DA REMOTO: INTERNATIONAL UILLEANN PIPING DAY. Parma, 6 novembre 2021”

DA REMOTO: INTERNATIONAL UILLEANN PIPING DAY. Parma, 6 novembre 2021”

DA REMOTO: INTERNATIONAL UILLEANN PIPING DAY

“Parma, 6 novembre 2021”

di alessandro nobis

Anche in Italia, in quel di Parma, il 6 novembre si è celebrato l”International Uilleann Piping Day” ed è stata un’edizione di livello notevole non solamente per la presenza del Maestro Mick O’Brien ma anche, e soprattutto, per la passione e la competenza del nugolo di appassionati, pipers e non della “I.U.P.A.” (Italian Uilleann Pipers Association) che ha così bene costruito la serata tra musica ed informazione, naturalmente legata alle Union Pipes ed alle Uilleann, loro derivazione. Uno strumento che in Irlanda ha avuto un grande sviluppo a partire dagli anni sessanta e settanta quando il numero di musicisti aumentò grazie ad organizzazioni come la Na Píobairí Uilleann (grazie alla quale O’Brien è arrivato a Parma) dedicate allo studio ed al recupero della tradizione irlandese e soprattutto al nasce del movimento del folk revival che fece conoscere questa musica in tutto il mondo, dal Giappone a Cuba, dall’Italia al Nord Europa.

La serata è stata aperta dal trio formato da Mick O’Brien, Nicola Canovi e Gregorio Bellodi con due set di danze, il primo costituito da una marcia bretone composta dall’abate Augustin Conq (“Gwir Bretoned”)  e da due reel dal repertorio del suonatore di concertina Tony McMahon (“The Lady’s Cup of Tea” e “Merry Blacksmith”) ed il secondo è stato un doveroso omaggio a Paddy Moloney ovvero il valzer composto dall’arpista cieco Turlough O’Carolan (“Bampire Squire Jones”), da “An Seanduine” (la melodia di un canto narrativo gaelico) e da “O’Sullivan March”, cavallo di battaglia dei Chieftains dedicato all’ultimo leader del dell’omonimo Clan irlandese; una bella apertura, forse di breve durata ma il desiderio di ascoltare O’Brien nella sua prima performance solista italiana ha imposto questa scelta. Altrettanto piacevole della parte musicale è stata quella didattica gestita brillantemente da Nicola Canovi: la descrizione dello strumento nelle sue parti, la storia di questo strumento i suoi protagonisti da Johnny Doran a Willie Clancy, da Liam O’Flynn a Paddy Moloney.

Ecco quindi il set tanto atteso di Mick O’Brien (che, tra l’altro, nei giorni scorsi si è esibito ad Armagh nel prestigioso William Kennedy Piping Festival), che ha iniziato con due hornpipes arrangiati dal repertorio di concertina di Tony McMahon. Il repertorio presentato ha compreso brani raccolti e trascritti da O’Farrell nel suo “National Irish Music for the Union Pipes” che raccoglie melodie raccolte sia in Irlanda che in Inghilterra alla fine del XVII° secolo; inoltre O’Brien ha presentato una slow air “The Love of my heart” (dalla raccolta di O’Neill) e due reels suonati con il tin whistle, lo strumento propedeutico alle pipes irlandesi. Tecnica perfetta, grande senso interpretativo e capacità descrittiva necessaria per presentare il repertorio e lo strumento a quelli tra i convenuti che poco o nulla conoscevano di questa musica, ed in questo la serata è a mio avviso perfettamente riuscita. La musica irlandese, con il suo fascino e la sua storia ha da quella sera a Parma raccolto nuovi aficionados, ne sono certo.

Ciliegina sulla torta per la soddisfazione generale è stato il finale con gli allievi di Mick O’Brien e lo stesso musicista dublinese, ossia Francesco Brazzo (Bolzano), Antonmarco Catania (Milano), Michele Bresciani (Mantova), Rino Lorusso (Bari), Matteo Rimini (Forlì), Jacopo Alessandri (Ravenna), Mauro Crisostomi (Roma), Simone Capodicasa (Torino), Gregorio Bellodi (Modena) e Fabio Rinaudo (Savona).

Complimenti anche al Comune di Parma che ha accettato “al buio” – come Canovi ha spiegato ad inizio serata – questa celebrazione.

