EMANUELE TONDO “Sguardo a Sud-Est”

EMANUELE TONDO “Sguardo a Sud-Est”

EMANUELE TONDO

“Sguardo a Sud-Est” – DODICILUNE DISCHI, 2016, CD

di Alessandro Nobis

tondoCon questo “Sguardo a Sud Est” il pianista Emanuele Tondo ci racconta in nove quadri la sua vita, i luoghi vissuti e le persone frequentate, in compagnia di Luca Pisani al contrabbasso, Francesco Geminiani al sassofono tenore, Massimo Chiarella alla batteria e – in “Alfonsina” – dal canto di Beatrice Milanese. Siamo in pieno mainstream e soprattutto siamo in presenza di un ottimo autore e strumentista – come mi capita sempre più spesso di ascoltare – capace di comporre dell’ottima musica dall’efficace lirismo lasciando spazio all’interplay, il succo del jazz “d’autore”, che si manifesta in tutto il lavoro e che risalta grazie alla bravura dei musicisti coinvolti.

La ballad “Torreselle” eseguita in trio ed introdotta da pianoforte e poi dal contrabbasso – che esegue poi un bel solo – e batteria, il poetico tema di “Porto Selvaggio” portato dal sassofono, il lirismo di “Alfonsina” come detto con il testo composto e cantato da Beatrice Milanese e il conclusivo brano per piano solo che da il titolo a questo lavoro sono solamente i tre brani che più ho gradito.

Come già ho sottolineato in altre occasioni, il jazz italiano – non quello dei quattro soliti nomi – va assolutamente scoperto e presentato al pubblico dei festival perché nel suo foltissimo sottobosco nasconde talenti purtroppo conosciuti solamente dagli addetti ai lavori. Uno di questi è Emanuele Tondo, e bene fa la Dodicilune ad impegnarsi nella produzione e nella promozione di questi artisti. Anche se l’Italia è un Paese difficile, ma questo lo sappiamo tutti.

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DALLA PICCIONAIA: Connla “Live”

DALLA PICCIONAIA: Connla “Live”

DALLA PICCIONAIA: Connla Live. Castello Visconteo di Pagazzano (Bg). 15 luglio 2016.

di Alessandro Nobis

Sì, avevo già avuto modo di apprezzarli al #WKPF di Armagh lo scorso novembre, e questo concerto, uno dei loro primi in Italia, non ha fatto altro che confermare la mia – e non solo mia – ipotesi: che i Connla sono uno dei più interessanti ensemble di quella corrente che mi piace definire come neo folk irlandese. Provenienti dalle Contee di Derry ed Armagh, con il loro CD d’esordio “River Waiting” freschissimo di stampa (in realtà alla fine del 2015 avevano pubblicato un EP), si distinguono parecchio dagli altri gruppi di musica popolare di matrice celtica. IMG_1426Innanzitutto perché il loro background musicale comprende il rock, il jazz, la musica classica e naturalmente la tradizione, e in seconda battuta perché questa loro peculiarità consente loro di scrivere e di arrangiare brani tradizionali – pochi per la verità – con un piglio slegato dai dettami del folk più ortodosso.

IMG_1431Il concerto quindi è vissuto nella quasi totalità sul repertorio di “River Waiting”, dal set di danze “Blue Lagoon” introdotto dai flauti di Conor Malon e Ciaran Carlin alla bellissima ballad “Saints & Sinners” di David Francey arrangiata dalla band, fino alla slow air strumentale “For Doc” composto e suonato dal chitarrista Paul Starrett ed al brano che più mi ha impressionato, “Julie”, una canzone spendidamente cantata da Ciara McRafferty con l’accompagnamento dell’arpa di Emer Ballon arrangiata inserendo tra le strofe un reel.

Bene ha fatto Gigi Bresciani di Geomusic a farli arrivare in Italia – anche se per poche date -, pescandoli con il suo solito fiuto ad Armagh, città sede dell’Armagh Pipers Club, autentica scuola di formazione per tutti coloro che in Irlanda credono nella tradizione e nel suo perpetuarsi.

 

NINO GATTI: “Syd Barrett. Alle soglie dell’alba”

NINO GATTI: “Syd Barrett. Alle soglie dell’alba”

NINO GATTI

“Syd Barrett: Alle soglie dell’alba”

Edizioni Chichy 2016. 139 pagg. € 7,80

di Alessandro Nobis

Questo non è ovviamente il solo volume esistente dedicato a Syd Barrett, purtuttavia la sua impostazione unita al favorevole prezzo mi hanno spinto al suo acquisto e, dal momento che ve ne parlo, alla sua lettura. Non amo particolarmente leggere biografie di musicisti, ciononostante saperne di più su una figura del mondo musicale come quella del musicista di Cambridge mi è stato utile per avere una visione più completa del suo ruolo e della sua influenza sulle generazioni che lo hanno temporalmente seguito.

