GIANNI NOCENZI “Miniature”

GIANNI NOCENZI “Miniature”

GIANNI NOCENZI “Miniature”

GMbooks, 2016.

di Alessandro Nobis

Era parecchio che attendevo la pubblicazione di un lavoro di Gianni Nocenzi per solo pianoforte; un po’ perché ho sempre apprezzato il suo lavoro all’interno del gruppo che aveva fondato qualche decennio fa, un po’ perché uno degli aspetti che mi ha sempre intrigato della musica chiamata rock progressivo riguarda la capacità dei pianisti di astrarsi rispetto alla band e di comporre ed eseguire brani al solo pianoforte (mi era piaciuta parecchio, ad esempio la rilettura di una versione ridotta di “Close to Edge” al pianoforte di Wakeman, peraltro mai pubblicata). In questo “Miniature” – e sgombro il campo da facili fraintendimenti – non ci sono riletture (eventualmente anche legittime) dei brani della prima fase del Banco del Mutuo Soccorso, ma nuove composizioni – sei per la precisione – che ci regalano l’aspetto più intimista e lirico del pianista romano, ricordo autore degli spartiti più significativi del Bancoalmeno fino a “Io sono nato libero” e presumibilmente composti al pianoforte,  (e qui il cerchio si chiude).gianni-nocenzi_cover-miniature-600x600

Questo è un disco dalla bellezza sopraffina e dalla profonda sostanza, senza tanti orpelli che rende pieno merito non solo alla bravura tecnica di Gianni Nocenzi, ma anche alla sua fertile vena di autore: composizioni stringate e ricche di passaggi e sfumature che ricordano agli ascoltatori che ebbero la fortuna di vivere l’adolescenza in quegli anni l’avventura di quello straordinario gruppo – in “Farfalle” spuntano note che mi ricordano “750.000 anni …. fa l’amore?” e “Danza dei Grandi rettili” e presentano agli altri un importante musicista capace di comporre e suonare brani di pura bellezza come “Engelhart” o il brano di chiusura “Ninnananna di Cosmo”.

Gran bel disco, da ascoltare in silenzio. Lo apprezzerete. Se invece ascoltate musica mentre sbrigate le faccende di casa o fate dell’altro, allora avete sbagliato indirizzo: in questo caso rivolgetevi ad altri suonatori di pianoforte.

 

 

 

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BAIA TRIO “Coucanha”

BAIA TRIO “Coucanha”

BAIA TRIO “Coucanha”

  1. RoxRecords, 2016.

di Alessandro Nobis

Con l’avvento dei mezzi di riproduzione sonora meccanici ed in particolare delle musicassette, la contestualizzazione della musica suonata dal vivo in accompagnamento al ballo popolare è andata scemando molto velocemente, conservandosi solamente in aree extraurbane e considerate culturalmente e tecnologicamente arretrate. Dalla fine degli anni sessanta, la musica nata per quella funzione si è poco a poco evoluta e trasformata in musica da ascolto, grazie anche a nuovi arrangiamenti, l’utilizzo di strumenti alloctoni e la composizione di nuove melodie. Questo per raccontarvi che il repertorio del raffinatissimo Baìa Trio, autodefinitosi “trio di musica a ballo” e costituito dal chitarrista Negro Enrico (ottimo il suo recente “La memoria dell’acqua), dal ghirondista Francesco Busso e dal violinista cantante Gabriele Ferrero, comprende danze dell’area piemontese e francese coprendo un territorio che va da quello delle 4 Province (“Polka in La minore” dal repertorio di Stefano Valla) al Connemara irlandese (“Suite di circoli”).

