CHARLIE LENNON “Deora an deorai / The Emigrant Suite”

CHARLIE LENNON “Deora an deorai / The Emigrant Suite”

CHARLIE LENNON “Deora an deorai / The Emigrant Suite”

Gael – Inn Records. Lp, 1985

di alessandro nobis

Charlie Lennon di Killyclogher nella Contea di Leitrim è uno dei più influenti compositori e violinisti (ma è anche un pianista) nell’ambito della musica folk irlandese. Inizialmente pianista, Lennon impara in modo autonomo il violino ascoltando i 78 giri di musica irlandese per poi diventare insegnante e divulgatore e il suo grande e profondo interesse verso la composizione nell’idioma popolare è stato fondamentale nella crescita e rinnovamento di questa grande tradizione musicale che nei decenni si è sviluppato nelle nuove generazioni e possiamo tranquillamente affermare che Charlie Lennon è parte integrante di questa. Per questo “Deora an deorai / The Emigrant Suite” pubblicato dalla benemerita Gael Inn nel 1985 Lennon si è avvalso di un combo di musicisti eccezionali: Frankie Gavin (violino, flauto, viola), del piper Liam Og O’Flynn, di Sile Ni Fhlaithearta (cantante nello stile Sean · Nos e moglie di Lennon) e del chitarrista Pat O’Connell. Lennon dedica questa Suite agli emigranti irlandesi, a quanti hanno avuto la necessità di lasciare l’area di Leitrim per cercare fortuna oltreoceano descrivendo i loro sentimenti di solitudine, dolore e distacco dagli affetti e dalla propria terra. “The Emigrant Suite” si compone di brani originale e della tradizione perfetamnte incastonati uno nell’altro: apre la prima facciata un’overture nella quale sono riconoscibile alcune melodie che ritroveremo all’ascolto come “The Parting” che chiude l’album, con le pipes di Liam O’Flynn a sottolineare alla perfezione il senso di tristezza che accompagna gli emigranti al momento della partenza. Due i brani, tra le tracce più interessanti,  eseguiti nello stile “Sean · Nos” ovvero “Bridin Bréasach” e “Dónal Og” quest’ultimo una canto tradizionale presente nella raccolta Roud al numero # 3379 con il bordone delle pipes ad accompagnare la voce diSile Ni Fhlaithearta. Magnifici i set di reels appartenenti alla tradizione “Early Breakfast · Colonel Frazer” e “The Maid Behind the Bar · the Maid Behind the Barrel” con i violini ed il pianoforte, e non da meno è il jig tradizionale “The Luckpenny Jig” resa immortale dalla sua presenza nell’opera di Francis O’Neill “Music of Ireland”.

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Charlie Lennon from Killyclogher, Co. Leitrim is one of the most influential composers and violinists (but he is also a pianist) in Irish folk music. Initially a pianist, Lennon learned the violin independently by listening to 78 rpm records of Irish music and then became a teacher and popularizer and his great and profound interest in composing in the popular idiom was fundamental in the growth and renewal of this great musical tradition which over the decades it has developed in the new generations and we can safely say that Charlie Lennon is an integral part of this. For this “Deora an deorai / The Emigrant Suite” published by the meritorious Gael Inn in 1985 Lennon made use of a combo of exceptional musicians: Frankie Gavin (violin, flute, viola), piper Liam Og O’Flynn, Sile Ni Fhlaithearta (singer in the Sean · Nos style and wife of Lennon) and guitarist Pat O’Connell. Lennon dedicates this Suite to the Irish emigrants, to those who had the need to leave the Leitrim area to seek their fortune overseas, describing their feelings of loneliness, pain and detachment from their loved ones and their homeland. “The Emigrant Suite” is made up of original and traditional songs perfectly set into each other: the first side opens with an overture in which some melodies are recognisable, which we will find again when listening like “The Parting” which closes the album, with Liam O’Flynn’s pipes perfectly underline the sense of sadness that accompanies the emigrants at the moment of departure. Two songs, among the most interesting tracks, performed in the “Sean · Nos” style, namely “Bridin Bréasach” and “Dónal Og“, the latter a traditional song present in the Roud collection at number # 3379 with the drone of the pipes to accompany the voice of Sile Ni Fhlaithearta. The sets of reels belonging to the tradition “Early Breakfast · Colonel Frazer” and “The Maid Behind the Bar · the Maid Behind the Barrel” with violins and piano are magnificent, and not least is the traditional jig “The Luckpenny Jig” immortalized by its presence in Francis O’Neill’s work “Music of Ireland”.

