MISSING IN ACTION: NEW EAR’S EVANS AL COHEN, Verona

MISSING IN ACTION: NEW EAR’S EVANS AL COHEN, Verona

MISSING IN ACTION: NEW EAR’S EVANS AL COHEN, Verona

Purtroppo mi tocca ancora una volta dare volentierissimamente spazio ad uno scritto di Beppe Montresor che segnala il concerto di stasera al Cohen, articolo “Missing in Action”, appunto.

Di Beppe Montresor

New Ear’s Evans è il nome del trio protagonista dell’appuntamento con il “Jazz Club” al Cohen di via Scarsellini giovedì 1 febbraio. S’intuisce dunque come obiettivo del gruppo, classicamente un trio, sia un differente approccio alla poetica di Bill Evans, pianista/compositore tra i più influenti e originali protagonisti del jazz moderno, scomparso prematuramente – a soli cinquant’anni – nel 1980. New Ear’s Evans è formato da Giacomo Papetti al contrabbasso, Emanuele Maniscalco al pianoforte (entrambi bresciani), e il veronese Nelide Bandello alla batteria, ma per questa occasione il trio si ridurrà ad un duo.

Bill Evans lasciò il primo grande segno nella storia jazz partecipando alle sessioni dello storico album “Kind of Blue” di Miles Evans nel 1959. Espresse al massimo il lirismo unico del suo pianismo in trio, in particolare quello con Scott LaFaro al contrabbasso e Paul Motian alla batteria. Sue composizioni e interpretazioni come “Blue in Green”, “Waltz for Debbie” o “I Do It For Your Love” sono assurte allo status di grandi classici del jazz. Maniscalco Patetti e Bandello “affondano le mani in un repertorio incantevole a lungo interiorizzato, lo lasciano riaffiorare come un plasma mnemonico…lo sbrandellano, lo ripensano, lo ritessono”. Inizio alle 21,30.

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MISSING IN ACTION: WOOD 3 al COHEN, Verona

MISSING IN ACTION: WOOD 3 al COHEN, Verona

MISSING IN ACTION: WOOD 3 AL COHEN, Verona

di Beppe Montresor

Serata importante quella in programma al Cohen di via Scarsellini stasera alle 21,30 (ingresso libero con consumazione obbligatoria, per chi vuole anche cenare 15 euro prenotazione e info al 347/3234011), per la presentazione del nuovo cd dei Wood 3, uscito a febbraio per la Velut Luna. Tecnicamente si tratta di un esordio di questa sigla che comprende il batterista Andrea Oboe accanto ai due compositori Marco Pasetto (clarinetto basso e ocarina nel brano “Down Spread”) ed Enrico Breanza (chitarra elettrica). Ma il “progetto Wood” che nella sua forma base e sin dalle sue origini s’identifica nel sodalizio Pasetto – Breanza (in questo nuovo album responsabili della composizione di dieci brani su tredici) è un ‘laboratorio’ fecondissimo, avviato nel 1995 (l’album d’esordio, “Strade”, era assegnato al Wood Quartet, con Pasetto e Breanza c’era la sezione ritmica Sabbioni – Zambelli e Mauro Negri ospite speciale), al quale, data la rara combinazione di qualità e quantità della produzione (in varie vesti: dal duo base alla Wood Orchestra per lo splendido “L’attesa” del 2006), sarà un giorno opportuno dedicare magari un saggio o approfondito e corposo compendio. Intanto possiamo senz’altro dire che il laboratorio Wood è tra le realizzazione più significative e sempre di gran gusto di quella scena trasversale, con confini sfumati tra jazz, cameristica, profumi folk (proprio nel senso di tradizione popolare italiana), classica e persino rock. Basti dire che in questo “Wood 3”, oltre ai brani firmati da Pasetto e Breanza (torna, di quest’ultimo, tra l’altro, una nuova versione di “Cinque”, un ‘richiamo’ di continuità con l’album “Lands” del ’96) trovano spazio una “Deus ti salvet Maria”, del barocco settecentesco Bonaventura Licheri, (arrangiamento di Salvatore Maiore, altro prezioso esponente di punta di questa raffinatissima musica “senza confini”) e una convincentissima rilettura della delicatissima (e qui irrobustita) “River Man” del grande cantautore inglese Nick Drake: un poeta della malinconia sottile, cifra stilistica certo non estranea ai Wood, peraltro in questo lavoro a tre più predisposti ad un aggiunta di ritmo, vigore, e alterazioni climatiche rispetto al solito. Permane, comunque, l’altissima qualità e gradevolezza del prodotto, tutto da gustare, e ben fa il critico Angelo Leonardi, nelle note di copertina dell’album, a citare parole di Bill Evans per il quale il jazz è soprattutto faccenda di sentimento, intraducibile con la sola razionalità delle parole. “Wood 3” va assolutamente ascoltato, non spiegato.

