LIAM ÓG Ó FLOINN “Out To An Other Side”

LIAM ÓG Ó FLOINN “Out To An Other Side”

LIAM ÓG Ó FLOINN “Out To An Other Side”

TARA Records. CD, 1993

di alessandro nobis

L’influenza di Seoda an Ríadaígh (Sean O’Riada 1931 – 1971)sia sulla riscoperta e lo studio della musica popolare irlandese che sulla possibilità di scrivere nuova musica che rimandi alla tradizione è stato davvero enorme, soprattutto se guardiamo la scrittura di lavori orchestrali, ben documentati ad esempio nel cofanetto “The Essential Collection”. Ecco, ascoltare questo bellissimo lavoro di O’Flynn mi riporta a tratti al lavoro di O’Riada per il grande gusto negli arrangiamenti di Shaun Davey e dello stesso piper, e per l’ariosità e l’importanza del materiale tradizionale scelto. O’Flynn ha radunato una vera e propria orchestra della quale fanno parti molti nomi eccellenti del folk, ma non solo del folk, irlandese come Noel Eccles (batterista dei Moving Hearts), Arty McGlynn, Steve Cooney, Nollaig Casey, The Voice Squad e Sean Keane con naturalmente sempre in evidenza le sontuose e cristalline uilleann pipes di Liam O’Flynn. Dico che la lunga versione di “The Fox Chase”, della quale esistono registrazioni di Seamus Ennis e di Leo Rowsome, è davvero emblematica e descrive alla perfezione lo spirito di “Out to an Other Side”, che sviluppa il tema con una magnifica ed ariosa orchestrazione di Shaun Davey che descrive l’inseguimento ad una volpe e la voce solista, le uilleann pipes, che conducono l’ascoltatore ad immaginare l’inseguimento “condotto” dal corno francese di Fergus O’Carroll. E come spesso accade ci sono riferimenti alla storia, come nella magnifica versione a cappella curata da “The Voice Squad” della folk ballad “After Aughrim’s Great Disaster” che narra la sconfitta irlandese ad Aughrim (1691) ad opera degli orangisti condotti da Re William. Qui O’Flynn ha operato una scelta a mio avviso molto intelligente, lasciando campo libero a The Voice Squad e proponendo la struggente melodia a chiusura del disco, (“John O’Dwyer of the Glen”) eseguita dalla cornamusa accompagnata in modo “discreto” dalle tastiere di Rod McVey. Ultima citazione per la slow air “The Winter’s End” composta da Shaun Davey nel ’92 per una rappresentazione teatrale shakesperiana (“A Winter’s tale”) con la brillante parte di chitarra di Arty McGlynn, l’oboe di Matthew Manning e gli archi in puro stile O’Riada.

Qui una biografia di O’Flynn scritta in occasione della sua prematura scomparsa.

English: (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/03/21/looking-down-from-the-gods-liam-og-o-floinn-14-april-1945-14-march-2018/)

Italiano: (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/03/21/dalla-piccionaia-liam-og-o-floinn-1945-14-marzo-2018/)

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SUONI RIEMERSI: SEAN NUA “The Open Door”

SUONI RIEMERSI: SEAN NUA “The Open Door”

SUONI RIEMERSI: SEAN NUA “The Open Door”

Shanachie Records. CD, 1993

di alessandro nobis

Mi risulta che questo “The Open Door” sia l’unica incisione di questo quartetto irlandese dalla formazione piuttosto atipica visto che comprende due pipers (Joe McHugh e Joe McKenna) accanto all’arpista e vocalist Antoinette McKenna ed al flautista e clarinettista Gerry O’Donnell. Non pensate che la varietà timbrica sia limitata perché i due pipers sono ottimi polistrumentisti ed un notevole contributo lo danno anche il percussionista Mario N’Goma ed il chitarrista Jo Partridge; la musica ha arrangiamenti interessanti ricchi di sfumature sonore, i brani sono tradizionali come si conviene a parte quattro titoli composti dall’arpista e da Joe McKenna come il set “Rapids / Jig of Stops” introdotto dall’arpa e dall’arpeggio di chitarra ai quali per la seconda parte del set si aggrega la brillante cornamusa di McKenna.