NORMAN BLAKE · “Lighthouse on the Shore”

NORMAN BLAKE · “Lighthouse on the Shore”

NORMAN BLAKE · “Lighthouse on the Shore”

Rounder Records · LP · 1985

di alessandro nobis

Questo ennesimo gran bel disco di Norman Blake storicamente si inserisce tra le pubblicazioni Rounder di “Nashville Blues” del ’94 e “Blake & Rice” del ’97 ed è un altro bellissimo viaggio nella tradizione americana, nei brani scritti da autori come la Carter Family e Uncle Dave Macon che questa tradizione l’hanno perpetuata e soprattutto da quelli composti da Norman Blake e Nancy Blake. “Hello stranger” e “Wildwood Flower” ad esempio, eseguiti in modo esemplare in solo da Blake: il primo è una ballad composta da A. P. Carter incisa dalla Family nel 1938, il secondo accreditato qui alla stessa Carter Family che la registrò nel 1928 ha un’origine più antica e proviene dalla collezione Roud al numero # 757 (la musica risale al 1860, il testo è di Maud Irving).

Tra i brani più interessanti vuoi per l’arrangiamento che per la scelta della proposta c’è a mio avviso “Jordan Am a Hard Road” eseguito in quartetto dallo stesso Blake, da Nancy Blake al mandolino, James Bryan al violino e Tom Jackson al banjo: è un brano che è qui attribuito a Uncle Dave Macon che lo incise nel 1927, in realtà risale al 1853 essendo stato scritto da Dan Emmett per un “Minstrel Show” per afroamericani.

Tra i tradizionali voglio infine segnalare la hornpipe irlandese “General Garfield” · un solo di Norman Blake · e tra gli originali invece un altro brano eseguito in quartetto, “Butterfly’ Weed“.

Considero questo “Lighthouse on the Shore” uno dei migliori album di Norman Blake, una raccolta che pur essendo stata pubblicato quasi quaranta anni fa conserva, come tutti i lavori di Blake, la sua freschezza evidenziando l’importanza di questo musicista nella storia recente della musica folk americana. Un gran disco.

This is another great album by Norman Blake that historically fits between the Rounder publications of “Nashville Blues” of ’94 and “Blake & Rice” of ’97 and is another beautiful journey into the American tradition, in the songs written by authors such as Carter Family and Uncle Dave Macon who have perpetuated this tradition and above all by those composed of Norman Blake and Nancy Blake. “Hello stranger” and “Wildwood Flower” for example, performed in an exemplary solo by Blake: the first is a ballad composed by A. P. Carter recorded by the Family in 1938, the second credited here to the same Carter Family who recorded it in 1928 an older origin and comes from the Roud collection at number #757 (the music dates from 1860, the lyrics are by Maud Irving).

Among the most interesting pieces both for the arrangement and for the choice of the proposal there is in my opinion “Jordan Am a Hard Road” performed in quartet by Blake himself, by Nancy Blake on mandolin, James Bryan on violin and Tom Jackson on banjo: it is a song that is here attributed to Uncle Dave Macon who recorded it in 1927, in reality it dates back to 1853 having been written by Dan Emmett for a “Minstrel Show” for African Americans.

Finally, among the traditional ones I would like to point out the Irish hornpipe “General Garfield” · a solo by Norman Blake · and among the originals another piece performed as a quartet, “Butterfly’ Weed”.

I consider this “Lighthouse on the Shore” one of Norman Blake’s best albums, a collection which, despite having been published almost forty years ago, retains, like all of Blake’s works, its freshness, highlighting the importance of this musician in the recent history of American folk music. A great remarkable album. Another one.

HOT TUNA “Historic Hot Tuna”

HOT TUNA “Historic Hot Tuna”

HOT TUNA “Historic Hot Tuna”

Relix Records. LP, CS. 1985

di alessandro nobis

Nel 1985 l’etichetta neworkese Relix pubblica questo vinile (disponibile nei colori rosso, giallo o verde) dedicato ad uno dei più significativi gruppi della Bay Area, gli Hot Tuna di Jorma Kaukonen, Jack Casady, Papa John Creach e Sammy Piazza. Le registrazioni risalgono al 1971 e provengono da registrazioni di due trasmissioni radiofoniche della stazione KSAN-FM.