Magari è solo l’inizio di una fattiva collaborazione.

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DA REMOTO: THE BIRKIN TREE a “I Concerti del Quirinale”

DA REMOTO: THE BIRKIN TREE a “I Concerti del Quirinale”

DA REMOTO: THE BIRKIN TREE “I Concerti del Quirinale”

28 febbraio 2021, Cappella Paolina, Roma

di alessandro nobis

Onestamente ho da sempre un po’ di diffidenza verso i gruppi non di origine irlandese che suonano la tradizione musicale delle aree di cultura celtica ed in particolare di quella d’Irlanda, ma come in tutte le cose c’è sempre un’eccezione, e questa per me è rappresentata – da quando ho avuto il piacere di ascoltarli la prima volta trenta e passa anni or sono – dai Birkin Tree del piper Fabio Rinaudo. Mi hanno sempre colpito la loro cura nella scelta del repertorio meno conosciuto, la capacità di saper interpretare un repertorio – o i repertori – per noi alloctoni e l’estrema cura negli arrangiamenti e nelle appropriate scelte timbriche spesso di stampo cameristico (a questo proposito mi piace ricordare l’esperienza Caledonian Companion, sempre firmata Fabio Rinaudo).

I Birkin Tree ovvero Fabio Rinaudo (uilleann pipes, tin whistle), Michel Balatti (flauti), Luca Rapazzini (violino), Laura Torterolo (voce, chitarra) e Claudio De Angeli (plettri, banjo) hanno tenuto un concerto alla Cappella Paolina del Palazzo del Quirinale nell’ambito de “I Concerti del Quirinale” trasmesso in diretta da Rai Radio 3 in collaborazione con la Presidenza della Repubblica e Rai Quirinale: una delle sedi più prestigiose, al di là della diretta radio, dove il gruppo ha presentato parte del suo brillante repertorio nel quale le suite strumentali ed i canti narrativi hanno avuto un bilanciamento tale da presentare in modo efficace lo scrigno musicale irlandese soprattutto al pubblico che conosce poco questo repertorio visto che questa serie di concerti è dedicata in modo quasi esclusivo alla musica cosiddetta “classica”. Segnalo alcuni dei brani eseguiti in questo splendido concerto come la marcia che ha aperto la prima suite di brani (ed anche il concerto), ovvero “The March of the King of Laois” (RuairíÓg Ó Mórdha era il Re di Laois la cui famiglia – parliamo di 180 persone – fu sterminata a Kildare nel 1577 dagli inglesi facendolo coì  diventare acerrimo nemico della Regina Elisabetta I), il reel “The Starry Lane to Monaghan” dal repertorio del violinista Paddy Ryan e “The Dawn Chorus”, brano del violinista di Leitrim Charlie Lennon con in evidenza il banjo di De Angeli e da ultimo una melodia bretone aperta dalle uilleann pipes di Rinaudo e dal flauto traverso irlandese di Balatti e composta dall’abate Augustin Conq vissuto a cavallo del 1900 ed il cui testo è sopravvissuto grazie ai cosiddetti “fogli volanti”, “Braodside Ballads” che dir si voglia. Tra i canti narrativi bellissima la resa di “DonalÓg” (Il giovane Donald), antico canto in gaelico presente nella preziosissima Raccolta Roud al numero #3379.

Infine ecco il link dove poter ascoltare – o riascoltare – il concerto dei Birkin Tree: https://www.raiplayradio.it/audio/2021/02/I-CONCERTI-DEL-QUIRINALE-Birkin-Tree-cb188695-d113-41d8-a011-638eb00ad650.html?wt_mc=2.www.wzp.raiplayradio_ContentItem-cb188695-d113-41d8-a011-638eb00ad650.&wt&fbclid=IwAR3EWvlwTu_csizAbq_QxnUGX_8cVWbDz8K5ZFATT1FpP2jRQZ9HplnGCOw

DA REMOTO: VAL BONETTI · MARCO RICCI

DA REMOTO: VAL BONETTI · MARCO RICCI

DA REMOTO; VAL BONETTI & MARCO RICCI. “Un paese a sei corde”

22 agosto 2020. Cressa, Novara

di alessandro nobis (foto di Leonardo Baldo)

