DOC WATSON “Home Again!”

DOC WATSON “Home Again!”

DOC WATSON “Home Again!”

Vanguard Records. LP, 1967

di alessandro nobis

Del valore di Doc Watson come chitarrista e cantante, di “portatore” e “informatore” oltre che di interprete della tradizione musicale americana è già stato detto tutto da esperti molto più autorevoli di me; importante soffermarsi sul repertorio che Watson propone in questo ennesimo eccellente lavoro datato 1967 in compagnia di Merle Watson e del contrabbassista Russ Savakus. Giusto per ribadire l’attenta scelta del repertorio, ancora una volta.

Storie di incidenti ferroviari, raccontate molte volte nel folk d’oltreoceano, come “The F.F.V.”, scritta da un anonimo afroamericano che racconta vicenda dell’ingegnere George Alley morto il 23 ottobre del 1890 in un disastro avvenuto sulla linea Chesapeake & Ohio causato da una frana e imparata da Doc dalla madre Annie · oralità motore della tradizione · o i canti narrativi di origine anglo · scoto · irlandese come la celeberrima “Matty Groves” (a.k.a. “Little Musgrave“), una murder ballad che narra la storia di una relazione tra un giovane ed una nobildonna finita con l’omicidio dei due ad opera del marito (Child Ballad # 81 e Roud # 52) e come “Georgie” di origine scozzese e dedicata a George Gordon una sorte di un immaginario bandito difensore dei più deboli imparata dal suocero, il violinista Gaither Carlton e presente nella raccolta di Cecil Sharp. Non posso non menzionare “Pretty Saro” una ballata settecentesca di origine inglese ritrovata cento anni or sono nell’area appalachiana dove era stata “portata” dagli emigranti e catalogata nella raccolta Roud al numero 417, che Watson sceglie di interpretare senza accompagnamento come nell’inno religioso imparato dalla nonna paterna Lottie che apre la prima facciata del disco ovvero “Down In The Valley To Pray“, uno spiritual “appalachiano” di origine sconosciuta del quale si trova una traccia scritta in “Jubilee Songs” stampato nel 1872.

Disco davvero straordinario, questo “Home Again!” che in coppia con il precedente “Southbound” del 1966 a mio avviso danno veramente il senso della grandezza di questo chitarrista e cantante oltre che di “informatore” enciclopedico di quella che molti chiamano “americana”.

Alcuni dei brani sono contenuti nella tripla antologia “The Vanguard Years” publicata in compact disc nel 1995.

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Much more authoritative experts than me have already said everything about Doc Watson's value as a guitarist and singer, as a "bearer" and "informer" as well as an interpreter of the American musical tradition; important to dwell on the repertoire that Watson proposes in this umpteenth excellent work dated 1967 in the company of Merle Watson and the double bass player Russ Savakus. Just to reiterate the careful choice of repertoire, once again.

Stories of railway accidents, told many times in overseas folk, such as “The F.F.V.”, written by an anonymous African American who tells the story of engineer George Alley who died on October 23, 1890 in a disaster on the Chesapeake & Ohio line caused by a landslide and Doc learned from his mother Annie (orality engine of tradition) or narrative songs of Anglo Scot Irish origin such as the famous “Matty Groves” (a.k.a. “Little Musgrave”), a murder ballad that tells the story of a relationship between a young man and a noblewoman ended with the murder of the two by her husband (Child Ballad # 81 and Roud # 52) and as “Georgie” of Scottish origin and dedicated to George Gordon a fate of an imaginary bandit defender of the weakest learned from his father-in-law, violinist Gaither Carlton and featured in the collection of Cecil Sharp. I cannot fail to mention “Pretty Saro” an eighteenth-century ballad of English origin found one hundred years ago in the Appalachian area where it had been “brought” by emigrants and cataloged in the Roud collection at number 417, which Watson chooses to interpret without accompaniment as in the religious hymn learned from his paternal grandmother Lottie who opens the first side of the disc or “Down In The Valley To Pray”, an “Appalachian” spiritual of unknown origin of which there is a written trace in “Jubilee Songs” printed in 1872.

Truly an extraordinary record, this “Home Again!” which paired with the previous 1966 “Southbound” in my opinion really give a sense of the greatness of this guitarist and singer as well as an encyclopaedic “informant” of what many call “Americana”.