Coucanha è davvero un disco ben riuscito, non solamente per la tecnica sopraffina dei tre – dote fondamentale soprattutto nelle situazioni di BalFolk – ma per il grande piacere che si prova ascoltandolo anche comodamente seduti su di un divano: repertorio vario, suono d’insieme molto ben calibrato e curato viste le tre spiccate personalità di Busto, Ferrero e Negro, perfette tessiture tra i suoni degli strumenti; insomma un disco consigliato sia agli adepti del ballo popolare – che faticheranno non poco a rispettare i ritmi metronometrici suonati – che agli appassionati della musica acustica tradizionale e di derivazione. Bellissimo, il superlativo è d’obbligo.

http://www.roxrecords.it

 

 

 

GB PROJECT “In The Bloom”

GB PROJECT “In The Bloom”

GB PROJECT “In The Bloom”

AlfaMusic, Distribuzione EGEA, 2016.

di Alessandro Nobis

Alessandro Scala (sax soprano), Piero Simoncini (contrabbasso), Michele Iaia (batteria) e Gilberto Mazzotti (pianoforte e composizione) sono un ottimo quartetto jazz che ha pubblicato recentemente questo compact disc per la AlfaMusic.

Se amate le avanguardie o le sfrenate corse del free jazz questo lavoro potrebbe non ruotare attorno ai vostri interessi, ma se amate del buon jazz che percorre i sicuri e luminosi territori del mainstream, allora gusterete “a piene orecchie” le composizioni del pianista ravennate contenute qui, in questo “In the Bloom”. gb-projectSette scritture con ognuna una sua storia, una sua personalità e che rendono l’idea delle influenze musicali che le hanno sviluppate: ci sono i “quadrati” ritmi funky di “Funk Joy”, quelli sudamericani di “Salsa Marina”, le ballad come “Waltz for you” e “Light” con le sempre straordinarie coloriture della fisarmonica di Simone Zanchini (musicista che avevo apprezzato anni fa quando suonò a Verona con la Tamara Obrovac e mio avviso con Fausto Beccalossi il più interessante specialista della fisarmonica “jazz” in circolazione – a parte Gianni Coscia naturalmente -) che con grande gusto ed originalità si pone come il valor aggiunto alle due composizioni di Mazzotti.

Insomma un bel disco – un altro – di jazz italiano nel filone come detto mainstream per un gruppo che se saprà proseguirà nel suo cammino potrà farsi apprezzare anche dai più esigenti appassionati della musica afroamericana.

 

 

 

THE LONG HELLO “The Long hello”

THE LONG HELLO “The Long hello”

THE LONG HELLO “The Long hello”

UNITED ARTISTS, ITALIA, 1974 – AUTOPRODUZIONE UK, 1976. LP.

di alessandro nobis

Nel 1974 esce in Italia questo album, “The Long Hello” che contiene le session registrate l’anno precedente da un formidabile gruppo con David Jackson ai fiati, il pluristrumentista Hugh Banton, Nic Potter al basso, Guy Evans alla batteria e l’italianissimo – veronese per la precisione – Piero Messina alle chitarre. Tutti i Van Der Graaf Generator meno uno (Peter Hammill ovviamente) che, presa una pausa – lunga – dal gruppo madre, decisero di registrare questo bel disco strumentale troppo dimenticato e sparito dalla circolazione appena dopo la sua pubblicazione nel 1976 nel Regno Unito, con copertina diversa, quella bianca.r-1345345-1331367669-jpeg

Un gruppo che con questa line-up (vi appare anche la chitarra di Ced Curtis) produrrà solo questo album che da allora in poi verrà accreditato quasi ovunque a Jackson – Banton – Evans considerando il compositore e chitarrista italiano come “amico”. In realtà l’apporto di Messina non è per nulla trascurabile, anzi: due brani originali (“The O Flat Session” e “Fairhazel Gardens” scritta a quattro mani con Jackson) e la costante e deliziosa presenza della sua chitarra classica oltre al suo raffinato gusto danno una chiara impronta alla musica, ancora fresca e molto piacevole nonostante i quarant’anni passati, di “The Long Hello” che in alcuni momenti ricorda sì quella dei VDGG ma anche quella di un altro gran bel gruppo dell’epoca, gli Audience di Howard Werth per il ruolo e la bellezza dei fraseggi chitarristici e degli arrangiamenti.

