KNUD RASMUSSEN “Aua”

KNUD RASMUSSEN “Aua”

KNUD RASMUSSEN “Aua”

BIBLIOTECA ADELPHI 681. 2018, PAGG. 190, € 18,00

Mentre sui ghiacci antartici tra il 1921 ed il 1922 si compiva l’ultimo tragico atto della cosiddetta fase “Eroica” dell’esplorazione del Polo Sud ovvero la spedizione del bastimento Quest, l’ultima avventura del leggendario Ernest Shackleton, dall’altro capo del mondo il danese / groenlandese Knud Rasmussen era alle prese con la sua quinta spedizione nelle terre artiche che lo avrebbe portato dalla natìa Groenlandia all’estremo est siberiano attraversando il Canada, l’Alaska e le Isole Aleutine.aua 02

Le spedizioni artiche di Rasmussen erano sì a carattere scientifico – geografico ma soprattutto erano di carattere etnografico, visto il suo profondo interesse al mondo culturale delle popolazioni locali; Rasmussen parlava correntemente la lingua Inuit, ed aveva sposato una donna groenlandese di quell’etnia che le aveva dato due figli e che sarebbe scomparsa alla vigilia di questa quinta avventura tra le affascinanti terre artiche. Tra il 1921 ed il 1924  incontrò numerose comunità Inuit ed al suo ritorno pubblicò la fondamentale opera “Fra Grønland Til Stillhavet”, contenente centinaia di preziose testimonianze fotografiche, pubblicata nel 1932 e mai tradotta in italiano.

Uno degli incontri più toccanti e significativi che Rasmussen ebbe in quelle terre furono quelli con lo sciamano Aua, nato presumibilmente nel 1987 e scomparso dopo il 1923 (come spesso succede, non esistono registri di nascita e morte delle popolazioni indigene nordamericane e non solo di quelle); bravissimo a conquistare la fiducia ed in seguito l’amicizia dello sciamano grazie anche alla sua affabilità ed al suo invidiabile Inuit parlato, l’esploratore danese ebbe la fortuna di incontrare e raccogliere le testimonianze ed i ricordi di Aua in momento storico importantissimo per la cultura Inuit, ovvero quello della transizione tra la secolare fase del più puro sciamanesimo e la parziale cristianizzazione che segnò anche la fine dell’isolamento economico – culturale assieme al mutamento dei bisogni quotidiani delle popolazioni native.

Pertanto ritengo che questo preziosissimo volume, brillantemente curato da Bruno Berni, sia una preziosa raccolta delle più significative pagine e fotografie relative alla spedizione danese ed in particolare agli incontri con lo sciamano Aua, e mi auguro che presto venga pubblicata in lingua italiana l’integrale opera sopra citata.

Segnalo infine che altre pagine scritte da Knud Rasmussen sempre relative alla stessa quinta avventura polare furono pubblicate nel 2011 in “Il grande viaggio in slitta” edito da Quodlibet, mentre di un compagno di viaggio del danese, Peter Frauchen, la Sonzogno pubblicò nel 1932 e nel 1961 “L’esquimese”.

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DALLA PICCIONAIA: Olaf Otto Becker “Above Zero”

DALLA PICCIONAIA: Olaf Otto Becker “Above Zero”

DALLA PICCIONAIA: Olaf Otto Becker “Above Zero”

Galleria MarcoRossi artecontemporanea,  Verona

18 novembre 017 – 27 gennaio 018

di Alessandro Nobis

E’ stata inaugurata sabato 18 novembre alla Galleria MARCOROSSI artecontemporanea diretta da Francesco Sandroni, in Via Garibaldi a Verona, “Above Zero”, esposizione del fotografo tedesco Olaf Otto Becker che raccoglie alcuni dei suoi scatti effettuati all’interno della calotta glaciale della Groenlandia tra il 2007 ed il 2008; in effetti una serie di immagini dedicata alla grande isola dell’Atlantico Settentrionale avrebbe dovuto intitolarsi “Below Zero”, e così sarebbe stato se fosse stata pensata e realizzata anche solo trenta anni fa.

“Above Zero” dà quindi immediatamente l’idea del significato e dell’importanza di queste testimonianze fotografiche: “Sopra Zero”, quando il ghiaccio si scioglie, quando la calotta glaciale perde volumetria e restituisce sotto forma liquida ciò che aveva accumulato in centinaia di migliaia di anni.

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Foto di Olaf Otto Becker

Olaf Otto Becker è un fotografo d’altri tempi, in tre anni ha percorso con un gommone, una slitta e novanta chili di attrezzatura fotografica (un banco ottico) le coste e l’interno della Kalaallit Nunaat, la “terra degli uomini” rischiando anche la vita per portare a conoscenza del pubblico la situazione nella quale si trova la calotta glaciale grazie soprattutto all’inquinamento dell’atmosfera ed all’effetto serra. Fotografie di grandissimo e di piccolo formato dalla altissima definizione e stampate in limitatissima tiratura, fotografie che illustrano il percorso svolto lungo uno dei fiumi glaciali, fotografie di acque di fusione, fotografie di grande fascino e bellezza e fotografie soprattutto a colori: quattro per l’esattezza, l‘omogeneo grigiore del cielo della luce estiva perenne, il bianco latteo del ghiaccio, il turchese delle acque ed infine  l’inquietante nero dei residui della “black snow”, fiocchi di neve condensati attorno alla nera cenere risultato di incendi boschivi di chissà quale parte del mondo, oggi presenti su vasti spazi dell’isola e che negli splendidi scatti di Becker coprono le “sponde” del torrenti e dei fiumi.

L’uomo fisicamente non c’è in questi scatti, però come detto c’è il risultato della sua dissennata attività studiata dai glaciologi dello Swiss Camp, documentato da un’altra affascinante serie di scatti che si trovano sul volume “Above Zero” pubblicato da Hatje Kantz nel 2009.

Una mostra che val davvero la pena di visitare, dove si incrociano la grande capacità tecnica di Becker fotografo (scelta del formato e della carta cotone su cui stampare, dell’esposizione, dell’inquadratura) con il preziosissimo valore geo-documentaristico delle immagini che ci forniscono un’immagine di una Groenlandia e della sua natura inaspettatamente e tristemente “contaminata”.

La mostra, ad ingresso libero, è visitabile dal martedì al sabato (10:00 – 12:30 e 15:00 – 19:00) e nei giorni festivi su appuntamento. Fino al 27 gennaio 2018.