Le due uilleann pipes duettano meravigliosamente nel set “Innisheer / The Foggy Dew / Drops of Brandy / The Blasksmith Reel” e nella suite iniziale (“Happy To Meet, Sorry To Part / Cliffs Of Moher / Eaves Dropper”), “Tá Mé ‘Mo Shui” è una ballata tradizionale sull’amore e sul tradimento con la evocativa voce di Antoinette McKenna su di un leggero tappeto elettronico e con un importante ruolo del clarinetto e dell’accordeon, “Clara’s Vale” (un villaggio nella Contea di Wicklow) è una slow air suonata dall’arpa e dal preciso flauto di McKenna con le pipes di McHugh che accompagnano la melodia.

Un progetto, questo dell’ensemble Sean Nua, tra i più interessanti emersi dal panorama irlandese negli anni Novanta ma che ha purtroppo avuto una breve vita; un vero peccato perché i presupposti messi in evidenzia in questo loro unico disco c’erano tutti per imporsi nel frammentato e ricco scrigno della musica tradizionale. E, forse, l’aver pubblicato il disco oltreoceano per la seppur prestigiosa Shanachie  Records ha limitato la sua diffusione in Europa. Ma questa, ripeto, è solo una mia ipotesi.

I SUONATORI DELLE QUATTRO PROVINCE “Racconti a colori”

I SUONATORI DELLE QUATTRO PROVINCE “Racconti a colori”

I SUONATORI DELLE QUATTRO PROVINCE “Racconti a colori”

ROBI DROLI, 1993. CD.

di alessandro nobis

Di tutto l’imponente catalogo dell’etichetta piemontese Robi Droli – così importante nella diffusione della tradizione musicale italiana – il disco al quale più sono affezionato è “Racconti a colori” registrato nel ’93 da uno dei più innovativi ensemble del panorama dell’allora definito folk revival italiano, I Suonatori delle Quattro Province. Affezionato perché mi ha aperto una finestra su di un mondo musicale – quello della tradizione italiana – che fino a quel momento conoscevo in modo puntiforme oltrechè superficiale.

179432_134748646588158_1824848_nQuesta musica così ancestrale e così moderna – e miracolosamente ancora contestualizzata al ciclo della vita – viene geograficamente dalla zone chiamata appunto delle 4 province (Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza) e culturalmente dalla tradizione orale trasmessa di generazione in generazione; qui i portatori sono Maddalena Buscaglia, Jacmo (Giacomo Sala), Gina Guglielmetti e Taramla (Andrea Domenichetti) che hanno “passato il testimone” nelle ottime mani di Franco Guglielmetti (fisarmonica), Stefano Valla (Piffero e canto) e Andrea Masotti (musa, chitarra) ai quali di aggiunge Roberto Sacchi con le sue tastiere  (“Rosso di Marte”) e la sua voce.

La carte vincenti – pur mantenendo un grande rispetto verso i dettami della tradizione – sono la scelta degli strumenti e la loro combinazione che aggiunta alle tastiere sempre efficaci e mai invasive riportano ai tempi attuali tutta questa messe di materiale raccolto dal “pifferaio magico” Stefano Valla che dopo lo scioglimento del gruppo non ha mai cessato di proseguire il suo lavoro di ricerca e di diffusione di questo repertorio fatto di canti, polche, manfrine, valzer e alessandrine.(https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/01/07/stefano-valla-e-daniele-scurati-per-dove-tu-passi/).

Musica bellissima, una delle perle del recupero della tradizione italiana. Riascoltato ancora una volta a ventitrè anni dalla sua pubblicazione mantiene tutta la sua freschezza: chissà se questo seme piantato dai Suonatori è germogliato da qualche altra parte………..fateci sapere, nell’eventualità.