E per cortesia, diamo finalmente a Piero Messina ciò che è di Piero Messina: nella nostra città musicisti di questa qualità ne abbiamo visti davvero pochi.

Un ottimo disco, da riascoltare – anche su YouTube – nonostante l’audio diciamo così non eccelso, anche se resta il rammarico di non aver avuto l’occasione di ascoltare questo gruppo dal vivo perché credo non sia mai salito su di un palco. Chissà che magìa sonora.

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE “Charles Avison: Concerti Grossi after Scarlatti”

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE “Charles Avison: Concerti Grossi after Scarlatti”

ACCADEMIA MANDOLINISTICA PUGLIESE “Charles Avison: Concerti Grossi after Scarlatti”. Digressione Music, 2016.

di Alessandro Nobis

Le orchestrine e orchestre di plettri, fino a qualche decennio fa parecchio diffuse sul territorio, hanno avuto la funzione di aggregazione tra persone e musicisti dilettanti, amatoriali e professionisti e soprattutto il merito di diffondere tra le classi meno abbienti – che non si potevano permettere radio e concerti – canzoni, arie d’opera e danze di musica tradizionale. L’Accademia Mandolinistica Pugliese, diretta dal Maestro Leonardo Leospalluti, prosegue nella tradizione di quelle antiche orchestre (bellissimo il doppio CD “I suoni del Barbiere” del 2011) confermando anche con questo lavoro l’altissima qualità raggiunta sia nella scelta delle musiche da proporre che nella capacità espressiva ed esecutiva.charlesavison

Il periodo barocco è stato così ricco – quantitativamente che qualitativamente – che molti sono i compositori che sono a lungo restati all’ombra dei geni espressi durante quel periodo storico; in questo Cd si narra in particolare la storia di Domenico Scarlatti, di Thomas Roseingrave e di Charles Avison.

Scarlatti, classe 1685, figlio del più celebre ed autoritario Alessandro, lascia Napoli e si trasferisce a Venezia dove conosce e frequenta Antonio Vivaldi e Georg Fredrick Haendel ma soprattutto un musicista irlandese, Thomas Roseingrave che, anche se ripetutamente battuto in duelli musicali da Scarlatti, ritornando a Londra cavallerescamente riporta la sua sfrenata ammirazione per il compositore italiano. Tant’è che nel 1739 l’irlandese pubblica le rivoluzionarie dodici sonate scarlattiane considerate spartiacque della musica barocca per essere state composte staccandosi dai dettami della musica sacra e sviluppando invece spunti provenienti dal sapere musicale del suo autore come ad esempio le tradizioni musicali dei luoghi ove Scarlatti aveva vissuto.

Roseingrave fa conoscere le sonate per clavicembalo ad un amico, il londinese Charles Avison – animatore culturale, organizzatore di concerti e compositore -, che dopo cinque anni pubblica i suoi dodici concerti ispirati dalle sonate per clavicembalo di Scarlatti aggiungendo sapientemente alcuni movimenti e talvolta modificando le tonalità.

I sei concerti contenuti in questo lavoro  – secondo me veramente importante – hanno come protagonista solista il superlativo mandolino a quattro cori di Mauro Squillante, e il mandolino potrebbe essere lo strumento melodico che accompagnava originariamente il clavicembalo nelle partiture originali, almeno secondo il direttore dell’Accademia Mandolinistica Pugliese Leonardo Leospalluti.

