DAVID MUNROW · THE EARLY MUSIC CONSORT OF LONDON “Instruments of the Middle Age and Reinassance”

DAVID MUNROW · THE EARLY MUSIC CONSORT OF LONDON “Instruments of the Middle Age and Reinassance”

DAVID MUNROW · THE EARLY MUSIC CONSORT OF LONDON “Instruments of the Middle Age and Reinassance”

EMI Records. Box con 2 LP + Libro. 1976

di alessandro nobis

Questo box set pubblicato nel 1976 (ma registrato tra il 1973 ed il 1974) ha segnato una svolta epocale per l’aver spalancato le porte del mondo allora poco frequentato della musica antica sia agli appassionati di musica classica che a quelli che a metà degli anni settanta seguivano il così chiamato movimento del “Folk Revival” inglese. Due i dischi, il primo dedicato al Medio Evo il secondo al Rinascimento che raccolgono i suoni degli strumenti ma anche altrettanti esempi del repertorio arrivato fino a noi attraverso preziosissimi manoscritti, dischi che si possono considerare il lascito testamentario di David Munrow scomparso in giovanissima età a trentatrè anni lasciando un vuoto enorme ma anche illuminando una via per lo studio e la valorizzazione di queste splendide musiche.

La vastità delle tipologie dei repertori presentate in una settantina di brani, la ricerca per ricostruire in modo credibile i suoni di un’epoca così lontana anche utilizzando strumenti alloctoni rispetto alle culture europee, il brio, la freschezza e la brillantezza esecutiva del Early Music Consort (nel quale militava anche Christopher Hogwood) e la cura nel comporre il volume di 97 pagine fanno come detto di questo “Instruments of the Middle Age and Reinassance” (stampato nel 2007 anche in compact disc) una sorta di Santo Graal che ha avvicinato allo studio di questi repertori numerosissimi musicisti di area classica e tradizionale. A questo proposito, per quanti volessero ascoltare le collaborazioni di David Munrow con i più prestigiosi musicisti dell’area della tradizione musicale inglese segnalo quelle con Shirley & Dolly Collins “Anthems in Eden” (1969), The Young Tradition “Galleries” (1969), Shirley Collins “A Favourite Garland” (1974), Ashley Hutchings “Rattlebone and Ploughjack” (1976), i Pentangle (il singolo “Wondrous Live” del 1971 incluso nel  cofanetto “The Time Has Come” 67 · 73 pubblicato nel 2007) e con “The Roundtable” nel loro “Spinning Wheel” del 1969.

Disco imperdibile. Cercate il cofanetto che come detto contiene il volume ma anche un folder di ulteriori sei pagine con i dettagli dei 71 brani presenti.

This box set released in 1976 (but recorded between 1973 and 1974) marked an epochal turning point for having opened wide the doors of the then little-visited world of early music to both classical music enthusiasts and those who seventy followed the so-called English “Folk Revival” movement. Two discs, the first dedicated to the Middle Ages and the second to the Renaissance which collect the sounds of the instruments but also as many examples of the repertoire that has come down to us through precious manuscripts, discs that can be considered the testamentary bequest of David Munrow who died at a very young age in thirty-three years leaving a huge void but also illuminating a way for the study and enhancement of this splendid music.

The vastness of the types of repertoires presented in about seventy pieces, the research to credibly reconstruct the sounds of such a distant era even using alien instruments compared to European cultures, the vivacity, freshness and executive brilliance of the Early Music Consort (in which Christopher Hogwood was also a member) and the care in composing the 97 pagesof the volume make this “Instruments of the Middle Age and Renaissance” (printed in 2007 also on compact disc) a sort of Holy Graal that has brought the study of these repertoires a large number of classical and traditional musicians. In this regard, for those wishing to listen to David Munrow’s collaborations with the most prestigious musicians in the area of ​​the English musical tradition, I point out those with Shirley & Dolly Collins “Anthems in Eden” (1969), The Young Tradition “Galleries” (1969) , Shirley Collins “A Favorite Garland” (1974), Ashley Hutchings “Rattlebone and Ploughjack” (1976), Pentangle (the 1971 single “Wondrous Live” included in the box set “The Time Has Come” 67 73 released in 2007) and with “The Roundtable” on their 1969 “Spinning Wheel”.