DALLA PICCIONAIA: Casa Dismappa, Verona 7 maggio 2017

DALLA PICCIONAIA: Casa Dismappa, Verona 7 maggio 2017

DALLA PICCIONAIA: Casa Dismappa, Verona 7 maggio 2017

di Beppe Montresor. Foto Ida Cassin S.B. (grazie!)

Lo scorso 7 maggio abbiamo assistito ad un house concert  ‘fantastico’ – scusate ma è l’aggettivo che immediatamente ci è venuto a mente – del quartetto formato da Giuliana Bergamaschi (voce), Federico Mosconi (chitarra), Paola Zannoni (violoncello) e Luca Pighi (batteria). Il ‘salotto’ scelto per l’occasione era quello di Casa Dismappa, alias Nicoletta Ferrari, uno spazio nato appositamente per accogliere e ospitare persone con disabilità motorie, in pieno centro a Verona in Corso Portoni Borsari. Una sorta di showcase scelto dal quartetto non solo per allietare gli amici ma anche per far conoscere agli addetti ai lavori, che per qualche motivo ancora non hanno avuto ancora il piacere di conoscerlo, la cristallina bellezza del repertorio in questione, interamente dedicato a brani di Fabrizio De André. Una premessa che dobbiamo fare: consideriamo quella di Fabrizio De André la voce più alta della canzone d’autore italiana e probabilmente tra le più alte anche a livello mondiale. Non vogliamo lanciare confronti sempre impossibili, ma la pulizia vocale, il fraseggio apparentemente piano ma capace di infondere incredibile forza e autorevolezza ad ogni parola pronunciata, il gusto melodico e degli arrangiamenti, ci sembrano elementi tutti compresenti nel canto di De André, addirittura in maggior misura rispetto ad alcuni dei suoi celebrati maestri. C’è chi sostiene che Fabrizio, nella gran parte della sua produzione, è stato via via aiutato da diversi musicisti e autori, e probabilmente è vero. Ma alla fine di tutto il processo creativo magari condiviso con altri, c’erano sempre le sue scelte, nella definizione e nell’interpretazione del pezzo, a renderlo unico e inimitabile. Insomma, per reinterpretare senza rovinare De André occorrono sensibilità particolare nell’approccio mentale e tecnico delle canzoni, lunghe assimilazioni del repertorio selezionato alfine di trovare il giusto equilibrio tra la bellezza degli originali (anche quantitativamente, per noi, nessuno come lui: i pezzi poco riusciti in tutta la discografia di Fabrizio si contano probabilmente su una mano, anche in virtù del suo proverbiale ma riconosciuto perfezionismo) e voglia, comunque, di elaborarne con rispetto riarrangiamenti che non risultino goffi, pretenziosi, o invece troppo scontati. Beh, in tanti anni abbiamo ascoltato molte riproposizioni del materiale di ‘Faber’, alcune anche molto belle e interessanti (così a memoria ricordiamo con piacere album delle sarde Andhira nonché del ‘vituperato’ Morgan), ma forse niente così armoniosamente gratificante come quella ascoltata a Casa Dismappa. Giuliana Bergamaschi è voce meravigliosa di donna senza rivali su questo repertorio, sia per motivi di talento naturale ma soprattutto perché, probabilmente, ha ascoltato e continuato a cantare De André da quando era bambina, e ne restituisce ogni sillaba come fosse un puro distillato, corposo, pregnante e delizioso contemporaneamente. Lo può fare, naturalmente, perché sostenuta da uguale delicatezza e gusto (e in primis naturalmente dalla maestrìa tecnica)dei tre strumentisti del gruppo, con i quali l’ormai lunga collaborazione ha fatto fiorire l’intesa, negli intenti e nella loro realizzazione in tutto il suo splendore. Tutta incantevole la scaletta, con brividi al massimo, personalmente, per “Leggenda di Natale”, “Geordie”, “Megu Megùn”, “Il suonatore Jones”, e “Canzone dell’amore perduto”, una di quelle cose che vorresti non finissero mai.