Non per ripetermi, ma se vi è rimasto un briciolo di curiosità………….

www.digressionemusic.it

NICO MORELLI “Un[FOLK]ettable Two”

NICO MORELLI “Un[FOLK]ettable Two”

NICO MORELLI “Un[FOLK]ettable Two”

Cristal Records – Puglia Sounds, 2016. Distribuzione Harmonia Mundi

di Alessandro Nobis

Talentuoso pianista e compositore tarantino, Nico Morelli con questo suo “Un[Folk]ettable Two” – gioco di parole che poco nasconde le sue intenzioni – fa fare un altro passo in avanti al processo di “integrazione” tra gli stilemi della musica afroamericana e quelli della tradizione popolare pugliese, grazie anche all’incontro con l’etnomusicologa Flavia Gervasi. Interazione con la quale molti si sono cimentati con esiti non sempre felicissimi, ma Nico Morelli ha trovato una sua strada originale riuscendo a non far stridere, ma invece ad incrociarsi e compenetrarsi osmoticamente questi linguaggi così diversi. Quattro i brani di tradizione popolare e proprio quello di apertura, una “Tarantella del Gargano”, può essere considerato come il manifesto del progetto “Un[FOLK]ettable”: intro di contrabbasso, ritmo di tarantella che, all’entrata della batteria di Mimmo Campanale si trasforma in jazz con bel solo di pianoforte, un break del tamburello che duetta col piano, melodia di tarantella e conclusione. C’è spazio per i canti narrativi (“Lu Rusciu De Lu Mare” con l’inserimento delle tabla e le voci di Barbara Eramo e Davide Berardi) e vi consiglio anche l’ascolto di “All’Acqua”, tradizionale tramutato sapientemente in jazz. Interessanti anche le composizioni originali, tra le quali ho gradito – molto – la conclusiva ballad “Danza della nebbia”, eseguita in trio con in evidenza il contrabbasso di Camillo Pace.

Non conoscevo Nico Morelli e tantomeno la sua musica, è stata una bella sorpresa avere la possibilità di ascoltare il suo progetto registrato in Italia ma stampato in Francia e distribuito dalla prestigiosa Harmonia Mundi. Mah!

 

PEKKA POHJOLA “Mathematician’s Air Display”

PEKKA POHJOLA “Mathematician’s Air Display”

PEKKA POHJOLA “Mathematician’s Air Display”

VIRGIN RECORDS, 1977. LP.

di alessandro nobis

Pubblicato nel 1977 dall’allora lungimirante Virgin Records di Richard Branson, “Mathematician’s Air Display” (titolo originale “Keesoje Lehto”) è il terzo album del violinista e pianista di Helsinki, poi ripubblicato svariate volte con diversi titoli e talvolta accreditato al solo Mike Oldfield (Olanda, 1981) che oltre a suonarvi in alcuni brani ebbe la funzione di co-produttore.

Erano quelli gli anni che registravano l’inizio della parabola discendente del prog inglese ed anche quelli nei quali gli appassionati ed anche le etichette discografiche cercavano fuori dal Regno Unito musicisti e gruppi talentuosi da produrre e promuovere; fu così che Branson trovò in Finlandia Pekka Pohjola, ottimo musicista con una solida preparazione classica e con alle spalle una discreta discografia (due album solisti ed altrettanti con la band Wigwam).

pekkaQuesto è probabilmente il lavoro più significativo di Pohjola e se non altro quello che gli diede una certa notorietà in Europa visto che fu pubblicato in molti Paesi; siamo sempre nell’ambito di un progressive orientato verso certo jazz di stampo britannico, e la suite divisa in tre parti “Consequences of head Bending” è la composizione di più ampio respiro nella quale – oltre alla batteria del “Gong” Pierre Morlen – è evidentissimo il contributo della chitarra di Oldfield e la sua influenza  – direi piuttosto la mano pesante – in fase di arrangiamento e produzione.

“Mathematician’s Air Display” resta ancora un album che ascolto molto volentieri ed è la dimostrazione che in quella metà dei Settanta in ambito prog “c’era qualcosa di molto interessante anche al di fuori della terra d’Albione”.