Some of the songs are contained in the triple anthology “The Vanguard Years” published on compact disc in 1995.

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VARIOUS ARTISTS “Canterburied Sounds Volume 1”

VARIOUS ARTISTS “Canterburied Sounds Volume 1”

VARIOUS ARTISTS “Canterburied Sounds Volume 1”

VOICEPRINT RECORDS, CD 1988

Nel 1988 l’inglese Voiceprint sempre attiva ed attenta al panorama musicale inglese legato in qualche modo al jazz, al rock ma anche alla musica improvvisata inizia la pubblicazione di una serie di quattro CD chiamata “Canterburied Sound” (gioco di parole che indica registrazioni “sepolte” rarissime e mai date alle stampe di musicisti del così chiamato “Giro di Canterbury”).

In 1988 the English Voiceprint always active and attentive to the English musical panorama linked in some way to jazz, rock but also improvised music, began the publication of a series of four CDs called "Canterburied Sound" (play on words indicating recordings " buried" very rare and never printed by musicians of the so-called "Canterbury Scene").

Interessante, parecchio intrigante questo primo volume dove si ascoltano le origini di questo “insieme” di musicisti e autori più o meno legati al jazz maistream ma poi capaci di indicare diverse strade musicali che nel tempo li hanno consacrati come autori delle pagine più interessanti e innovative della musica inglese. Le registrazioni qui riportate coprono un arco temporale che dal 1962 al 1968 e si caratterizzano essendo non professionali da una qualità audio che definirei “accettabile” visto il contesto temporale ma da un’importanza storica a mio avviso davvero notevole.

Interesting, quite intriguing this first volume where we hear the origins of this group of musicians and authors more or less linked to mainstream jazz but then able to indicate different musical paths that over time have consecrated them as authors of the most interesting and innovative pages of English music. The recordings shown here cover a period of time from 1962 to 1968 and are characterized by being non-professional by an audio quality that I would define as "acceptable" given the time context but by a truly remarkable historical importance in my opinion.

Sarà una sorpresa per molti ascoltare la rilettura di “Summertime” come è noto brano dei fratelli Gershwin ad opera dei Caravan di Pye Hastings, dei fratelli Sinclair e di Richard Coughlan con un bel assolo all’hammond di David Sinclair, del duo Mike Ratledge · Robert Wyatt che visita il repertorio di Thelonious Monk (“Bolivar Blues“) o del Ratledge d’annata (1964) al pianoforte in “Piano Standards I“. Ci sono naturalmente i seminali  “Wilde Flowers” (Hugh & Brian Hooper, Robert Wyatt e Kevin Ayers) con due demo·tape di “You really Got Me” scritto da Ray Davis dei Kinks e del blues di Dave Clark “Thinking of you Babe” ed il duo Wyatt (chitarra) e Brian Hopper (sassofono) in un brano che sa tanto di improvvisazione informale (“Orientasian“) registrato tra la fine del ’62 e l’inizio del ’63. Infine segnalo il blues elettrico degli “Zobe” di Brian Hopper che suonano “If I Ever Leave You” con la voce e la chitarra di John larner, il trombone di Gordon Larner, l’organo di Frank Larner e la batteria di Ron Huie.

It will be a surprise for many to hear the re-reading of "Summertime" as it is known, a song by the Gershwin brothers by Pye Hastings' Caravan, the Sinclair brothers and Richard Coughlan with a nice hammond solo by David Sinclair, by the duo Mike Ratledge · Robert Wyatt visiting the repertoire of Thelonious Monk ("Bolivar Blues") or the vintage Ratledge (1964) at the piano in "Piano Standards I". There are of course the seminal "Wilde Flowers" (Hugh & Brian Hooper, Robert Wyatt and Kevin Ayers) with two demo tapes of "You really Got Me" written by Ray Davis of the Kinks and Dave Clark's blues "Thinking of you Babe " and the duo Wyatt (guitar) and Brian Hopper (saxophone) in a song that smacks of informal improvisation ("Orientasian") recorded between the end of '62 and the beginning of '63. Finally I point out the electric blues of Brian Hopper's "Zobe" who play "If I Ever Leave You" with John Larner's voice and guitar, Gordon Larner's trombone, Frank Larner's organ and Ron Huie's drums.