Unmissable album. Look for the box which, as mentioned, contains the volume but also a folder of a further six pages with the details of the 71 songs present.

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FRANCESCO CALIGIURI · NICOLA PISANI “Monastere Enchanté · L’Ensemble Créatif”

FRANCESCO CALIGIURI · NICOLA PISANI “Monastere Enchanté · L’Ensemble Créatif”

FRANCESCO CALIGIURI · NICOLA PISANI “Monastere Enchanté · L’Ensemble Créatif”

Dodicilune Dischi Ed529. CD, 2022

di alessandro nobis

Questo è davvero un disco “fuori dall’ordinario”. Intanto per l’idea che sta dietro al progetto, ovvero quello di suonare, ri-scrivere la musica antica introducendo metodologie esecutive che appartengono ad un linguaggio lontano da essa cinque secoli, almeno, ovvero quello del jazz e delle metodologie improvvisative. Poi perchè coinvolge due ensemble, il quartetto “Monastere Enchanté” e il sestetto “Ensemble Creative” guidati rispettivamente dai fiatisti e compositori Francesco Caligiuri e Nicola Pisani che si alternano nell’esecuzione dei brani secondo il progetto di “Locrum Sacrum” festival di Spezzano, sulla Sila calabrese, uno dei pochi festival jazz che non si limita ad assemblare un programma scegliendo dai roster delle agenzie ma che produce eventi come questo. L’idea di due ensemble sullo stesso disco potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma l’ascolto testimonia una grande piacevolezza e curiosità con un equilibrio sonoro davvero invidiabile nonostante i due gruppi si muovano su terreni apparentemente diversi.

L’ambientazione è quella di una sorta di “rinascimento al limite dell’apocrifia”; le otto composizioni di Caligiuri (con lui ci sono Michel Godard, Paolo Damiani e Luca Garlaschelli) si ispirano a quello straordinario periodo storico, ne rispettano ritmi e suoni (“C’est la bonheur“) ma inseriscono assoli come quello di Godard e di Damiani di chiara ambientazione jazzistica con uno straordinario quanto inedito risultato: “Sombra Misterieux I” è un bellissimo brano per solo violoncello (e qui il ricchissimo repertorio per viola da gamba viene “richiamato” all’ascoltatore) con un’improvvisazione incastonata nella struttura del brano mentre la seconda parte è più vicina all’idioma jazzistico visto che il baritono di Caligiuri ne è l’assoluto protagonista (il sassofonista pugliese ha davvero fatto sua bene la lezione di un tal John Surman).

D’altro canto l’Ensemble Créatif di Nicola Pisani sceglie un percorso diverso, ovvero quello di intrepretare brani del repertorio storico (a parte due interpretazioni di Charlie Haden · Our Spanish Living Song” e “Silence” · rese perfettamente “coeve” a questo progetto): lo fa sì rispettando gli spartiti ma lasciando grande libertà espressiva ai musicisti come ad esempio in “O Let Me Weep (The Plaint)”  composta da Henry Purcell e Thomas Betterton facente parte della semi-opera “La regina delle fate” (The Fairy-Queen; Catalogo Purcell numero Z.629) eseguita per la prima volta nel 1692 (lo spartito venne perso e ritrovato quattro secoli più tardi). L’inizio con la voce magnifica di Francesca Donato rispetta l’originale partitura, ma poi si susseguono improvvisazioni (il flauto di Eugenio Colombo e le percussioni, il trombone di Giuseppe Oliveto, il sassofono di Pisani, i cordofoni di Checco Pallone) che separano le strofe cantate in modo efficacissimo: un perfetto mosaico di suoni e di storie musicali che raramente mi è capitato di ascoltare.