La prima facciata riporta la registrazione di una trasmissione del 30 aprile, tre brani per i quali il quartetto adotta un suono semi-acustico, più rilassato e più adatto all’occasione: si tratta di “Been So Long” scritto da Jorma, di “Search My Heart “, lo standard di Rev. Gary Davis autore tra i più apprezzati da Kaukonen ed il tradizionale “True Religion” (che aprirà lo splendido terzo disco “Burgers” del ’72) cavallo di battaglia degli Hot Tuna che ancora oggi interpretano dal vivo. Magnifica performance, registrazione buona superata però dalla qualità della musica, superba.

La seconda facciata è in realtà una selezione di tre brani estratti dal set del 3 luglio 1971 al Fillmore West (suonarono prima dei Quicksilver Messenger Service) in occasione della sua chiusura, concerto in seguito pubblicato dalla benemerita Keyhole Records nel 2014 in un doppio CD del quale a margine di questo articolo pubblico la scaletta. I tre brani trasmessi sempre dalla stazione KSAN-FM provengono dagli archivi della Bay Area Music e sono alcuni classici del “Tonno Caldo” ossia “Rock Me Baby” (brano registrato per la prima volta nel ’64 da B.B.King), “Want You To Know” della premiata ditta Casady – Kaukonen presente sul secondo disco ufficiale “First Pull Up, Then Pull Down” e la rilettura elettrica del brano di Lightnin’ Hopkins “Come Back Baby“, anche questo presente sull’ellepì citato. Il suono è quello classico dei Tuna “elettrici”, con Casady (uno dei migliori bassisti della storia del rock) e Kaukonen in grandissima forma e con il brillante violino di John Creach, tre Jefferson con il supporto del preciso drumming di Sammy Piazza.

Hot Tuna: meglio la versione acustica, quella semi-acustica o quella elettrica che da qui ad un paio di anni si svilupperà (“Yellow Fever” è del ’75, “Hoppkrov” del ’76, “America’s Choice” del ’75 e parte di “Double Dose” del ’78 sono lì a testimoniare la “terza” scelta)?

Personalmente non ho alcun dubbio e non salomonicamente ma convinto faccio la mia scelta: tutte e tre!

O no?

FILLMORE WEST, 3 LUGLIO 1971

THAT’LL NEVER HAPPEN NO MORE

HOW LONG

CANDY MAN

NEW SONG FOR THE MORNING

KEEP YOUR LAMPS TRIMMED AND BURNING

UNCLE SAM BLUES

JOHN’S OTHER

ROCK ME BABY

BABE I WANY YOU TO KNOW

KNOW YOU RIDER

BEEN SO LONG

COME BAK BABY

FEEL SO GOOD

English Version (Google Translator)

In 1985 the New York label Relix released this vinyl (available in red, yellow or green) dedicated to one of the most significant bands in the Bay Area, Jorma Kaukonen’s Hot Tuna, Jack Casady, Papa John Creach and Sammy Piazza. The recordings date back to 1971 and come from recordings of two radio broadcasts of the KSAN-FM station.

The first side shows the recording of a broadcast of  April 30, three songs for which the quartet adopts a semi-acoustic sound, more relaxed and more suitable for the occasion: it is “Been So Long” written by Jorma, of “Search My Heart “, the standard of Rev. Gary Davis author among the most appreciated by Kaukonen and the traditional “True Religion” (which will open the splendid third album “Burgers” of ’72) workhorse of Hot Tuna who still today interpret live. Magnificent performance, good recording but surpassed by the quality of the music, superb.

The second side is actually a selection of three songs extracted from the set of July 3, 1971 at the Fillmore West (they played before the Quicksilver Messenger Service) on the occasion of its closure, a concert later released by the well-deserving Keyhole Records in 2014 on a double CD of the which on the sidelines of this article I publish the song list. The three songs also broadcast by the KSAN-FM station come from the Bay Area Music archives and are some classics: “Rock Me Baby” (song recorded for the first time in ’64 by BBKing), “Want You To Know” by the award-winning company Casady – Kaukonen present on the second official album “First Pull Up, Then Pull Down” and the electric rereading of Lightnin ‘Hopkins song “Come Back Baby”, also present on the aforementioned LP. The sound is that of the classic “electric” Tuna, with Casady (one of the best bassists in rock history) and Kaukonen in great shape and with John Creach’s brilliant violin, three Jeffersons with the support of Sammy Piazza’s precise drumming.

Hot Tuna: better the acoustic version, the semi-acoustic one or the electric one that will develop within a couple of years (“Yellow Fever” is from ’75, “Hoppkrov” from ’76, “America’s Choice” from ’75 and part of “Double Dose” of ’78 are there to witness the “third” choice)?

Personally I have no doubts and not solomonically but convinced I make my choice: all three!

Or not?