Disco importante, il primo di una serie sparita dai radar e mai ristampata come avrebbe invece meritato.

Important disc, the first of a series that disappeared from the radar and never reprinted as it deserved.

1 – CARACAN: FEELIN’, REELIN’, SQUALIN’

2 – WYATT & HOPPER: MUMMIE

3 – DA-DA-DEE / BOLIVAR BLUES :RATLEDGE & WYATT

4 – ORIENTASIA: BRIAN HOPPER / WYATT

5 – YOU REALLY GOT ME: WILDE FLOWERS

6 – THINKING OF YOU BABE: WILDE FLOWERS

7 – MAN IN A DEAF CORNER: BRAIN & HUGH HOPPER

8 – IF I EVER LEAVE YOU: ZOBE

9 – STOP ME & PLAY ONE: WYATT PLUS UNKNOWN GUITAR PLAYER

10 – PIANOI STANDARDS 1: RATLEDGE

11 – BELSIZE PARKED: BRIAN & HUGH HOPPER AND RATLEDGE

12 – SUMMERTIME: CARAVAN

WATSON · HOWARD · PRICE “Old Timey Concert”

WATSON · HOWARD · PRICE “Old Timey Concert”

WATSON · HOWARD · PRICE “Old Timey Concert”

VANGUARD RECORDS. 2LP, 1967 (p. 1977)

di alessandro nobis

Verso la metà degli anni Sessanta i seguaci folk urbano (per intenderci quello di Dylan, Jack Elliott, Van Ronk, Kingston Trio o Phil Ochs) iniziarono a guardare oltre i folk clubs e trovarono il folk rurale che mostrava loro in modo chiarissimo l’origine della musica americana specialmente quella portata oltre oceano dall’emigrazione dalle Isole Britanniche che nelle valli degli Appalachi mise radici e si evolse. Fred Price del Tennessee, Doc Watson e Clint Howard del North Carolina erano tra quelli più seguiti che venivano chiamati a suonare nelle Università e nei luoghi di cultura come ad esempio alla Seattle Folklore Society dove nel 1967 (nella mia copia di stampa francese non è riportata la data esatta, n.d.r.) venne registrato questo importante documento.

Presumibilmente qui è stato pubblicato il concerto nella sua interezza, ventisei brani che rappresentano altrettanti tesori di quella che oggi viene definita “americana” ma che filologicamente è l'”old time music”, il repertorio che si suonava tra le montagne appalachiane, alle feste familiari e alle celebrazioni delle piccole comunità rurali che arrivava direttamente dalle isole britanniche come detto in apertura e veniva tramandata di generazione in generazione e che seppe mescolarsi con altri idiomi come il gospel ed il blues. Così Watson (chitarra, voce, mandolino, banjo ed armonia a bocca), Price (voce e violino) e Howard (voce e chitarra) avevano imparato il repertorio e la tecnica strumentale, direttamente all’interno delle comunità familiari. Il documento ha una notevole importanza storica anche per il repertorio, pescando all’interno del quale segnalo i tradizionali “Fire on the Mountain” e “Reuben’s Train“, arrangiati da Doc Watson con il secondo cantato da Clint Howard, “My mama’s Gone” dal repertorio dei Delmore Brothers e “Footprints in the Snow” da quello dei Monroe Bros., il celeberrimo blues “Corrina Corrina” inciso nel ’28 da Bo Carter e naturalmente quello che chiude il disco ovvero “Will The Circle Be Umbroken“.

GENE CLARK “Sings for you”

GENE CLARK “Sings for you”

GENE CLARK “Sings for you”