Che ascoltiate il disco rispettandone la scaletta o separando i brani dei due ensemble – andando contro quindi l’idea originale, ma ne vale la pena per capirne di più – non ne cambia la sua straordinarietà; credo che quel geniaccio indimenticato di David Munrow (1942 · 1972) che ebbe secondo i puristi l’ardire mezzo secolo fa di mettere a contatto due mondi paralleli come quelli della musica medioevale e quello del folk inglese avrebbe senz’altro apprezzato moltissimo questo progetto. Due generi lontani in apparenza che oggi si incontrano, il jazz e la musica antica: un nuovo sentiero da percorrere, tutto da scoprire e da ascoltare.

EDUARDO PANIAGUA “Ave Maris Stella, siglos X – XV”

EDUARDO PANIAGUA “Ave Maris Stella, siglos X – XV”

EDUARDO PANIAGUA “Ave Maris Stella: Himno Liturgico a Santa Maria Virge, siglos X – XV”

PNEUMA RECORDS 1640. 3CD, 2022

di alessandro nobis

Questi triplo cd, la più recente produzione di Eduardo Paniagua, conduce l’ascoltatore in un inedito viaggio nei canti liturgici dedicati alla Vergine Maria dal decimo al quindicesimo secolo ed in particolare nella diffusione dell’inno “Ave Stella Maris” che Paniagua ha studiato minuziosamente cercandolo nelle più importanti biblioteche europee trovando importanti riscontri della sua presenza in archivi che ne testimoniano la diffusione a partire dal IX° secolo: i più antichi manoscritti di questo inno sono conservati al Monasteri di San Gallo (uno con il solo testo ed un secondo con la melodia), di San Domenico di Silos (in spagnolo e adattato al rito Romano) e nel Codice Vaticano (con la notazione mozarabica) che secondo il musicologo tedesco Peter Wagner è la versione più antica utilizzata in molti Paesi Europei fino al XI° secolo. “Ave Stella Maris” di cui non conosciamo l’autore e l’area di origine, si caratterizza da un’accentuata forma ritmica, si compone da sei strofe alle quali aggiunge nel finale una dossologia in preghiera alla Trinità e come detto divenne presto molto popolare nella cristianità soprattutto durante i Vespri delle feste Mariane.

Questo prezioso triplo cd riporta una quarantina di versioni (se così si possono chiamare) di diversa provenienza abbellite da curatissimi accompagnamenti con strumenti il cui utilizzo e contesto sono una caratteristica dei lavori di Eduardo Paniagua. Visto il mio punto di osservazione, ne cito qualcuna provenienti dagli archivi italiani come le due provenienti da quelli della Basilica della Santa Casa di Loreto, quella conservata in Vaticano ma originaria dal monastero di Montecassino (per solo coro e canto solista) che chiude il terzo compact disc o ancora quella il cui canto solista è accompagnato dalla citara (questa dalla Biblioteca Comunale di Reggio Emilia) ed infine la sontuosa “Sibila Vallicellana” (Biblioteca V. di Roma). Tra le altre “Ave Maris Stella”, ne cito solamente una a titolo esemplificativo il cui livello di esecuzione può essere preso come standard per tutto il lavoro: quella proveniente da Saragozza risalente al 1515 introdotta dall’evocativo suono del flauto, del liuto e soprattutto dalla gaida balcanica.

Infine, a testimonianza del fatto che Paniagua non ha del tutto abbandonato nemmeno in questa occasione il suo monumentale lavoro di recupero delle Cantigas di Alfonso El Sabio, tre dei canti proposti appartengono al repertorio delle Cantigas de Santa Maria (CSM 422, CSM 180 e CSM 412) inserite perchè contengono parti dell’inno o a questo si riferiscono.

Nel mio essere semplice “ascoltatore” ritengo questo lavoro di Paniagua di grande valore storico in quanto dimostra come in un’epoca dove la comunicazione era così limitata, la diffusione di canti religiosi come “Ave Stella Maris” fosse invece inaspettatamente ampia.