FILLMORE WEST, 3rd July 1971

THAT’LL NEVER HAPPEN NO MORE

HOW LONG

CANDY MAN

NEW SONG FOR THE MORNING

KEEP YOUR LAMPS TRIMMED AND BURNING

UNCLE SAM BLUES

JOHN’S OTHER

ROCK ME BABY

BABE I WANY YOU TO KNOW

KNOW YOU RIDER

BEEN SO LONG

COME BAK BABY

FEEL SO GOOD

NANCY BLAKE “Grand Junction”

NANCY BLAKE “Grand Junction”

NANCY BLAKE “Grand Junction”

Rounder Records. LP, 1985

di alessandro nobis, kindly translated by Jay Beale

” Grand Junction ” is the only solo album by Nancy “Short” Blake, multi-instrumentalist and composer from Missouri whose artistic and sentimental life took a turn when, in 1972, she opened a Norman Blake concert with her ensemble “Natchez Trace” who had recently embarked on a solo career. Her first instrument was the cello but later she became an excellent mandolinist, violinist, guitarist, accordionist and finally a singer, one of the members of that “Rising Fawn String Ensemble” that has for year delighted the finest palates of the “American “; In fact, the violinist James Bryan (of RFSE) and the banjoist Tom Jackson collaborate in this work, in addition to her husband Norman.

Apart from the song that opens the disc, ” Florida’s Rag ” by the great John Hartford (Nancy on mandolin, Norman on guitar) and ” The Crysanthemum ” by Scott Joplin, you can listen to all original songs obviously respectful of tradition that few as the musicians involved know so thoroughly. Of course the understanding between Blake (s) is perfect, ” In Russia “, The Crysanthemun “(by Joplin) and” Lima Road Jig “are there to confirm it but the arrangements of the pieces in quartet are also truly splendid, such as” Walk along ”and“ Three Ponies ”. Nancy Blake is, as mentioned, a very talented instrumentalist who can also record multiple tracks to record a song (“Year of the Locust ”where he records two tracks with the mandolin and one with the guitar) and at the same time offer a“ solo ”piece for five-string violin as“ Mahnuknuk ”inspired by the homonymous god of banality Eskimo.

I do not think there is a CD version of this unfortunately unique work by Nancy Blake, certainly remains the purity of her music and the passion that transpires from it.

THE BOYS OF THE LOUGH “Welcoming Paddy Home”

THE BOYS OF THE LOUGH  “Welcoming Paddy Home”

SUONI RIEMERSI: THE BOYS OF THE LOUGH  “Welcoming Paddy Home”

LOUGH RECORDS 001. LP, 1985 / 86

di alessandro nobis

Pubblicato in America nel 1985 dalla Shanachie Records con un titolo simile (“To Welcome Paddy Home”) e naturalmente con copertina diversa e ripubblicato in Scozia dalla neonata etichetta Lough nell’anno seguente, questo ottimo LP vede l’esordio nella band di due irlandesi, l’uilleann piper  e cantante Christy O’Leary dalla Contea di Kerry ed il chitarrista e pianista John Coakley dalla Contea Cork che vanno ad affiancare il violinista Aly Bain (Isole Shetland), Dave Richardson (northumberland) ed un altro irlandese, il flautista Cathal McConnell. Il gruppo, che ha contribuito in modo determinante allo sviluppo del folk revival di matrice scoto irlandese, nelle sue diverse formazioni si è sempre distinto per la perfetta armonia, per la sobrietà dei suoni – il pianoforte acustico, per fare un esempio – l’equilibrio tra gli strumenti e per la scelta del repertorio che dall’Irlanda va alla Scozia “pescando” anche oltreoceano nell’area di Cape Breton: per la prima volta come detto qui appare il suono delle uilleann pipes che con il loro apporto identificano i brani portati in eredità dalla parte irlandese della band: il reel che apre la seconda facciata del disco “The Antrim Rose” dell’accordeonista Paddy O’Brien (1922 – 1991) eseguito magistralmente da O’Leary ed abbinato ad altri due reels, “Miss McGuinness” e “Brereton’s”, oppure la ballata “The Song of Ardee” di Gaby McArdle che si caratterizza per il sontuoso accompagnamento del pianoforte di Coakley alla voce e le pipes di O’Leary che suonano la melodia ed infine le due hornpipes (“Alexander’s” e “The Green Cockade”) con il violino di Aly Bain in grande evidenza.