OMNIVORE RECORDINGS. CD, LP. 2018

di Alessandro Nobis

La figura di Gene Clark è un’icona di quel genere che ora viene chiamato “americana”, venerato dalla schiera dei numerosi fans ma quasi sconosciuto al grande pubblico. Clark è stato uno dei fondatori dei Byrds con i quali registrò tre album (“Mr. Tambourine Man”, “Turn! Turn! Turn!” e quello omonimo della reunion del ’73 per la Asylum, bellissimo) ed ha avuto una importante carriera solista costellata da gemme quali “The Fantastic Expedition of Dillard & Clark” (1968),  “No Other” (1974) e “Two Sides of every story” (1977); ottimo songwriter apprezzatissimo dai colleghi per le liriche e la purezza delle melodie, la sua arte ritorna oggi alla ribalta con questo disco di inediti che va a coprire il periodo di transizione post Byrds – dei quali era uno dei principali autori ma venne praticamente “fatto fuori” dalle personalità di Jim McGuinn e David Crosby  – tra il lavoro con i Gosdin Brothers e quello già citato con Doug Dillard e Bernie Leadon. Siamo nel 1967 ed i brani qui riportati provengono in parte da un acetato che presenta brani scritti per i “Rose Garden” (sei) e registrati in parte “solo” ed in parte con il gruppo ed otto da una registrazione di fine 1967 in compagnia di Alex De Zoppo al pianoforte ed altri musicisti, probabilmente session men. GENE CLARKQuesti ultimi sono quasi un disco pronto per la postproduzione, brani completati anche negli arrangiamenti che probabilmente dovevano essere pubblicati con il titolo “Sings for you”: registrati per la Liberty sono diventati presto una sorta di Sacro Graal per gli appassionati del genere e quindi per i fans dei Byrds delle origini e di Gene Clark in particolare sono un corpus che va a coprire una fase importante della carriera di questo songwriter originario del Missouri prematuramente scomparso a quarantasette nel 1991, quando gruppi più giovani come i Long Ryders ed i Textones iniziavano ad apprezzare la sua superba musica invitandolo a collaborare con loro.

“Harold Eugene Clark – No Other” recita l’epigrafe sulla sua tomba.

 

 

DAVE VAN RONK “Live at Sir George Williams University 1967”

DAVE VAN RONK “Live at Sir George Williams University 1967”

DAVE VAN RONK “Live at Sir George Williams University 1967”

Justin Time Records. LP, 2018

di Alessandro Nobis

Il più recente Record Store Day, quello per intenderci del 21 aprile, ha visto per lo più la pubblicazione o meglio la ri-pubblicazione di singoli, EP e album oramai fuori catalogo da decenni tradendo un po’ quello spirito secondo il quale in queste occasioni andrebbero pubblicate registrazioni inedite in studio o dal vivo che mai hanno lasciato gli archivi delle case discografiche; incomprensibilmente spesso le ristampe vengono realizzate cambiando misteriosamente anche le copertine originali con altre che danno l’impressione di avere a che fare con dei bootleg, soprattutto quando il materiale è stampato su supporto vinilico per la prima volta.

Un “caso” – di un altro ve ne parlerò in altra occasione – è questo di “Live at Sir George Williams University 1967” del folksinger “urbano” Dave Van Ronk, figura cardine del movimento folk americano al quale venne dedicato dai fratelli Coen il bellissimo film “Inside Llewyn Davis”; questo concerto venne pubblicato nel 1987 – con copertina diversa – ed in questa versione in ellepì è stata aggiunta una versione rimissata di “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell che chiude la seconda facciata.

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La copertina del CD del 1987 nella serie “Collector’s Classics”

Di sicuro chi quella sera era presente, parlo della sera del 27 gennaio nell’auditorio della Sir George Williams University di Toronto, difficilmente   scorderà i due set visto che nel primo si esibiva Reverend Gary Davis e nel secondo il Sindaco di McDougall Street, Dave Van Ronk appunto, con il suo repertorio fatto di blues, di ballads, di classe e di personalità grazie alla sua voce graffiante, alla sua gran tecnica alla chitarra ed alla buona dose di sarcasmo condito da ironia sferzante.

Un disco che fa il paio con “Hear me howl” registrato tre anni prima (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2015/12/27/dave-van-ronk-hear-me-howl/) e che non può mancare nella discoteca di un appassionato del cantautorato newyorkese di quegli anni, vicino a quelli di Eric Von Schmidt, di Ramblin’ Jack Elliott o di Richard & Mimi Farina. “Gambler’s Blues”, “Cocaine”, “Frankie and Albert” o “Song of the Wandering Angus” sono alcuni dei pilastri sui quali si fonda – e reggono ancora bene – il movimento del folk cantautorale americano.

Da avere, anche se, da collezionista, quella inspiegabile copertina grida vendetta ……..

