolina, della cattura e dell'esecuzione del suo assassino ed infine un'altra ballad, "Rake and the Ramblin' Blade" presa dal repertorio dei Carolina Tar Heels che la registrarono nel 1929 e che testimonia, se ce ne dìfosse ancora bisogno, dell'attenzione che Norman Blake dmostra verso questi repertori spesso caduti nell'oblìo ma che sono parte fondamentale della storia culturale americana.
Tra i brani strumentali brillano una bella interpretazione di "White Horse Breakdown" composto da Bill Monroe ma registrato per la prima volta dal suo violinista Kenny Baker nel '72, ma soprattutto ci sono il medley dal sapore irlandese "Loch Lavan Castle · Santa Ana's Retreat · Cattle in the cane" eseguito dal duo chitarre e mandolino e "Uncle sam" impreziosito dagli ottoni di Miles Anderson.
Il CD è quasi introvabile, entrambi gli ellepì (mi riferisco anche a "Live at McCabe's") paradossalmente sono più reperibili sul mercato dell'usato. Buona caccia.

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"Directions" is Norman Blake's second and last album released by Takoma after the excellent "Live at McCabe's" (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/04/25/norman-blake-live-at-mccabes /); in 1987 both were released on the same CD by the same label.
"Directions" is a record by the duo Nancy & Norman Blake and as this extraordinary couple has accustomed us, it is a very pleasant alternation of traditional and original songs interpreted in an extraordinary way thanks to the perfect balance of the stringed or plectrum instruments used which are the unmistakable trademark and inimitable of the two musicians.
As usual, my favorite songs are those with Blake's voice such as "The Louisville & Nashville Don't Stop Here Anymore", written by Jean Ritchie considered the mother of American folk, it is a narrative song that tells of the Appalachian economic crisis due to the closure of the coal mines and the consequent isolation of the small communities of Kentucky accentuated also by the suppression of the passenger trains of the line "Louisville & Nashville Railroad Company", "Poor Ellen Smith" a classic nineteenth-century "murder ballad" which tells of the murder of Ellen Smith occurred in Winston Salem in North Carolina, of the capture and execution of his assassin and finally another ballad, "Rake and the Ramblin' Blade" taken from the repertoire of the Carolina Tar Heels who recorded it in 1929 and which testifies, if there were still need, of the attention that Norman Blake shows towards these repertoires often fallen into oblivion but which are a fundamental part of the cult history american ural.
Among the instrumental pieces shine a beautiful interpretation of "White Horse Breakdown" composed by Bill Monroe but recorded for the first time by his violinist Kenny Baker in '72, but above all there are the Irish-flavored medley "Loch Lavan Castle Santa Ana's Retreat · Cattle in the cane" performed by the guitar and mandolin duo and "Uncle sam" embellished by the brass of Miles Anderson.
The CD is almost unobtainable, both LPs (I'm also referring to "Live at McCabe's") paradoxically are more available on the used market. Good hunting.







GIULIO REDAELLI “Tempo Sospeso”

GIULIO REDAELLI “Tempo Sospeso”

GIULIO REDAELLI “Tempo Sospeso”

AUTOPRODUZIONE. CD, 2022.

di alessandro nobis

Giulio Redaelli, fine chitarrista fingerpicking, fa parte dell’Associazione Zonacustica il che tradotto in semplici parole significa grandi e piccoli significativi festival, altrettanto significative rassegne, club dove le persone sono davvero interessate alla musica che viene suonata sul palco, seminari, session informali il tutto con il comune denominatore lo stile “fingerpicking” con qualche rara intrusione di qualche “flatpicker” e questo “Tempo sospeso” è il suo quarto album dopo “Connemara” del 2008, “Aquiloni” del 2013 e il suo disco d’esordio “Blue-Eyed Duckling” del 2001, tutti autoprodotti.

