SETANTA “Setanta”

SETANTA “Setanta”

SETANTA “Setanta”

Tinto Tap Records. CS, 1990

di alessandro nobis

Ritornati in Italia nel 1989 (dopo un’apparizione a Folkermesse) grazie al giornalista Enzo Palombella · che curò anche la copertina dell’audiocassetta · per la loro tourneè organizzata da FOLKITALIA, i Setanta suonarono a Verona al Posto il 13 aprile per presentare questa loro unica incisione dal titolo eponimo e che riporta misteriosamente la data di pubblicazione dell’anno successivo. Un vero peccato che la carriera discografica dei Setanta non sia in pratica mai iniziata perchè riascoltando la loro cassetta e la registrazione beninteso artigianale del loro live veronese emerge ancora oggi la qualità, il brio, la freschezza e l’equilibrio del loro suono apprezzato dal numeroso pubblico che affollò il locale sotto la spinta del fascino del folk scoto·irlandese nonostante fossero musicisti impegnati quotidianamente in altre professioni; una particolarità che distingueva i Setanta dagli gruppi del folk revival dell’epoca era senz’altro il suono dell’hammered dulcimer suonato con grande gusto e abilità dallo scozzese Jack Bethel (ascoltare “O’Dwyers” nel lato B della cassetta).

Era un gruppo ben rodato composto da musicisti irlandesi e scozzesi (Mike Berry · violino, tin whistle ·, Jack Bethel · hammered dulcimer, concertina ·, Colin McAllister · voce, bodhran ·, Hunter McConnell · voce, chitarra ·, David John Munro · uilleann pipes · e Gearoid O’Laoghaire · violino ·) residenti nell’area di Glasgow ed il repertorio di questa cassetta era fatto di canti narrativi e di suite di danze: tra i primi menziono una bella versione di “John Franklin” · presentata anche nel concerto veronese K, “Lovely Old Fintown” raccolta nella contea di Derry e “Carrickmammon Lake” proveniente invece dalla Contea irlandese di Down qui proposta nella versione della cantante tradizionale Sarah Ann O’Neill e qui con la splendida voce di Colin McAllister. Tra gli strumentali senz’altro va citata la suite di tre slides provenienti dalla regione di Cork e il medley “Da Auld Resting Chair · Hakki’s Polka · The Old Polka” (la seconda dalle Shetland e l’ultima dalle isole Orkney) e la suite di jigs “The Boys of the Town · The Connaughtman’sRamble · The Eaversdropper“.

In definitiva un lavoro ben riuscito, forse poteva essere un demotape per un possibile primo CD dei Setanta, peccato che il progetto non si sia concretizzato. Ma c’è sempre tempo …..

Back in Italy in 1989 (after an appearance at Folkermesse Festival) thanks to the journalist Enzo Palombella · who also edited the cover’ graphic of the audio cassette · for their tour organized by FOLKITALIA, the Setanta played in Verona al Posto on April 13th to present their the only engraving with the eponymous title and which mysteriously bears the publication date of the following year. It’s a real pity that Setanta’s recording career practically never started because listening to their cassette and the artisanal recording of their live performance in Verona still emerges today the quality, panache, freshness and balance of their sound appreciated by the numerous audiences who flocked to the venue under the influence of the charm of Scot·Irish folk despite being musicians engaged in other professions on a daily basis; a peculiarity that distinguished the Setanta from the folk revival groups of the time was undoubtedly the sound of the hammered dulcimer played with great taste and skill by the Scotsman Jack Bethel (listen to “O’Dwyers” on side B of the cassette).

It was a well-established group made up of Irish and Scottish players (Mike Berry fiddle, tin whistle, Jack Bethel hammered dulcimer, concertina, Colin McAllister vocals, bodhran, Hunter McConnell vocals, guitar, David John Munro uilleann pipes · and Gearoid O’Laoghaire · violin ·) resident in the Glasgow area and the repertoire of this tape was made up of narrative songs and dance suites: among the former I mention a beautiful version of “John Franklin” also presented in the Verona concert K, “Lovely Old Fintown” collected in the county of Derry and “Carrickmammon Lake” coming instead from the Irish County of Down proposed here in the version of the traditional singer Sarah Ann O’Neill and here with the splendid voice of Colin McAllister. Among the instrumentals, the suite of three slides from the Cork region and the medley “Da Auld Resting Chair · Hakki’s Polka · The Old Polka” (the second from Shetland and the last from the Orkney Islands) and the suite of jigs “The Boys of the Town · The Connaughtman’sRamble · The Eaversdropper”.

Ultimately a successful work, perhaps it could have been a demotape for a possible first Setanta CD, a pity that the project did not materialize. But there is always time …..