MILES DAVIS “The Bootleg Series volume 5: Freedom Jazz Dance”

MILES DAVIS  “The Bootleg Series volume 5: Freedom Jazz Dance”

MILES DAVIS  “The Bootleg Series volume 5: Freedom Jazz Dance”

COLUMBIA LEGACY 3 CD, 2016.

di Alessandro Nobis

Questo quinto volume della serie “Bootleg” pubblicata dalla Columbia Legacy non deve trarvi in inganno: si tratta non di nuove pubblicazioni ma di materiale già pubblicato nel 1998 dalla benemerita Mosaic Records in uno dei monumentali e succulenti cofanetti in vinile (10 LP in questo caso) – fuori catalogo da tempo – dedicati a Davis, ovvero “The Complete Studio recordings of the Miles Davis Quintet 1965 – June 1968” e contemporaneamente in un Box CD dalla stessa Columbia.190324922390

Detto questo, se non avete alcunchè nella vostra discoteca del dreamteam Carter – Davis – Hancock – Shorter e Williams (nemmeno “Miles Smiles”, per fare un esempio), questo triplo Cd dal prezzo accessibile fa per voi. Tre ore circa di registrazioni, di Alternate Takes, di indicazioni della voce Miles Davis verso i compagni che danno l’idea del work in progress di questo straordinario combo che in meno di quaranta mesi diede alle stampe dischi in studio come quello già citato, “E.S.P.”, “Sorcerer” e “Nefertiti”, oltre a fornire materiale per i seguenti “Miles in the Sky”, “Filles De Kilimanjaro”, “Water Babies” e “Circle in the Round” mentre dal vivo suonava brani del vecchio repertorio.

Come tutti gli appassionati di jazz sanno, siamo di fronte ad uno massimi livelli raggiunti dalla musica afroamericana in assoluto, musica che, come afferma il trombettista inglese Ian Carr nella sua biografia davisiana “servì a definire un’area di astrazione sonora a cui molti musicisti di jazz ancora si riferiscono”.

Per gioco segnalo “Footprints” di Eddie Harris, la shorteriana “Dolores” e “Country Son” dello stesso Davis nella quale la ritmica definisce parti e suono d’assieme.

E’ tutto oro che luccica, grasso che cola, cascata di diamanti, eccetera eccetera………fate un po’ voi.

 

 

 

DAVE SWARBRICK “Rags, Reels & Airs”

DAVE SWARBRICK “Rags, Reels & Airs”

DAVE SWARBRICK

“Rags, Reels & Airs” Topic Records, 1967 – CD 1999

 di Alessandro Nobis

Molto mal volentieri e tristemente, sento il dovere di ricordare la figura del musicista inglese Dave Swarbrick scomparso da poche ore, parlandovi della sua prima opera – targata 1967 – in compagnia dell’amico di sempre Martin Carthy e di Diz Disley. Lo faccio raccontandovi di questo “Rags, Reels & Airs”, prima incisione a suo nome di Swarbrick, allora appena uscito dall’esperienza con lo Ian Campbell Group con il quale aveva iniziato a lavorare come musicista professionista. E’ un disco che mostra in tutta la sua evidenza il progetto del violinista inglese, ovvero quello di proporre la musica tradizionale nata per accompagnare la danza con un piglio personale, rivisitando il folk inglese, quello irlandese e quello americano di origine britannica. Violinista dal suono riconoscibilissimo e mandolinista, ebbe la geniale idea – ed il coraggio – di registrare già nel 1967 un disco per solo violino, facendosi accompagnare in qualche traccia da Carthy o da Disley. Direi che “Gusty’s Frolics” o “The Kid on the Mountain” eseguite in solo, il medley “Bottom of the Pounchbowl” al mandolino e la introduttiva “Spanish Ladies medley” con Martin Carthy ci danno la cifra stilistica di questo straordinario musicista e di un uomo modesto, autoironico ed affabile, come ho avuto il piacere di verificare incontrandolo molti anni fa in occasione di alcuni concerti in duo con Carty, uno dei quali agli Zanni di Bergamo.

Poi vennero i Fairport Convention con Richard Thompson e Sandy Denny: un’altra grande storia da raccontare per il folk non solo europeo, che vide Swarbrick protagonista di alcune incisioni memorabili (“Liege & Lief” o “Full House”) pur mantenendo parallelamente la sua dimensione acustica.

Procuratevi questa incisione, a mio avviso fondamentale. A mio avviso, naturalmente.