DOMENICO CERASANI “Francis Cutting – Lute Music”

DOMENICO CERASANI “Francis Cutting – Lute Music”

DOMENICO CERASANI “Francis Cutting – Lute Music”

BRILLIANT RECORDS, CD 2020

di alessandro nobis

Il liutista di origini abruzzesi Domenico Cerasani, dopo lo splendido lavoro dedicato a Pietro Paolo Raimondi (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/10/13/domenico-cesarani-the-raimond-manuscript/) ci regala un viaggio monografico nella musica di Francis Cutting, compositore e strumentista inglese vissuto nella seconda metà del sedicesimo secolo e conosciuto per la qualità e la bellezza della sua musica, uno dei primi liutisti inglese dei quali si conoscono nome e vicende biografiche, quasi un passaggio, forzando un poco il ragionamento, dalla “leggenda” degli sconosciuti precursori alla “storia” documentata.

Domenico Cerasani ci racconta Francis Cutting in modo estremamente espressivo e profondo compiendo il miracolo di far isolare la mente durante l’ascolto alla ricerca di ricostruire gli ambienti elisabettiani dove questa bellissima musica veniva suonata: non si tratta di un’operazione asettica o di archeologia perché essa ha attraversato i secoli sì nelle raccolte a stampa ma anche incuriosendo le menti migliori di altri mondi musicali. L’esempio a cui faccio riferimento è la sua variazione di “Greensleeves”, una broadside ballad (ovvero stampata su quelli che vengono definiti “fogli volanti”) trascritta per liuto da John Dowland, coevo a Cutting, capace di entrare nei “mondi” del recupero della tradizione (“Morris On”), del jazz (è uno dei grandi classici di John Coltrane), del rock (la versione alla chitarra di Jeff Beck è considerato un autentico “Step” per i chitarristi acustici). Mi hanno saputo emozionare in particolare anche l’interpretazione di “My Lord Willoughby’s Welcome” (attribuita anche a Dowland) e le arie “a danza”: Pavane e Gagliarde, come quella dedicata al poeta, navigatore ed esploratore Sir Walter Raleigh che dedicò un territorio nordamericano – la Virginia – alla Regina Elisabetta.

ENRIKE SOLINIS  “JUAN SEBASTIAN ELKANO”

ENRIKE SOLINIS  “JUAN SEBASTIAN ELKANO”

ENRIKE SOLINIS & Euskal Barrokensemble “JUAN SEBASTIAN ELKANO”

ALIAVOX / Diversa Records AV9933. 2CD, 2019

di alessandro nobis

Nel suo precedente “El Amor Brujo” il chitarrista basco Enrike Solinis ed il suo magnifico “Euskal Barrokeesemble” ci aveva fatto viaggiare nel tempo con un inaspettato quanto interessante abbinamento di musiche scritte da Domenico Scarlatti, da Joaquin Rodrigo e Manuel De Falla  (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/06/20/enrike-solinis-euskal-barrokensemble-el-amor-brujo/)mentre in questo accuratissimo lavoro che comprende anche un dettagliato saggio con illustrazioni di circa quaranta pagine in sette lingue ci fa conoscere le imprese marinaresche di Juan Sebastian Elkano (1486 – 1526), navigatore basco che per primo riuscì a completare la circumnavigazione del globo; nostromo della Conception, uno dei vascelli che facevano parte della spedizione di Ferdinando Magellano si trovò a sostituire il capo spedizione dopo la sua morte avvenuta nell’aprile del 1521, portando a termine l’anno seguente il viaggio che l’esploratore portoghese aveva iniziato nel 1519. Come Magellano, Elkano con altri marinai perse la vita per malnutrizione nelle acque delle Molucche durante la spedizione del 1525 alla quale sopravvissero in pochissimo: una delle tante storie di marineria di quei tempi a molti poco conosciuta.