CILLIAN VALLELY “The Raven’s Rock”

CILLIAN VALLELY “The Raven’s Rock”

CILLIAN VALLELY “The Raven’s Rock”

Copperplate Records, 2016

di Alessandro Nobis

Figlio di Eithne e Brian Vallely, capostipiti di una delle famiglie che più si sono adoperate e si adoperano tuttora per la divulgazione della tradizione musicale irlandese, Cillian – piper dell’acclamata band Lunasa – è uno dei esponenti più autorevoli delle recenti generazioni di “pipers”, e questo suo primo album solista, “The Raven’s Rock” è un succosissimo antipasto dell’imminente William Kennedy Piping Festival che nel prossimo mese di Novembre si terrà dal 17 al 20 come di consueto ad Armagh, nel nord dell’Irlanda.cillianvallely

Al di là della splendida copertina – “The Rambling Piper” dipinto dal padre, autorevolissimo pittore che dipinge le tradizioni della sua terra -, questo lavoro si colloca musicalmente nel profondo solco della musica irlandese, rendendo omaggio ad alcuni padri di questa e contemporanemente proseguendo sul sentiero da loro tracciato attraverso la scrittura di nuovi temi.

Sean O’Riada, Seamus Ennis, Turlogh O’Carolan son alcuni tra i “padri” cui accennavo prima (soprattutto il primo, al quale si deve la rinascita del folk irlandese negli anni Sessanta quando tra il ’61 ed il ’62 fu una figura di rilievo nel Comhaltas Ceoltóirí Éireann), i violinisti Tommy Peoples e Kevin Burke gli autori di due brani ri-arrangiati da Vallely per la cornamusa, il brano che dà il titolo all’album è un bell’esempio di medley tra un’aria di origine bretone ed una composizione originale eseguito in compagnia di Caomihin al pianoforte e “Stormy Hill” un’altra composizione con un delizioso accompagnamento ritmico della chitarra di Sean Og Graham.

Un gran bel lavoro dunque, gli irlandesi legati alla loro musica e gli appassionati di tutto  il mondo possono dormire sonni tranquilli, il perpetuarsi della tradizione è assicurato.

http://www.cillianvallely.com

 

ORIANA CIVILE “Canto di una vita qualunque ”

ORIANA CIVILE “Canto di una vita qualunque ”

ORIANA CIVILE “Canto di una vita qualunque
”

AUTOPRODUZIONE, CD, 2016

di Alessandro Nobis

“Canto di una vita qualunque” è il titolo di uno spettacolo di teatro – canzone che narra il ciclo della vita nella tradizione siciliana attraverso quella di don Ciccino, contadino dei Monti Nebrodi che la bravissima Oriana Civile, messinese, ha rappresentato già in molti teatri con notevoli apprezzamenti. Apprezzamenti sempre accompagnati dalla legittima richiesta di acquistare il Cd dopo lo spettacolo, richiesta soddisfatta con la pubblicazione di questo “Canto”, omaggio alla secolare tradizione popolare realizzato dal punto di vista musicale con cristallina semplicità, quella semplicità che è sempre stata al centro – e spesso fortunatamente lo è ancora – di quella che viene appunto chiamata “cultura popolare”.cover170x170

Accomodatevi sulla vostra poltrona ed immergetevi nelle parole e nella musica: attraverso la vita di don Ciccino scoprirete tutto “l’arsenale” che nei secoli la cultura orale ci ha regalato. Ninnenanne, canti narrativi, filastrocche, canti nuziali, satirici e lamentazioni funebri, riti che hanno sempre accompagnato la vita delle persone e che naturalmente sono presenti non solamente nel messinese ma in tutte le comunità antropiche.

Bastano una chitarra, una splendida voce, il profondo desiderio di scoprire le proprie radici e di riportarle ai nostri tempi per realizzare un piccolo capolavoro come questo “Canto di una vita qualunque”, disco semplice ma efficace che ti penetra fino al cuore, anche se, per chi non intende l’idioma siculo come chi scrive è un poco complicato comprendere i testi.