Il libro, dicevo, ha un’impostazione interessante e diversa dal solito, e si presenta suddiviso in sezioni: la prima è “Alle soglie dell’alba”, un lucido e personale scritto dello stesso curatore Nino Gatti, sicuramente una delle persone che più hanno approfondito la ricerca e sviscerato le tematiche del fondatore dei Floyd alla quale segue una serie di ricordi personali inediti di amici di lunga data di Syd Barrett. “Le sue parole” è una serie di significativi estratti da interviste e dichiarazioni rilasciate alla stampa dallo stesso Barrett, e l’ultima sezione, “Le parole degli altri”, include chiarificatrici testimonianze di addetti ai lavori (musicisti influenzati dalla sua musica, giornalisti, da Daevid Allen a Joe Boyd per fare due nomi) sulla personalità e sulle sfaccettature barriettiane.

Completano doverosamente il “Alle soglie dell’alba” una dettagliata ma curatissima biografia ed accurate discografia e bibliografia.

Un volume dalla cui lettura si comprende quanto sia intensa la passione di Gatti per le “gesta barrettiane” e di quanto sia stato approfondito e curato in modo certosino il lavoro di ricerca per la realizzazione di questo bel volumetto.

Tutto ciò al di là del fatto che il 7 luglio da poco trascorso si siano contati dieci anni dalla scomparsa “biologica” di Syd Barrett.

 

GIUSEPPE FINOCCHIARO “Prospectus”

GIUSEPPE FINOCCHIARO “Prospectus”

GIUSEPPE FINOCCHIARO

“Prospectus”
 – DODICILUNE CD, 2016

di Alessandro Nobis

In un’epoca in cui imperversano con i loro pianoforti ammaliatori, affabulatori e incantatori di serpenti, la musica di questo “Prospectus” del siciliano Giuseppe Finocchiaro – seconda sua produzione per l’etichetta salentina dopo “Incipit” del 2008  – giunge come una ventata di aria fresca nel panorama jazzistico italiano. Senza entrare negli stereotipi della cosiddetta “mediterraneità” mi sembra di dover dire che la prima caratteristica che emerge dall’ascolto è il delicato lirismo con il quale traduce in musica le sue osservazioni visive; un organico ridotto all’essenziale (contrabbasso e tabla, ed un po’ di cajon) che ti fa apprezzare al meglio la capacità di scrittura del pianista e la sua preparazione strumentale. albums“Suspendido a ti” dal sapore argentino nella sua parte strumentale ed anche in quella struggente cantata da Martin Romero che scrive anche il testo, “Espanol” evoca il mondo musicale iberico, “Taranta” con l’archetto del contrabbasso ed il tappeto delle tabla richiama la tradizione della tarantella, la conclusiva ballad “When you feel lonely” in duo con il contrabbasso di Giovanni Arena sono gli episodi che ho apprezzato maggiormente.

Un’altra bella produzione dell’instancabile Dodicilune sempre alla ricerca della qualità, un gran bel disco, intenso, vario, da gustare in tutte le sue molteplici sfaccettature.

P.S. La premiata ditta “Steinway & Sons” ringrazia per l’ottimo uso di una delle sue creature.

DUCK BAKER TRIO “Deja Vouty”

DUCK BAKER TRIO “Deja Vouty”

DUCK BAKER TRIO

“Deja Vouty”

FULICA Records CD, 2016

di Alessandr0 Nobis

Per la sua più recente incarnazione del suo trio il chitarrista americano Duck Baker ha scelto due assi della musica improvvisata europea, il contrabbassista John Edwards, del quale avevo già parlato recensendo il suo disco “Jems” in duo con Mark Sanders pubblicato dall’intrepita Treader di John Coxon, ed il clarinettista Alex Ward, anche lui nel team della Treader per la quale aveva già dato alle stampe il bel “Clarinet Record” con John Coxon.

Il repertorio comprende brani composti tra il 2011 ed il 2014 che qui sono incisi per la prima volta. Non avevo mai ascoltato Duck Baker con questa formazione, e devo dire che la musica qui è piuttosto eccitante e ti entra nell’apparato uditivo come una cascata di acqua fresca. duck trioE’ la dimostrazione del dinamismo del jazz, una dimostrazione di come ancora in questi nostri giorni ci si possa ispirare ai grandi compositori del passato, prendere da essi qualche idea e comporre brani come “You’ll have like that” con nella mente le note di Hank Mobley, “The Blues is The Blues is The Blues is” da Benny Carter o ancora “Marking Time” da Sonny Clark, una caratteristica questa che sapevo già di Duck Baker, ma in veste “solista”. L’esecuzione è mirabile, rara la combinazione chitarra acustica – contrabbasso – clarinetto e sulla solidità del trio non c’è nulla da dire, le loro straordinarie tecniche individuali sono al servizio del suono d’insieme.

Disco a mio modesto avviso spettacolare, se fossi direttore artistico di un qualsiasi jazz festival, anche condominiale…………avete capito.

http://www.duckbaker.com