Di Enrike Solinis avevo scritto anche di “Colores del Sur” del 2013 (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/02/03/enrike-solinis/)e questo doppio disco non fa che confermare la classe di questo musicista, non tanto come specialista della chitarra barocca ma anche e qui soprattutto come storico, ricercatore ed arrangiatoreconsiderate la cura e la prassi esecutiva del repertorio di questa straordinario lavoro, un omaggio certamente ad Elkano ma anche alla gente basca, alla sua identità ed alla loro millenaria capacità di solcare i mari per necessità (pesca o emigrazione) o per semplice amore verso le “acque grandi”.

Non a caso il sottotitolo è “Canzoni e danze dell’epoca d’oro della navigazione basca” e questo è quello che ascoltiamo: dal XII secolo al XVII con la diaspora basca è un continuo susseguirsi di musica tradizione di Euskadi, di arie delle Molucche (“Lagu Togal”) e quelle nordafricane (il “Bashraf Jahargah” del XVI secolo) ad altre provenienti da fondamentali raccolte come il Fandango dal Santiago de Murcia o “El Gineo” dai Manoscritti di Cortabarria del secolo XVII.

Importanti ed essenziali i “recitativi” che inquadrano nel miglior modo i brani musicali che vanno ad anticipare.

Forse il miglior lavoro che ho ascoltato dedicato alla millenaria cultura basca, passata e presente.

 

 

 

LUCIANA ELIZONDO “Alone”

LUCIANA ELIZONDO “Alone”

LUCIANA ELIZONDO “Alone”

ASSOCIAZIONE LATINOAMERICANA DI CREMONA. CD, 2019

elizondoIn molti abbiamo avuto il grande piacere di avvicinare il suono della viola da gamba grazie al film “Tutte le mattine del mondo” di Alain Corneau (1991) nel quale si narravano le vicende del rapporto tra i due autori – esecutori Marin Marais e Monsieur de Sainte Colombe. Jordi Savall era l’interprete della colonna sonora, e chi ha voluto poi proseguire sulla strada di questa musica avrebbe scoperto che il violista catalano dieci anni prima aveva inciso uno splendido lavoro solista dedicato a questo straordinario strumento.

Qualche settimana fa la violista argentina Luciana Elizondo ha pubblicato autonomamente questa sua opera prima solistica orientando la scelta del repertorio sulle scritture di due colossi della viola da gamba, Tobias Hume (1569 – 1575) e Carl Friederich Abel (1723 – 1787) vissuti ad un secolo e mezzo uno dall’altro, quasi a testimoniare come questo strumento abbia goduto in un periodo piuttosto lungo l’attenzione di musicisti e di compositori. Val la pena di spendere due parole su questi due autori: il primo, il geniale ed eccentrico Hume era un soldato professionista (leggi “mercenario”) la cui passione – a parte quella di prestare la sua opera a diversi eserciti europei – era la musica; pubblicò due raccolte musicali, The first Part of Ayres(o Musicall Humors) del 1605 che contiene 117 brani,e Captain Humes Poeticall Musicke, del 1607 che comprende 25 brani per viola e liuto. Fu il primo ad usare la tecnica che prevedeva l’uso anche del dorso dell’archetto (tecnica del legno) ed anche il primo ad utilizzata le intavolature per scrivere la musica e per questo venne attaccato duramente nientemeno che da John Dowland. Così Home aveva scritto: “D’ora in avanti il maestoso strumento “Gambo violl” produrrà con facilità una musica molto varia e ricca di risorse come il liuto”: apriti cielo.

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Dal canto suo Carl Friederich Abel era figlio del violoncellista dell’Orchestra di J. S. Bach e con il figlio di Bach, Johann Christian, organizzò per la prima volta in assoluto una serie di concerti “su abbonamento”, una grande novità per l’epoca. La Elizondo intepreta qui sei composizioni tra le quali segnalo un magnifico “Adagio” ed un “Tempo di Minuetto”: tutti provengono dalla raccolta “Drexel 5871”, 27 composizioni facenti parte di un’importante fondo di oltre seimila volumi che si trovano ora custoditi dalla Biblioteca Pubblica di New York e donati dal filantropo Joseph Drexel che li acquistò nel 1858 da Henry Albrecht.