Senza entrare nei tecnicismi esecutivi per i quali rimando ad altri con più competenze di me, questo è a mio modesto avviso davvero un bel lavoro che conferma il progetto musicale del chitarrista lecchese, ovvero composizione di nuovi brani a fianco di riletture di brani di altri autori, riletture mai troppo calligrafiche con arrangiamenti interessanti per le appropriate scelte timbriche degli strumenti che affiancano in modo discreto ma molto efficace la raffinata e precisa chitarra di Redaelli. A cominciare dal classico del texano Jerry Jeff Walker interpretato anche dalla Nitty Gritty Dirt Band, ovvero “Mr. Bojangles“: qui la scelta è stata quella di accompagnare la voce equilibrata, l’armonica e la chitarra con il calibrato Hammond di Marco Maggi ed il supporto del contrabbasso di Luciano Montanelli e quel che ne risulta è una rilettura intelligente che rispetta l’originale abbandonando gli accenti della country music a favore di un folk intimista e riflessivo che narra la storia di un diseredato conosciuto da J. J. Walker in carcere. “Sheebeg and Sheemore“, quasi un passaggio obbligato per i chitarristi, è uno standard del folk irlandese attribuito all’arpista Turlogh O’Carolan e Redaelli la esegue in completa solitudine in modo impeccabile; tra i brani originali “Foglie nel vento“, le slow air “Colori d’autunno” con la viola di Socrate Verona, l’aria danzante “Foglie al Vento” eseguita in solo e “Forse” con la fisa di Maggi son quelli che tengo a segnalare.

In realtà tutto il disco è estremamente piacevole, agli appassionati chitarra e della buona musica in generale lo consiglio caldamente come consiglio di contattare Giulio Redaelli per l’acquisto e per conoscere le date delle sue performance.

http://www.giulioredaelli.com

LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT “Star From Scratch”

LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT “Star From Scratch”

LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT “Star From Scratch”

Dodicilune Dischi. CD, 2022

di alessandro nobis

A leggerla prima dell’ascolto, la dotta presentazione di Davide Ielmini che accompagna la pubblicazione di questo “Star From Scratch” del compositore · chitarrista Lino Bartolo e della sua Variable Unit, potrebbe quasi intimorire un semplice ascoltatore come chi scrive ma se questa viene letta dopo numerosi ascolti la sua complessità si dipana, come del resto la musica di questi cinque movimenti che costituiscono questo lavoro. Sia chiaro, sono composizioni che necessitano di una grande attenzione per scoprirne i segreti o meglio ancora i dettagli; si gravita nell’ambito della musica contemporanea “sensu strictu” che tanto ha influenzato Bartolo sia durante i suoi studi che nel suo percorso artistico durante il quale, se consideriamo la sua giovane età non deve essere stato così lungo, ha intelligentemente saputo cogliere le lezioni di Shoenberg e Stockhausen come di Threadgill, Minton e Rypdal, linguaggi diversi ma che qui sono mutuati dal talento e dalle idee del compositore. Rigoroso radicalismo mi verrebbe da dire, nel quale le soluzioni timbriche giocano un ruolo fondamentale per colorare sia i momenti “obbligati” che quelli più “liberi”, ed i cinque compagni di viaggio ovvero Anais Drago al violino, Francesca Remigi alla batteria, Andrea Campanella ai clarinetti, Aldo Davide Di Caterino ai flauti e Pietro Corbascio alla tromba sono tra loro complementari e totalmente coinvolti nell’assecondare ed arricchire le idee di Bartolo: gli accordi di chitarra, gli archi e quindi la batteria nell’incipit del movimento conclusivo “Ending“, il clarinetto, il flauto e la batteria che danno il via al suggestivo quarto movimento “Scherzo” o ancora il lungo brano di apertura “Start” (significativi il dialogo chitarra · violino intorno al minuto quattro ed il solo di chitarra sul finire) che già al primo ascolto dà al fruitore le coordinate sulle quali si muove questo interessante progetto, secondo capitolo per la Dodicilune dopo “Don’t Beat a Dead Horse” del 2020. Decisamente da ascoltare e riascoltare ….. poi mi saprete dire.

SUCCEDE A VERONA “Chitarre per sognare 2023 · ritorno a casa”

SUCCEDE A VERONA “Chitarre per sognare 2023 · ritorno a casa”

SUCCEDE A VERONA “Chitarre per sognare 2023 · ritorno a casa”

Colognola ai Colli · Verona, 24 giugno 2023

di alessandro nobis

Per noi amanti della buona musica e della chitarra acustica il 2023 ha già portato una buona, anzi ottima notizia che in parecchi aspettavamo: “Chitarre per Sognare“, serata organizzata con passione e competenza da Giovanni Ferro da sedici anni dedicata alle chitarre, ritorna in occasione della diciassettesima edizione “a casa”, ovvero nel Teatro all’aperto recentemente dedicato al pittore Federico Bellomi (1928 · 2010) di Colognola ai Colli grazie alla locale Amministrazione Comunale dopo cinque edizioni svoltesi alle Terme di Caldiero.