Bergamaschi Pighi Mosconi Zannono a Casa Dismappa

 

MISSING IN ACTION: “La Festa C’è”. Verona, Caserma Santa Marta 25 Aprile 2017

MISSING IN ACTION: “La Festa C’è”. Verona,  Caserma Santa Marta 25 Aprile 2017

MISSING IN ACTION: “La Festa C’è”. Verona,  Caserma Santa Marta 25 Aprile 2017

di Beppe Montresor. Foto: Courtesy of I.B.S.

E’ lo spirito complessivo di disponibilità alla collaborazione, di messa al bando, una volta tanto, di competitività e narcisismi, l’elemento che caratterizza e più ci piace di “La Festa c’è”, kermesse muzorzi.jpgsicale pomeridiana che anche quest’anno l’Istituto Storico della Resistenza ha organizzato per la celebrazione del 25 aprile alla Caserma Santa Marta. Spirito incarnato perfettamente da strumentisti di grande valore come il chitarrista Claudio Moro o il batterista Luca Pighi, che hanno messo generosamente il proprio talento a disposizione di cantautori e interpreti di diversa espressività. La Festa offre un po’ di tutto, a differenti livelli tecnici e professionali (ci sono musicisti “ a tempo pieno” o quasi ed altri che affrontano l’impegno più come un ‘piacere’ da concedersi una tantum in sintonia, appunto, con la generale rilassata atmosfera dell’occasione). E al di là appunto di diseguali capacità soprattutto dal punto di vista di consuetudine e padronanza scenica, tutti i partecipanti alla kermesse, dal primo all’ultimo, hanno saputo trasmettere lodevoli elementi di condivisione. Spicca sempre, naturalmente, la carismatica caratura assoluta di Deborah Kooperman, chitarrista/cantante di eccellenza tra classici tradizionali del folk angloamericano (“John Henry”, “The Cuckoo”) e il Dylan da brividi di “Tomorrow Is A Long Time” e soprattutto “Masters of War” (come faceva la Baez, Kooperman ‘taglia’ l’ultima strofa, quella più ‘cattiva’ con  i “signori della guerra”). Anche l’Acoustic Duo ( cui per l’occasione si è aggiunto Gianpaolo Zago alla batteria) e Giuliana Bergamaschi sono da tempo forze consolidate di punta sulla scena musicale cittadina. nicolis.jpgNicola Nicolis è l’emblema di un’indomabile coerenza ad un cantautorato di impegno civile tra antimilitarismo e spirito anarchico. Canzone d’autore di marca classica anche per Alberto Guerra, con reminiscenze non solo di De André ma anche da Vecchioni e Gaber. Margherita Zorzi e Andrea Fiorilli, separatamente e insieme, hanno significativamente omaggiato un Woody Guthrie non troppo conosciuto (“Jarama Valley”, sul sacrificio di volontari antifranchisti nella guerra di Spagna) e Leonard Cohen che rese celebre “The Partisan”. Annalisa Buzzola ha concentrato la sua attenzione su canzoni che, in tempi e luoghi diversi, trattavano il tema dell’emigrazione. Alessandra Torricelli ha portato la sua provenienza lirica sul disinvolto swing italiano anni ’30-40 di “Crapa pelada” e “In cerca di te”, e la Contrada Lorì ha concluso la Festa con la sua proverbiale vena coinvolgente e popolaresca scendendo dal palco per cantare e suonare fisicamente in mezzo al pubblico. Al contrario è salito più volte sul palco, a sorpresa, il polistrumentista e cantante Ottavio Giacopuzzi, imprevedibile “cane sciolto” dal branco in disamo dei Lupi della Stecca.