Da semplice ascoltatore posso solo dire che la violista argentina interpreta in modo impeccabile questo repertorio (segnalo ancora il pizzicato di apertura di “Loves Farewell” di Hume e delleo stasso autore la Gagliarda “del Soldato”, riuscendo a dare una nitida immagine alla musica che veniva suonata nelle corti europee, prima solamente davanti ai selezionatissimi cortigiani ed in seguito, grazie all’iniziativa di Abel e Bach, anche ad un pubblico più ampio.

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Luciana Elizondo con Balen Lopez De Munain.

Se siete interessati a questo lavoro, contattate direttamente Luciana Elizondo qui: https://www.facebook.com/luciana.elizondo.9/timeline?lst=100001590709426%3A1111823132%3A1569149849

 

 

PACOLONI ENSEMBLE “Adriaan Smout: Thysius Lute Book”

PACOLONI ENSEMBLE “Adriaan Smout: Thysius Lute Book”

PACOLONI ENSEMBLE “Adriaan Smout: Thysius Lute Book”

BRILLIANT CLASSICS CD, 2018

di Alessandro Nobis

A Leiden, nell’Olanda meridionale, si trova un edificio settecentesco che custodisce la Biblioteca fondata da Joan Thysius nel 1655, un collezionista di libri che alla fine del sedicesimo secolo acquistò un’imponente collezione di manoscritti raccolti da Adriaan Joriszoon Smout di Rotterdam; si tratta di 522 fogli che rappresentano una delle più importanti fonti di studio per suonatori di liuto e per i musicologi. Smout non era un musicista di professione – era insegnante e filosofo – ma comunque aveva una grande familiarità e passione per la musica tanto che trascrisse con il sistema dell’intavolatura per liuto numerosi esempi di musica sacra e profane oltre a melodie derivate dalla cultura popolare olandese e non. Da questa messe di fonti scritte, ovvero da quello che viene chiamato il “Het Luitboek van Thysius”, il Pacoloni Ensemble (Roberto Cascio, Franco Fois, Roberto Gallina e Fabio Mori ai liuti e Giovanni Tufano alle percussioni) ha scelto le ventitrè composizioni che compongono questo straordinario esempio di musica strumentale per liuto del periodo a cavallo dell’anno 1600 (Smout era nato nel 1578 e scomparve nel 1646) pubblicato dalla Brilliant Classics.

Thysius401v.pngAl di là del fascino delle otto gagliarde (una danza molto popolare in quasi tutta Europa nel XVI secolo), personalmente ho trovato molto interessanti i temi di origine popolare come “Jan Dirrixz”, Ick clam den boon al op” e “Gaet hen toe”, trascrizioni di canti popolari, e “Can shee excuse me” attribuito a John Dowland (che lo indica come “La Gagliarda del Conte di Essex”.

Un repertorio raro quindi, eseguito con grande maestria dai cinque musicisti che ci svela un altro scorcio sulla musica del tardo Rinascimento – Primo Barocco. Un raggio di luce su un tesoro musicale fino ad ora mai registrato, e citazione d’obbligo per la Brilliant che anche in questo caso “brilla” per la ricerca di repertori ed autori per lo più sconosciuti al pubblico più vasto.

www.brilliantclassics.com

 

HESPERION XXI & LA CAPELLA REAL DE CATALUNYA “Henricus Isaac 1450 – 1517”

HESPERION XXI & LA CAPELLA REAL DE CATALUNYA “Henricus Isaac 1450 – 1517”

HESPERION XXI & LA CAPELLA REAL DE CATALUNYA “Henricus Isaac” (1450 – 1517)