Organizzata dall’Associazione Culturale “La Finestra sul lago”, la quindicesima edizione della bella rassegna “Un paese a sei corde” dedicata alla chitarra acustica ha preso il via nel Piemonte Orientale il 20 giugno e si concluderà il 6 settembre; a Cressa, nel novarese, il 22 agosto il chitarrista Val Bonetti ed il contrabbassista Marco Ricci hanno tenuto uno splendido concerto, l’occasione di presentare il nuovissimo lavoro pubblicato dall’etichetta leccese Dodicilune ed una ghiotta occasione di ascoltare nel suo complesso il lavoro che questo bravissimo strumentista ed autore sta portando avanti stavolta immergendosi nelle atmosfere del blues e soprattutto del jazz vista la presenza dell’ottimo Marco Ricci al contrabbasso, con la sua delicata cavata sia nel duettare con Bonetti sia nel proporre soli sempre efficaci e misurati.

Quasi ottanta minuti per scoprire il passato, il presente ed il futuro di Val Bonetti: qualche brano tratto dai suoi primi due album, qualcun altro dal nuovo progetto – pubblicato in coincidenza con questo concerto, cenni sostanziosi del prossimo progetto ed anche qualche sorpresa.

Blue Friend”, eseguita in solo (dal suo album d’esordio “Wait” del 2010) ha aperto il concerto seguita da due brani tratti da “Tales” (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2015/12/27/simone-valbonetti-cristiano-da-ros/): un significativo solo di Marco Ricci in “Barefoot Diva” dedicata a Cesaria Evora ed un altro con l’archetto nella swingante “Yogurth, Garlic & Cucumbers”, intesa davvero invidiabile per l’equilibrio sonoro e per la naturalezza con la quale la musica scorre.

Il presente di Val Bonetti è come dicevo il disco pubblicato il giorno del concerto, “Hidden Star” e da questo bel lavoro Bonetti ha tra gli altri eseguito “Igor” con un significativo gioco di “call and responce” tra i due musicisti e “Duck is Duck is Duck is” che a mio avviso con “Lulu is Back in Town” di Fats Waller sono stati un doveroso quanto sincero omaggio al chitarrista delle Virginia, vuoi per lo stile esecutivo, vuoi perché Fats Waller è uno degli autori da lui più amati ed infine perchè in “Duck  is ….” mi è parso di sentire fraseggi che mi hanno ricordato T. Monk, altro autore che Baker esegue spesso.

Interessante anche il repertorio del nuovo progetto che Bonetti sta curando dedicato alle ninne-nanne; tra quelle eseguite splendida la resa del “La Siminzina” della grande Rosa Balestrieri qui suonata con il dobro – , uno strumento che comunque suoni repertori altri ti riporta con il suo sound nella sua terra d’origine (e questo anche nella ninna nanna coreana”-, con un suggestivo effetto “campanellini” prodotto con armonici.

Tra le “sorprese”, molto convincente l’arrangiamento di “Don’t Think Twice, it’s Alright”, intrisa di jazz ma nel rispetto della melodia dylaniana e nel quale Bonetti ha sfoderato un lungo e bellissimo assolo.

Serata riuscitissima, rassegna invidiabile.

DA REMOTO: CRISPINO PIGHI ZORZI “Spontaneous Music for Trio” 2020

DA REMOTO: CRISPINO PIGHI ZORZI “Spontaneous Music for Trio” 2020

DA REMOTO: CRISPINO PIGHI ZORZI

“Spontaneous Music for Trio” 2020

di alessandro nobis

Un altro caso di recensione “remota”.

Succede durante la pandemia che in una giornata del mese di giugno in una località sconosciuta, oserei direi quasi segreta, tre musicisti a distanza di sicurezza si incontrino per creare dal nulla della musica; il chitarrista “mastro improvvisatore” Roberto Zorzi, il contrabbassista Luca Crispino (che aveva già sperimentato la magìa dell’improvvisazione con Teo Ederle (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2019/04/30/dalla-piccionaia-drobro-concerto-al-modus-verona-6-febbraio-2019/)ed il batterista Luca Pighi, con Crispino nei Terreni Kappa, e del quale ignoravo totalmente il suo interesse verso la musica spontanea. Una quarantina di minuti suddivisi in due set – quasi da farne un ellepì – durante i quali la musica nasce, si sviluppa e finisce evidenziando un’ottima intesa tra i musicisti che dialogano, si guardano, intervengono e come sempre accade nelle migliori performance di questo tipo, sono sempre pronti a lasciare lo spazio agli altri quando se ne intravede l’occasione.