acoustic duo.jpg

MISSING IN ACTION: “Luigi Tenco” di Michele Piacentini, Ed. Imprimatur.

MISSING IN ACTION: “Luigi Tenco” di Michele Piacentini, Ed. Imprimatur.

MISSING IN ACTION: “Luigi Tenco” di Michele Piacentini Ed. Imprimatur. Libreria Feltrinelli, Verona

di Beppe Montresor 

luigi_tenco_fronte_low “Una via di mezzo tra biografia e réportage”, per sottolineare la grandezza di un artista che nella sua canzone parlava di “amore, libertà e democrazia”. Così Enrico de Angelis, alla Libreria Feltrinelli, ha cominciato la presentazione di “Luigi Tenco”, di Michele Piacentini (Imprimatur, 158 pagine, 14 euro), portavoce della famiglia degli eredi del cantautore piemontese e figlio di Tullio Piacentini, uomo di cinema – oltreché antifascista storico –  che a metà anni ’60 girò alcuni filmati musicali (due dei quali con Tenco, “Ho capito che ti amo” e “Io lo so già”) destinati ai cinebox, e sorta di antesignani dei futuri videoclip. Al di là della sua vicinanza con la famiglia Tenco (cioè Graziella, moglie del fratello di Tenco Valentino, e i suoi figli Patrizia e Giuseppe), Piacentini ha assicurato di aver scritto il libro in totale autonomia, con l’idea prioritaria di ‘ripulire’ la figura di Luigi da tutte le falsità e i luoghi comuni (per esempio la ‘leggenda’ del cantautore triste e depresso per antonomasia) che a lui sono stati associati dopo la sua morte al Festival di Sanremo. Naturalmente anche se la presentazione del libro (come una conversazione in serata con Enrico de Angelis e Margherita Zorzi allo Speziale di via Venti Settembre) è stata inserita in una serie di eventi in tutta Italia e a Parigi allo scopo di ricordare vita e compleanno di Tenco – che cade il 21 marzo – più che la sua scomparsa nel gennaio 1967, non si è potuto fare a meno di discutere anche della sua tragica fine, qualificata formalmente dagli atti di polizia come “insano gesto”. Piacentini nel libro ha evidenziato, in totale oggettività, le tante ovvie discrepanza nelle indagini, chiaramente sostenendo l’idea che il “biglietto d’addio” di Tenco trovato nella sua camera da Dalida fosse in realtà un atto di denuncia del guazzabuglio di losche manovre di vario tipo che circolavano dentro e attorno al Festival di Sanremo. Se non si può provare  che Tenco sia stato fisicamente assassinato quella notte tra il 26 e il 27 gennaio, certamente da quel momento è stato immediatamente messo in atto un suo omicidio metaforico da i tanti che hanno tentato di ‘liquidarlo’ come un atto compiuto da un uomo infelice, depresso, squilibrato, forse alterato da abuso di alcol e droghe. Niente di tutto questo in una persona anche al Festival estremamente lucido, analitico, e tutt’altro che sprovveduto, anche se profondamente sincero, onesto, altruista, generoso, intriso di quegli ‘antichi’ valori contadini con cui era stato cresciuto tra i vigneti di Ricaldone, lontano dai vizi, dall’affarismo e dai compromessi (anche con certa malavita) dello show business. Tenco era assolutamente deciso alla pubblica denuncia di tutto questo, idea naturalmente non tollerabile da chi, anche molti suoi colleghi che si sono definiti ‘amici’, di questo sistema era parte attiva o comunque non avversa. Piacentini ha parlato di “colpevoli omertà” o di volute ‘distorsioni’, per diversi motivi, anche da parte di Mogol, Lucio Dalla, Gino Paoli, Bruno Lauzi, solo per citare celebri personaggi della canzone che, pur sapendo, hanno sempre preferito tacere; mostra invece comprensione per Dalida, che a suo giudizio non avrebbe mai superato il senso di colpa per non essere stata, in quel momento, completamente a fianco di Luigi, dalla cui battagliera onestà era pure sinceramente affascinata.