E’ una serata, quella del 24 giugno prossimo, suddivisa in più set che nel corso degli anni ha visto sul palco, ottimizzando con grande oculatezza il budget limitato, grandi strumentisti italiani e internazionali ognuno con il suo stile, con i suoi repertori tradizionali e di nuova composizione; basti citare Duck Baker e Roberto Taufic, Peo Alfonsi e Paola Selva, Karlijn Langendijk e Dario Fornara, Alex Gillan e Franco Morone dando intelligentemente spazio anche a musicisti veronesi come Dado Barbieri, Ciosi e lo stesso Giovanni Ferro del quale, a proposito, aspettiamo il suo secondo album.

Giornate dedicate alla chitarra acustica come questa di Colognola e “Un paese a sei corde” che si tiene nel novarese per non parlare di quelle inopinatamente chiuse come “Acoustic Franciacorta” e “Chitarre” a Pescantina nel veronese svolgono una importante funzione, quella di portare nei piccoli centri il suono di questo strumento e il sapere che tra i fruitori ci sono anche persone che per la prima volta si accostano a visioni diverse della chitarra acustica è già un risultato significativo.

Certo si potrebbero organizzare anche seminari, mostre di liuteria, presentazione di libri specialistici, session negli spazi chiusi di Colognola ai Colli e dintorni, occupare un intero fine settimana: un sogno troppo grande? Dipende a mio avviso solo dalla volontà politica e dalla capacità di reperire fondi per realizzare un progetto di più ampio respiro.

“Solo un sogno” direte voi lettori, ma dico io il titolo della serata è “Chitarre per sognare” o sbaglio?

Intanto complimenti a Giovanni Ferro, a Zonacustica ed al Comune di Colognola ai Colli.

Per il programma della serata, al momento nulla trapela ……

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

FEDERICO MOSCONI “Dreamers and Tides”

AUTOPRODUZIONE. CD, 2021

di alessandro nobis

Negozi “di prossimità” in via di estinzione (i rimasti dovrebbero essere patrimoni dell’UNESCO), distribuzione pressoché assente, di etichette indipendenti in grado di gestire una promozione e conseguente distribuzione se ne stanno perdendo le tracce, le vendite on line di musica autoprodotta e i download digitali, rassegne e festival realmente interessati alle nuove proposte: se vivi in Italia, sei un musicista e speri di poter vivere del tuo talento e della musica che concepisci e realizzi sembra non ci sia speranza. Ti trovi un altro lavoro che sia almeno dignitoso e la tua passione la lasci nelle pieghe del tempo che il lavoro ti consente di sfruttare. Quanto detto calza a mio avviso a pennello se si un musicista che suona musica di avanguardia · intendo quel jazz e dintorni legato all’improvvisazione · o quella definita “ambient” un termine coniato quaranta anni or sono da certo Brian Eno.

L’ho fatta un po’ lunga perchè il percorso artistico di Federico Mosconi, fine chitarrista di consolidata formazione classica dedito da qualche anno alla musica contemporanea “ambient” si riflette almeno in parte in quanto scritto: produzioni centellinate, poche decine di copie fisiche e musica “liquida” · mi tocca purtroppo usale questo temine a mio avviso orribile · disponibile sul web. Come questo ottimo “Dreamers and Tides” pubblicato nel ’21, sei lunghe tracce estremamente amabili all’ascolto che se approfondito rivelano una accurata progettazione degli stessi, dove il suon antico della chitarra classica come nell’introspettivo “Dance of slow waters” viene fatto avvicinare e poi intersecare con il fascino dell’elettronica e dove come nel lungo brano eponimo “Dreamers and Tides” si rivela una stratificazione sonora sia per la presenza della chitarra magistralmente filtrata da sembrare assente con la musica creata dalla “macchina” ispirata dal musicista. La musica contemporanea · la definirei elettronica piuttosto che ambient · non è di facile codificazione lasciando largo spazio alla sensibilità del fruitore e questo è anche il suo fascino, non essendo vincolata come altri idiomi a regole, gabbie esecutive o altro.

Un altro bel lavoro di Federico Mosconi, un peccato che musicisti come lui meriterebbero ben di più che essere “relegati” in una piccola nicchia di “mercato”. L’importante è pervicacemente seguire la propria filosofia senza guardarsi troppo intorno; i suoi estimatori si aspettano altre gemme come questo ” Dreamers And Tides” e personalmente penso che non saranno delusi.

https://federicomosconi.bandcamp.com/album/dreamers-and-tides

JORMA KAUKONEN · TOM CONSTANTEN “Embryonic Journey”

JORMA KAUKONEN · TOM CONSTANTEN “Embryonic Journey”

JORMA KAUKONEN · TOM CONSTANTEN “Embryonic Journey”

Relix Records. CD, 1995

di alessandro nobis

Se hai superato la sessantina e sei, o lo sei stato, un consumatore seriale di vinili, compact disc e cassette, ti sarà capitato senz’altro di acquistare almeno un disco diciamo così “bizzarro”: non dico che sei pentito di averlo preso ma almeno una volta ti sarai chiesto “ma a questi come gli è venuto in mente di pubblicare una roba del genere?”.