ALIAVOX RECORDS, CD, 2017

di Alessandro Nobis

C’è un filo sottile e quasi invisibile che lega il XV° secolo alla musica del Novecento, un filo che ha rischiato di rimanere tale se nel 1902 Anton Webern non avesse presentato uno studio molto approfondito riguardante la raccolta di mottetti “Choralis Constantinus”, scritto (ma terminato da un suo allievo, Ludwig Senfl)  da un fino ad allora quasi sconosciuto autore delle Fiandre, Heinrich Isaac; un lavoro che influenzò la musica corale del Novecento, soprattutto Webern, ma anche Shoenberg e Berg, in special modo nella tecnica di composizione (cfr. Passacaglia Op. 1).hqdefault.jpg

Questo ennesimo splendido lavoro confezionato da Jordi Savall vuole celebrare con una illuminata antologia il 500° anniversario del compositore delle Fiandre, che nel 1480 circa venne chiamato in Italia, a Firenze, alle dipendenze di Lorenzo de Medici per sostituire l’organista Squarcialupi e dove restò fino al 1492, anno della morte di Lorenzo; dal Granducato venne chiamato alla corte dell’imperatore Massimiliano 1° dove cinque anni dopo fu nominato compositore di Corte. Ma Firenze restò sempre nel cuore di Isaac tanto che l’Imperatore lo nominò suo personale diplomatico nella città toscana dove morì nel 1517. Questa in breve l’avventurosa vita terrena di Henricus Isaac, nella quale tra un viaggio e l’altro trovò il tempo di comporre una grande quantità di materiale che influenzò non poco la musica dei secoli seguenti, anche se per quel che mi sovviene poche sono le incisioni che ripropongono i suoi lavori. Questo Cd dell’Hesperion XX e della Capella Real de Catalunya ha il pregio di presentare questo autore al pubblico, e lo fa nel solito stile che Savall ci ha abituato: utilissimo libretto multilingue con due saggi di carattere storico – musicologico, un’esecuzione di livello eccellente, una scelta accurata tale da offrire le più diverse sfaccettature dell’opera di Isaac.

L’amore per la corte medicea è testimoniata qui dal brano strumentale di apertura (“Palle Palle” la fanfara dei Medici), da “Chi darà acqua alla mia fonte”, Lamento di Angelo Poliziano musicato da Isaac in occasione della morte di Lorenzo e dal canto carnascialesco “Hora e di maggio”, un genere di composizione molto gradita allo stesso Lorenzo; interessante poi “Innsbruck, devo lasciarti” costruito su una probabile melodia popolare, e naturalmente i mottetti la cui bellezza e fascino vengono portati a livelli  di assoluta eccellenza grazie all’esecuzione della Capella Real.

Se siete appassionati dell’arte di questo violista catalano e/o della musica antica, impiegherete pochi minuti ad innamorarvi di questo repertorio, registrato pochi giorni dopo un concerto live in Catalunya. Li vedremo mai in Italia?

 

 

SANDRO VOLTA “Marco Dall’Aquila: La battaglia, Music for lute volume 2”

SANDRO VOLTA “Marco Dall’Aquila: La battaglia, Music for lute volume 2”

SANDRO VOLTA “Marco Dall’Aquila: La battaglia, Music for lute volume 2”

BRILLIANT CLASSIC RECORDS, CD, 2016

di Alessandro Nobis

Bizzarra storia quella di Marco Dall’Aquila: parte giovanissimo dall’Abruzzo per raggiungere Venezia e stabilirvisi con l’obiettivo di riuscire a campare della stampa e della vendita delle sue composizioni per liuto. Non ci riesce, solamente nel 1505 ottiene che nessun altro possa commerciare le sue composizioni al di fuori della laguna: ma alcune di esse grazie al Console Pandolfo Herwarth vengono vendute – o scambiate non ci è dato a sapere – e prendono il mare dal Fondaco dei Tedeschi a Venezia per la terra dei Teutoni, finendo dopo chissà quali peripezie alla Biblioteca Statale di Monaco di Baviera, ove sono conservate tuttora nei Manoscritti di Herwarth, appunto. Marco Dall’Aquila vive a cavallo dell’anno 1500, anno che vide uno sviluppo importante nella morfologia del suo strumento, che passa da cinque a sei cori di corde e che inizia ad essere suonato pizzicando le corde anziché con un plettro (l’oud invece conserverà questa metodologia esecutiva fino ad oggi), aumentando così le possibilità polifoniche e dando ancor più all’esecutore la gioia di esprimere tutto il suo virtuosismo.