A guardare le immagini esclusive sembra che Luca Pighi sia quello che si diverta di più ad accompagnare e soprattutto a proporsi ed a interloquire con Zorzi  e Crispino in un genere che penso di poter dire frequenti poco, evidentemente comprendendo subito lo spirito con il quale si debba affrontare la musica “spontanea” e la sua costruzione collettiva e partecipando sempre in modo attivo all’impresa. Dal canto loro Zorzi (è lui che da il “LA” iniziale in entrambi set) e Crispino mettono tutta la loro esperienza passando da momenti che definirei da “ballad spontanea” ad altri più intensi riferibili in particolare sì a certo free rock inglese ma anche a quello californiano, a certi Henry Cow ed alla musica di quel genio di Henry Kaiser, e non a caso quest’ultimo assieme a Fred Frith vengono sempre citati da Roberto Zorzi come fonti di ispirazione. Insomma, un triangolo equilatero con al centro la free music, per dare un’immagine di quanto è successo in quella stanza.

Una performance che sa mantenere alta l’attenzione e la qualità e che forse l’assenza del pubblico ha contribuito al suo processo creativo. Ci sarebbe da farne un disco, come dicevo ……. Stiamo a vedere e soprattutto a sentire.

DA REMOTO: DroBro, concerto al MODUS, Verona. 6 febbraio 2019 

DA REMOTO: DroBro, concerto al MODUS, Verona. 6 febbraio 2019 

DA REMOTO: DroBro concerto al MODUS, Verona

“Live al Modus, 6 febbraio 2019”

di Alessandro Nobis

Una davvero interessante performance di Luca Crispino e Teo Ederle, a.k.a. The DroBro (DROne BROthers) si è tenuta nel piccolo ma confortevole teatro MODUS di Verona, a due passi da Piazza San Zeno, nei primi giorni di febbraio e grazie ai due musicisti ho avuto la possibilità di ascoltare a posteriori l‘intero concerto. Musica elettronica, ambient o elettroacustica, tutte e tre assieme probabilmente, nata dall’interazione tra i due esperti e fini musicisti e sviluppatasi “in corso d’opera” come si conviene quando si parla di musica improvvisata; ma intendiamoci subito prima che nasca qualche equivoco dalle parole che ho usato. A differenza dei musicisti che creano la musica elettronica preparandola accuratamente prima della performance, Ederle e Crispino partono da un’idea iniziale attorno alla quale, e dalla quale, creano note, suoni, frasi di basso, accordi di chitarra, melodie che partendo dal loro strumento, la chitarra, si deformano, si dilatano, si reiterano e cambiano forma passando attraverso una serie di attrezzature elettroniche – possiamo chiamarle anche strumenti? – che consentono a chi utilizza consapevolmente, ed è questo il caso dei DroBro, di presentare una musica intrigante ed affascinante, complessa e ricca di spunti; questo anche perché Ederle e Crispino riescono a far passare attraverso le loro menti e la loro strumentazione (che riporto fedelmente alla fine dell’articolo) tutte le esperienze di musicisti e di attenti ascoltatori raccolte ed assimilate nel tempo. Quindi è necessaria un’intesa profonda ed anche una corrispondenza di idee che si vogliono sviluppare durante la performance che si presenta in un continuum, un’intesa che esiste e senza la quale il livello dell’improvvisazione non sarebbe di qualità così eccellente.

La frase di basso che si sviluppa attorno al minuto 21 e che lungamente resta come base per una bella stratificazione di suoni (di chitarra, ritmi elettronici, accordi che si incrociano), l’inizio in chiave ambient sul quale si innestano suoni degli strumenti filtrati sapientemente che portano chi ascolta immediatamente nell’universo sonoro del duo sono solo due momenti che mi piace segnalare.

Una performance che fortunatamente è stata registrata e che meriterebbe a mio avviso di essere pubblicata da qualche etichetta specializzata, ma che purtroppo non ha avuto il riscontro di pubblico che meritava; la curiosità e l’interesse del pubblico verso le avanguardie sono diminuite a Verona nel corso del tempo, ma questo è un discorso che ci porterebbe molto lontano.