Nella mia discoteca vince a mani basse questo lavoro del chitarrista dei Jefferson Airplane e degli Hot Tuna Jorma Kaukonen ed il primo tastierista dei Grateful Dead Tom Constanten con il gruppo californiano dal ’68 al ’70; si tratta di undici versioni del brano “Embryonic Journey” (in origine su “Surrealistic Pillow” dei J.A.) che svelò a molti il delicato fingerpicking di Kaukonen, un brano che il chitarrista ha fortunatamente mantenuto nel repertorio live a lungo, molto a lungo (mezzo secolo?).

New York, 1985 Sound Tek Studios: i due musicisti si chiudono all’interno e suonano · risuonano ·  modificano · sperimentano · azzardano nuove riletture e nuovi suoni di questo brano iconico che nella versione originale pare a molti perfetto, intoccabile, un banco di prova per i chitarristi finger·picking, e la Relix Records con la produzione di Michael Falzarano a lavoro terminato ne stamperà cinquemila copie. Tra le diverse versioni del brano non posso non segnalare quella più vicina all’originale del 1967 che apre il cd e tra le altre quella eseguita da Kaukonen e Constanten al pianoforte acustico e qui chiamata “The Perfect Embryonic Journey”; quella che non aspetti è la bonus track “A Midi Orchestration Embyonic Journey“, arrangiamento bizzarro per un disco bizzarro solo per completisti.

THE RISING FAWN STRING ENSEMBLE “Full Moon on the Farm”

THE RISING FAWN STRING ENSEMBLE “Full Moon on the Farm”

THE RISING FAWN STRING ENSEMBLE “Full Moon on the Farm”

Rounder Records. LP, 1981

di alessandro nobis

Full Moon on the Farm” è il secondo album del Rising Fawn String Ensemble ed alla sua realizzazione contribuiscono oltre a Norman, Nancy Blake e James Bryan al violino con l’aggiunta, in sei brani, dell’amico e gran chitarrista · violinista Charlie Collins. Al di là della straordinaria quanto unica combinazione di strumenti e dell’equilibrio degli arrangiamenti, il repertorio è un intelligente mosaico di brani originali, di tradizionali e di riletture di brani altrui come nella migliore tradizione delle registrazioni di Norman Blake. Splendidi gli originali “Ispirati” dalla tradizione come “Nancy’s Hornpipe” (una danza di origine medioevale ancora suonata nelle isole britanniche)  composta da Norman Blake per mandolino, violoncello, violino e chitarra (Charlie Collins), “Davenport March” · sempre di Norman · composta “alla maniera” di Bill Monroe, e ancora un brano di Nancy, “Texola Waltz“, struggente valzer nel quale fa capolino l’accordeon dell’autrice. Tra le riletture di tradizionali voglio citare un gospel scritto nel 1893 da Charlie D. Tillman, “Diamonds in the Rough“: Blake scrive che il suo sogno sarebbe quello di ritornare negli anni Trenta con questo ensemble a suonare nelle strade della provincia americana e se possibile vorrei partecipare a questo viaggio temporale……. Due brani proposti sono tratti da “Fiddler’s Tune Book, Volume One” ovvero “Jacky Tar” e “Gilderoy” entrambi eseguiti in trio (Mandolino, violino e chitarra) e da ultimo sottolineo l’efficacia dell’arrangiamento di un brano scritto da Kenny Baker, “Salty” dedicato al violinista del Kentucky per decenni nei Bluegrass Boys di Bill Monroe.

Dimenticavo che “OBC #3” è in realtà “Old Brown Case” uno dei più bei brani scritti ba blake qui eseguito con Nancy al Violoncello e Bryan al violino, strepitosa esecuzione quanto quella che si trova nel disco con Vassar Clements, Dave Holland e amici (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2021/09/21/suoni-riemersi-blake-%c2%b7-taylor-%c2%b7-bush-%c2%b7-robins-%c2%b7-clements-%c2%b7-holland-%c2%b7-burns/).

Dello straordinario Rising Fawn String Ensemble avevo parlato anche qui:

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/08/08/norman-blake-the-rising-fawn-string-ensemble/) 1981

(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2022/01/06/the-rising-fawn-string-ensemble-original-underground-music-from-the-mysterious-south/) 1982