Il liutista e studioso Sandro Volta, che aveva già inciso un paio di anni fa un CD con l’esecuzione di 21 composizioni di Dall’Aquila, con questo secondo volume consente brillantemente all’ascoltatore di ampliare la sua conoscenza del repertorio di questo autore eseguendo altre 20 scritture, due delle quali interpretate in coppia con un altro specialista dello strumento, Fabio Refrigeri. E’ questa musica dal grandissimo fascino e l’esecuzione ancora una volta dà piena e chiara luce e doveroso risalto al lavoro che mezzo millennio or sono aveva così grandemente ma sfortunatamente impegnato il talento del compositore di origine abruzzese, ancor più perché quel che posso dire, i suoi spartiti non hanno mai goduto di così ampio spazio come in questi due dischi di Sandro Volta (Christopher Wilson ne aveva incise nove nel 1994, tre le aveva registrate Shirley Rumsey l’anno precedente, ed entrambi erano lavori antologici dedicati dalla Naxos al Rinascimento Italiano).

La cosa si fa ancora più interessante visto che l’etichetta Brilliant Records propone al pubblico il suo catalogo ad un prezzo davvero interessante, intorno ai 7 (sette) euro. Quindi perché non approfittarne per conoscere il Marco Dall’Aquila?

 

http://www.brilliantclassics.com

 

 

 

 


 

LINO STRAULINO “Barbad e l’alighe”

LINO STRAULINO “Barbad e l’alighe”

LINO STRAULINO “Barbad e l’alighe”

autoproduzione, 2016

 di Alessandro Nobis

Prodotto in centotrenta copie (avete letto bene, 130) “Barbad e l’alighe” è il lavoro più recente del chitarrista – cantante – compositore – ricercatore di Sutrio Lino Straulino, che indifferentemente passa dalla canzone d’autore al progressive, dalla ballata popolare alla musica per sola chitarra contenuto in questo suo recentissimo lavoro.

Questo suo lavoro, finissimo prodotto artigianale direi “d’altri tempi”, testimonia ed evidenzia nel modo più chiaro possibile il gusto, la classe, la superlativa tecnica finger picking di uno straordinario chitarrista che ahimè pochi hanno la fortuna di conoscere ed apprezzare, e questa DEVE essere l’occasione buona per avvicinarsi.

Diciassette tracce che ti fanno viaggiare nello spazio e nel tempo, un disco superlativo alla pari di quelli dei più rinomati finger-pickers nostrani e d’oltralpe che non voglio nominare (lascio a voi immaginare); muoversi con questa grande perizia, equilibrio e delicatezza tra le danze raccolte da Giorgio Mainerio (“Schirazula Marazula” e “Ungaresca” tratte da “Il primo libro dei balli”, 1578), quelle popolari come la furlana (di Corfù), la giga (di Ferrara) e la manfrina (di Castelbolognese), i brani originali (“Smoke Rings” e “Awareness” in quattro parti) e classici come l’irlandese “Foggy Dew” e le inglesi “Merry Go Round” e “Anji” è impresa improba ma se hai la modestia, il talento e l’ampia cultura musicale di Lino Straulino diventa facile. Per lui.

Se non conoscete la sua musica, quattro consigli (per gli acquisti): “Blue”, “La bella che dormiva”, “Gorai” e naturalmente questo capolavoro; “Barbad e l’alighe”.

 

https://www.facebook.com/Lino-Straulino-Words-Music-Page-260483877340962/?ref=ts&fref=ts