Ma se il messaggio arriva lo stesso significa che l’input è potente. E qui lo è per davvero.

http://www.orianacivile.it

pubblicato anche su http://www.folkbulletin.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EVENTI: FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA CHITARRA. Gandino, Val Seriana, Bergamo

EVENTI: FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA CHITARRA. Gandino, Val Seriana, Bergamo

EVENTI: FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA CHITARRA. Gandino, Val Seriana, Bergamo

di Alessandro Nobis

In Val Seriana, nel suggestivo centro storico di Gandino, un tempo ricco di opifici del tessile e che ultimamente ha sofferto della delocalizzazione di alcuni impianti, si terrà nei mesi ottobre e novembre la quinta edizione del prestigioso “Festival Internazionale della Chitarra” organizzato da Gigi Bresciani e dalla sua Geomusic, che da sempre propone anche nella sua terra, la bergamasca, concerti di grande livello sempre in ambienti storici e naturali affascinanti, un modo intelligente di abbinare il paesaggio, l’arte e la storia alla musica di qualità. Da sottolineare inoltre – anche in questa occasione – la proficua collaborazione con l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco locali.

14522976_1405906349422727_999928900618293699_nTre gli appuntamenti in programma, a partire da sabato 22 ottobre con l’esibizione solistica di Karl K. Koch, compositore torinese ma residente in Polonia ispirato dalla musica soprattutto russa dei secoli diciannovesimo e ventesimo. Koch racconta con il suo strumento e attraverso le sue composizioni alcuni degli avvenimenti che hanno segnato fortemente la storia russa dal 1848 all’assedio di Stalingrado, ed anche quella dei movimenti indipendentisti che successivamente hanno cercato di contrastare il dominio sovietico nei paesi del Patto di Varsavia. Uno stile molto raffinato ed improntato su quello classico per un chitarrista invero poco conosciuto che ha fin qui pubblicato un solo album (“1939” del 2012). Un autore – compositore da scoprire.14650708_1405746892772006_8080142262803144701_n

L’undici novembre sarà la volta del trio dell’eccezionale mandolinista Carlo Aonzo – ricordo il suo superlativo “Traversata” del 2001 con Beppe Gambetta e David Grisman – con il contrabbassista Luciano Puppo ed il chitarrista Lorenzo Piccone. Sarà l’occasione per la presentazione di “A Mandolin Journey”, recente pubblicazione del trio, un viaggio come recita il titolo tra la tradizione (italiana ma anche sudamericana) ed il jazz fino alla classica (Aonzo è il mandolinista classico più quotato).

Giovedì ventiquattro novembre si chiuderà il Festival con lo straordinario concerto del gruppo inglese “The Strawbs” in versione acustica: Dave Cousins (voce, chitarra e dulcimer), Dave Lambert (chitarra e voce) e Chas Cronk (chitarra). Gli Strawbs – oltre ad essere stato il gruppo che ha ospitato il tastierista Rick Wakemam prima di entrare negli Yes – sono stato l’ensemble che meglio ha saputo coniugare il folk di matrice inglese con il progressive, incidendo alcune pietre miliari di questo genere (“Drangonfly” del 1970 e “Just a Collection of Antiques and Curiuos” del ’71) e restando inoltre inimitati. Discograficamente sempre attivi come band e individualmente (“Progostic” del 2014 con Adam, figlio di Rick Wakeman, e Moving Pictures di Cousins del 2014), dal vivo presentano oltre ad alcuni classici del loro repertorio anche composizioni più recenti, un’occasione per capire come si è evoluto il suono e le composizioni di questa band nel decenni fino ai nostri giorni.

Il programma:

sabato 22 ottobre h 21: KARL K. KOCH. Auditorium “Maconi” c/o Centro Pastorale, Via Bettera

venerdì 11 novembre h 21: CARLO AONZO TRIO. Biblioteca Comunale “Brignone”

giovedì 24 novembre h 21: ACOUSTIC STRAWBS. Biblioteca Comunale “Brignone”. Ingresso € 10

Info e prenotazioni: http://www.geomusic.com 035/732005