 

MISSING IN ACTION: Orchestra Mosaika alla Basilica di San Zeno, Verona. 26 marzo 2017

MISSING IN ACTION: Orchestra Mosaika alla Basilica di San Zeno, Verona. 26 marzo 2017

MISSING IN ACTION: Mosaika a San Zeno, Verona 26 MARZO 2017

di Beppe Montresor

Ormai ci sentiamo di dirlo senza problemi, l’Orchestra Mosaika diretta dai bravissimi Marco Pasetto e Tommaso Castiglioni, in pochi anni ha saputo crescere in termini progressivamente perentori quanto a definizione del repertorio – bellissimo – e all’amalgama dei suoi componenti. E davvero oggi il particolare e numeroso ensemble multinazionale creato e cresciuto nella nostra città non sfigurerebbe affatto in un ideale confronto con l’Orchestra romana di Piazza Vittorio, cui si è idealmente ispirato sin dagli esordi. Mosaika ha confermato e rafforzato la bontà dell’idea e la massima piacevolezza della sua concretizzazione nel concerto tenuto all’interno dell’abbazia di San Zeno nell’ambito delle due giornate organizzate da varie associazioni scaligere, appunto in Piazza San Zeno, a favore delle tartassate popolazioni del centro Italia tra terremoti e maltempo dei mesi scorsi. Nell’occasione , dato che il programma della giornata includeva le esibizioni di molti altri gruppi, l’orchestra Mosaika ha un po’ contenuto il suo vastissimo repertorio, ma la decina di brani proposti nella solenne cornice di San Zeno è stata più che sufficiente per gratificare al massimo il pubblico che ha riempito la chiesa. La fascinosissima eterogeneità della provenienza storico-geografica dei brani proposti è l’essenza del dna che informa l’ensemble, ma è l’imprevedibilità delle commistioni che confluiscono anche solamente nello spazio di un solo brano a rendere continuamente sorprendente, con rarissime cadute di tensione, un concerto dei Mosaika. E poi l’orchestra – che ha dato adesso alle stampe uno splendido album registrato live nel novembre scorso al Teatro per una società sena pensieri a Peschiera del Garda, con Mauro Ottolini ospite al trombone – dispone di un bel numero di musicisti d’eccellenza, a cominciare dai due arrangiatori/direttori Pasetto e Castiglioni, per proseguire con Aram Iperkdjian (al duduk, il flauto armeno, arcano/evocativo di grandi spazi e silenzi), l’arpista Diane Peters, Rimon Van Mousa da Nazareth e Gaia Fior voci e cori, Claudio Moro alla chitarra, Gabriele Bolcato al flicorno, Virginia Viola voce, Ernesto Sa Silva percussioni, Federico De Vittor pianoforte, Francesco Trespidi ai flauti, solo per citare alcuni dei significativi e applauditi interventi solisti a San Zeno. Tra Armenia e Macedonia, la “Danza Araba” dal “Peer Gynt” di Grieg e canzoni che uniscono matrice araba, ebrea e turca, ci piace ricordare la meravigliosa “Binte” scritta da Emanuele Zanfretta su parole in lingua cimbra o la dolcissima canzone d’amore “El Cartero”, scritta dal colombiano Raul Alzate e cantata dall’”argentina di Pescantina” Virginia Viola. Meritatissimi gli applausi.