TEO EDERLE: chitarra Martin OM Marquis, preamp D-Tar Solstice, compressore JHS Pulp’n’Peel, overdrive Maxon OD9, guit. Synth Boss SY300, Eventide H9, Looper 1 TC Electronics Ditto x4, tremolo EHX Super Pulsar, Boss SL20 Slicer, Bitcrusher Meris Ottobit jr, Delay-looper 2 Strymon Timeline, Reverbero Strymon Big sky, looper 3 EHX 95000.

LUCA CRISPINO: chitarra Fender Jaguar, octaver Boss OC3, comp. Wrampler, overd. Rat, EHX Freeze, Delay Digitech Obscura, Boss ME70, Zoom G50r, Looper TC Electronics Ditto x4.

 

DA REMOTO: SAVOLDELLI – BARBIERO – ZORZI

DA REMOTO: SAVOLDELLI – BARBIERO – ZORZI

DA REMOTO: SAVOLDELLI – BARBIERO – ZORZI

Centro Ricerca Musicale Teatro San Leonardo.

Angelica Festival Bologna. 26 gennaio 2017

di Alessandro Nobis

Questa recensione è un esperimento di “remote review”, vi voglio raccontare cioè di un concerto al quale non ero presente ma, vista la qualità dell’audio e del video – gentilmente consegnatomi da Roberto Zorzi – ho ritenuto opportuno dire due parole su questo evento che ha avuto come protagonisti Boris Savoldelli (voce ed elettronica), Massimo Barbiero (percussioni e batteria) e Roberto Zorzi (chitarre). Ok, manca il “pathos” della presenza fisica, peccato davvero, ma insomma è come recensire un disco live, e mi auguro caldamente che presto questo sia disponibile. Magari in CD audio e DVD, perché no, visto che a mio avviso una delle cose più interessante della musica improvvisata è osservare come nasce come si evolve e come finisce una performance.

Vi racconto di qui di di ottanta minuti di musica improvvisata nella quale immagino siano stati presenti incroci saltuari concordati; musica che scorre fluida, stimolante, fresca, che incuriosisce nella sua creazione istantanea, e soprattutto “originale”: un linguaggio che si ascolta poco in Italia e non voglio infilare il coltello nella piaga se parlo della qualità delle programmazioni dei festival jazz italiani nelle quali l’improvvisazione “non idiomatica” è praticamente bandita, e questo da molti lustri. Peccato, perché le avanguardie vanno sostenute visto che il loro sentiero è insicuro, ricco di insidie e talvolta di fallimenti, tortuoso e non mostra un punto di arrivo, ma solamente una direzione presa e soprattutto riserva momenti alti come quello del quale vi sto parlando.

Ritengo personalmente infatti che la musica nata durante questa performance sia una delle più interessanti che ho ascoltato da parecchio tempo: la capacità dei tre musicisti di rispettarsi e di non sovrastarsi, di saper leggere i rispettivi momenti creativi va al di là delle loro capacità di strumentisti e della loro profonda conoscenza delle tecnologie delle quali si servono e che dominano.

Certo, ascoltare Boris Savoldelli suonare in modo così creativo e straordinario il “suo” strumento (e non posso fare a meno di pensare che cosa Demetrio Stratos avrebbe potuto fare con la tecnologia di oggi….), i suoni sempre puntuali ed appropriati creati dalle chitarre di Roberto Zorzi e infine il drumming preciso e mai invadente di Massimo Barbiero fa bene allo spirito ed è una ventata di aria fresca e salutare: i momenti che più ho trovato interessanti sono stati ad esempio quelli intorno al minuto 75 (con la voce che mi ha ricordare canti africani), o quelli intorno al minuto 48 dove dopo un solo di chitarra si inseriscono la voce e quindi le percussioni ed infine l’impeto del trio al minuto 14 che si chiude con una serie di accordi di chitarra elettrica dopo altri 4 minuti lasciando spazio alla straordinaria performance di Savoldelli.

E cosa importa se Bailey sostiene in modo fin troppo ortodosso che il senso della musica improvvisata cessa il suo scopo quando riascolti la performance, io l’ho ascoltata e riascoltata più volte.

Ripeto, speriamo nella pubblicazione……………