I Boys of the Lough nella loro storia hanno saputo sempre mantenere una forte indentià restando fedeli al patrimonio tradizionale senza mai cedere a “collaborazioni” con suoni e musicisti alloctoni: non sono mai venuti a suonare in Italia, e questo resterà sempre un cruccio per noi di Folkitalia che abbiamo per anni, forse decenni, di poter ammirare questo ensemble dal vivo. Personalmente confesso di avere avuto la fortuna di assistere ad un loro concerto sull’Isola di Skye, circa quattro decenni fa: grande performance naturalmente, chi c’era non la dimenticherà.

KORNOG “Ar Seizh Avel”

KORNOG “Ar Seizh Avel”

KORNOG “Ar Seizh Avel / On Seven Winds”

GREEN LINNET, CD,  1985

di Alessandro Nobis

Questo “On Seven Winds” è il terzo album dei meravigliosi Kornog, a mio avviso il più significativo gruppo tra quelli emersi dal fenomeno del folk revival di matrice celtica ed in particolare bretone, con i loro cinque album incisi tra il 1983 ed il 2000 (“Kornog”, 1983 –  “Premiere: Live in Minneapolis”, 1984 –  “Ar Seizh Avel”, 1985 – “Kornog IV”, 1987 ed infine “Korong”, 2000); il loro repertorio fatto di una combinazione di temi a danza e ballate, i perfetti arrangiamenti che rinnovano una tradizione secolare, in una parola il suono d’insieme li rendeva unici, senza contare il livello artistico dei loro componenti ovvero il violinista Christian Lemaitre, il chitarrista Soig Siberil, il flautista Jean-Michel Veillon ed il cantante e suonatore di bozouky, lo scozzese Jamie McMenemy (uno dei co-fondatori anche della davvero leggendaria Battlefiel Band) che in seguito hanno partecipato ad altri progetti musicali di altissimo livello, un nome su tutti Pennoù Skoulm.MI0001957227

La raffinatezza e dolcezza di “Trip to Flagstaff” (scritta a quattro mani da Siberil e McMenemy), i due set di “Gavotte”, (il secondo eseguito dal solo Lemaitre), il Kan ha diskan di “Toniou Bale”,  la danza in 7/16 della danza bulgara “Varbishka Ratchenitza” e la rivisitazione della Child Ballad 59 (Sir Aldingar) cantata da McMenemy che sembra uscita dal repertorio della Battlefield delle origini sono solo alcuni dei tratti più significativi di questo splendido disco di un gruppo che, ne sono certo, ha stimolato molti giovani musicisti bretoni allo studio ed alla pratica della tradizione musicale della Bretagna.

Un disco il cui ascolto dopo trentatre anni mantiene integra la sua bellezza ed il suo fascino.

ROBERTO MENABO’ “A bordo del Conte Biancamano”

ROBERTO MENABO’ “A bordo del Conte Biancamano”

ROBERTO MENABO’

“A bordo del Conte Biancamano”
 – Autoproduzione CD, 1985 ristampa 2016

di Alessandro Nobis

“Chitarra primitiva: genere musicale nato alla fine degli anni Cinquanta da un ex benzinaio americano di Washington che utilizzò lo stile chitarristico dei primi decenni del Novecento – usato allora per accompagnare il canto – per nuove composizioni strumentali legate, ma anche molto distanti da esse, alle tradizioni della musica americana. L’ex benzinaio di nome faceva di John Fahey”. Giusto per chiarire il concetto per i pochi che – pur essendo fans del chitarrista americano – non sapevano della definizione della sua musica. Questo era altrettanto doveroso per dire due parole su questo bel disco che il chitarrista Roberto Menabò registrò e pubblicò nel 1985, un lavoro pensato, eseguito con maestria rifacendosi al “suono” della magica chitarra di Fahey. 878_001Si, “rifacendosi” perché di Fahey Menabò ripropone un solo brano – per la verità suo era solo l’arrangiamento – ovvero “Poor Boy” pare composto da Bukka White – , per il resto sono solo composizioni originali intriganti e suonate alla perfezione, visto che questo stile chitarristico “non perdona”. Ma dopo il conclusivo “Coiffeur Rag” il disco non termina, ma continua con altre 2 tracce registrate nel 1998 che facevano parte di un progetto chiamato “memorie”, vecchie canzoni popolari arrangiate per chitarra, voce e contrabbasso, 3 registrate nel 2006 ed infine l’ultima, “Alba” registrate nel 2015, una narrazione che si svolge tra le trincee sull’Altopiano di Asiago.

Un disco da riscoprire, senz’altro. Nello spirito del grande John Fahey.

http://www.robertomenabo.it