LA LIONETTA “Danze e Ballate dell’Area Celtica Italiana”
SHIRAK Records. LP, 1978
di alessandro nobis
Sul modello di più celebri ensemble dell’area celtica, francese ma anche magiara che con dischi di grande qualità riportavano alla contemporaneità il patrimonio tradizionale delle loro aree di origine culturale, anche in Italia c’era chi si prefiggeva lo stesso obiettivo centrandolo spesso con risultati di ottima qualità: uno dei gruppi più interessanti certamente erano i piemontesi “La Lionetta” che nel ’78 pubblicavano il loro esordio discografico, questo “Danze e Ballate dell’Area Celtica Italiana” che dopo quarantacinque anni si fa ancora apprezzare per il contenuto e gli arrangiamenti.
Roberto Aversa (voce, chitarra acustica, tin whistle, cornamusa, percussioni, Maurizio Bertani (mandolino, flauto dolce, bombarde, metallofono, violino, voce), Marco Ghio (violino, tablas, voce), Vincenzo Gioanola (melodeon, accordeon, dulcimer, banjo, percussioni, voce) e Laura Malaterra (voce, chitarra classica, dulcimer, percussioni) pescano dal repertorio raccolto e studiato da Costantino Nigra e da quelli frutto delle ricerche loro e di Roberto Leydi e lo interpretano con una vasta gamma di suoni e di arrangiamenti per l’epoca del tutto innovativi.
Citate da Nigra ecco ad esempio il brano di apertura “Dona Bianca” (lezione astigiana di “Donna Lombarda“, Nigra 01, raccolta da Leydi), “Un’eroina” (Nigra 13) con la parte musicale arrangiata su una registrazione sempre di Leydi e ancora “Prinsi Raimund” (Nigra 06) probabilmente di origine francese ed inedita al di fuori dell’area piemontese; il repertorio “a ballo” proviene dalle valli del Piemonte orientale come la Varaita, la Grana e la Val di Susa e comprende la splendida giga di Sampeyre, una curenta occitana e di una suite per cornamusa della val di Susa ed infine un salterello diffuso nel nord Italia di origine medioevale.
A distanza di tutto questo tempo il valore della musica di gruppi come “La Lionetta”, ma potrei anche citare La Ciapa Rusa, i Calicanto o dei Suonatori delle Quattro Province (appartenenti ad una fase successiva del folk revival nord italiano), assume un valore ancora più alto di quello, peraltro notevole, dato all’epoca della loro pubblicazione: il valore di questi progetti ha attraversato il tempo e sono ancora una modello per quanti siano interessati alla riproposizione del materiale tradizionale in una chiave non ortodossa.