 

MISSING IN ACTION: “HOWL” di Ginsberg questa sera al Cohen

MISSING IN ACTION: “HOWL” di Ginsberg questa sera al Cohen

OK. Verona, ieri sera 22 aprile Anno del Signore 2017, era apparentemente inondata di eventi culturali di grande spessore, e quindi ci poteva anche stare che il reading di “Urlo” di Allen Ginsberg – una delle pochissime volte in cui la poesia del poeta americano veniva letta nella sua integrità sin dalla sua pubblicazione – non abbia trovato spazio sulle pagine del quotidiano L’Arena. Tant’è che ho deciso di ospitare nel mio blog l’articolo che Beppe Montresor aveva scritto per l’occasione. Un peccato andasse perduto, vista la competenza e passione come le quali è stato scritto. Lo ringrazio infinitamente perché Montresor è persona di grande cultura e le vicende del Beat Americano le conosce benissimo. E non solo quelle. Non sarà questa l’unica volta che lo leggerete sul ildiapasonblog. Grazie ancora Beppe.

MISSING IN ACTION: “HOWL” di Ginsberg questa sera al Cohen di Verona

di Beppe Montresor

Vent’anni fa se n’è andato (affettuosamente assistito da vari amici, e in particolare da Patti Smith) Allen Ginsberg, se non il più grande certamente il più popolare poeta americano del ventesimo secolo. Sabato 22 aprile alle 21 verrà celebrato da Mauro Dal Fior (voce recitante) insieme a due maestri della musica improvvisata, Teo Ederle e Roberto Zorzi (chitarre, basso, electronics ed effetti speciali). Dal Fior, per la prima volta a Verona, proporrà sotto forma di “poesia sonora” (cioè non reciterà ma ‘suonerà’ il poema) il testo quasi integrale di “Urlo”, nella traduzione di Fernanda Pivano( per omaggiare anche lei, che nel 2017 compirebbe 100 anni). Seguendo la lezione di Futuristi e Dadaisti in cui il significante della parole diventa protagonista più del significato, in dinamico contrappunto alle sonorità create da Zorzi ed Ederle, in cui rimembranze blues e schegge elettroniche fluiscono senza soluzione di continuità. La poesia ad “alta voce” di Ginsberg, per eccellenza ‘bardo’ della cultura underground ad ampio respiro dell’America novecentesca, è sempre andata a braccetto con la musica. Basti ricordare le sue performance all’harmonium, le sue collaborazioni con Bob Dylan, Clash, Patti Smith, Bono, Beatles, Sonic Youth, con Philip Glass. Ci permettiamo qui un ricordo personale: avevamo incontrato per la prima volta Ginsberg, nell’agosto 1989, al Bottom Line di New York, ad un concerto dei ‘leggendari’ Fugs di Tuli Kupferberg ed Ed Sanders, “rivoluzionari pacifici” della ‘controcultura’ Usa anni ’60. In un’altra occasione, un paio d’anni prima della scomparsa, riascoltammo Allen dal vivo a Boulder, Colorado, in un reading cui partecipava, tra gli altri, il rocker/poeta/narratore newyorkese Jim Carroll.  Ingresso al Cohen a 10 euro inclusa consumazione, per chi vuole cena (dalle 20,30) e concerto a 15 euro su prenotazione al 347/3234011.