Lato A:

GOING TO THE WELL FOR WATER

WHEELS OF THE WORLD · THE RIGHTS OF MAN

TIBBIE FOWLE

DA AULD RESTIN CHAIR · HAKKI’S POLKA · THE OLD POLKA

LOVELY OLD FINTOWN

OUT ON THE OCEAN · THE MISTY MOUNTAIN · PADDY O’RAFFERTY

Lato B:

LORD FRANKLIN

THE BOYS OF THE TOWN · THE CONNAUGHTMAN’S RAMBLE

CARRICKMANNON LAKE

THE STRANGER · O’DWYERS · OFF TO CALIFORNIA

SWEET COUNTRY ANTRIM

THE MAID BEHIND THE BAR · THE HUMORS OF TULLA · THE TORN PETTICOAT · THE SAILOR’S BONNET

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CALICANTO · BURATTINI DEL SOLE · “La Ballata di Fri e Tata”

CALICANTO · BURATTINI DEL SOLE · “La Ballata di Fri e Tata”

CALICANTO · BURATTINI DEL SOLE · “La Ballata di Fri e Tata”

Edizioni La Torre. CS, 1990

di alessandro nobis

Dopo trent’anni fa una certa piacevole tenerezza riascoltare questa audiocassetta curata dai padovani Calicanto ovvero Roberto Tombesi, Corrado Corradi, Giancarlo Tombesi e Gabriele Coltri; tenerezza perchè i bambini ai quali era dedicata avranno oggi superato la quarantina, qualcuno avrà avuto anche dei figli e sarebbe interessante sapere da loro se il “seme” piantato allora da “La Gran Compagnia di spettacoli musicali Calicanto” e dai “Burattini del Sole” abbia dato dei frutti …….. spontanei.

La Ballata di Fri e Tata” racconta dello svolgersi di una giornata della bimba Tata, dopo una notte passata tra le paure del serpente Fri, che “mangia la gente”, attraverso filastrocche, dialoghi con la voce dei bambini (“Augh!”) ninne nanne e marcette pensata per coloro i quali operano nel mondo dell’infanzia e a tutti i genitori che vogliano ritornare con l’immaginazione alla loro fanciullezza e comunicare con i bambini attraverso il linguaggio musicale e questo ancor più se ci si relaziona con il mondo della disabilità Non è un caso se “La Ballata di Fri e Tata” era un progetto realizzato con Kadeidos · Coordinamento Down del Triveneto ·. Insomma un’idea innovativa che voleva anche essere un contatto tra i mondi dell’infanzia e quello della cultura popolare: scrivere nuovo materiale anzichè utilizzare quella già esistente è una metodologia indispensabile per creare una “nuova cultura popolare” basata sul materiale tramandato da generazioni.

I testi sono di Alessandro Gigli dei Burattini del Sole e i Calicanto, gruppo storico del folk revival italiano, scrivono o reinterpretano temi a danza come “Sette passi dei colori” (testo di Roberto Tombesi), una manfrina “Manfrinon“, una “Marcetta” scritta da Corrado Corradi e la “Filastrocca dell’ombrello” con il testo ancora di Gigli; la giornata di Tata si conclude con la dolcissima “Ninna Nanna del Cavaliere” con la voce ed il testo di Rosanna Trolese accompagnata dalla concertina di Corrado Corradi nella speranza di passare una notte più tranquilla …….. “Questa notte · dice una sicura Tata · gliela faccio vedere io al serpente!“.

JEAN RITCHIE AND DOC WATSON “At Folk City”

JEAN RITCHIE AND DOC WATSON “At Folk City”

JEAN RITCHIE AND DOC WATSON “At Folk City”

Folkways Records. LP, 1963

di alessandro nobis

Pubblicato dalla Folkways nel lontano 1963 e ristampato in compact disc dalla Smithsonian / Folkways nel 1990 con tre brani inediti questo disco testimonia il primo incontro favorito dal genio di Ralph Rinzler tra Jean Ritchie e Doc Arhel Watson, due colonne portanti del folklore americano; ambedue provenienti dalla vasta area appalachiana ma residenti a duecento miglia uno dall’altra (la prima in un’area mineraria, il secondo in una rurale) sono i portatori, gli “informatori” della musica tradizionale della zona di provenienza, ed entrambi appartenevano a due famiglie che avevano coltivato la passione per le loro radici parallelamente.

Il CD contiene ben 17 brani che testimoniano un concerto tenuto al “Folk City” del Greenwich Village di New York; un autentico miracolo alchemico qui si ascolta, visto che i due non si erano mai conosciuti nè di persona nè di fama. Ciò che ne esce è l’anima della tradizione orale, il piacere di suonare assieme, forse anche la scoperta di repertori comuni tramandati dalle generazioni precedenti e sviluppatesi a reciproca insaputa.

E’ quindi una testimonianza straordinaria di quanto detto, che contiene alcune tra le pietre angolari del folk d’oltreoceano: basta citare “Swing and Turn Jubilee” (dal repertorio della famiglia Ritchie, quin con la voce del cantante e banjoista Roger Sprung), “Soldier’s Joy” (un’aria per violino di origine scozzese, Doc Watson alla chitarra e armonica) , “Pretty Polly” (una “murder ballad” di origine inglese, catalogata da Roud con il numero #15 e qui interpretata dalla evocativa voce di Jean Ritchie che si accompagna al dulcimer) o ancora “The House Carpenter” (ovvero “The Daemon Lover“, Roud #14 e Child #243 sempre di origine scozzese, qui con Watson al banjo) ed il gran finale di “Amazing Grace” con l’accompagnamento del pubblico e la partecipazione di Roger Sprung.

I brani inediti presenti sul CD sono “East Virginia” (Watson al banjo e canto, composto da A.P. Carter, della Carter Family), “Pretty Saro” (Roud #417, di origine inglese) e “Blue Ridge Mountain Blues” di Cliff Hess.

Album fondamentale, alcune radici della musica “americana” le trovate qui. Tornare alle origini, alla purezza di questa musica è una boccata di aria fresca ……….

– English Version (Google English Version)

Released by Folkways in 1963 and reissued on compact disc by Smithsonian / Folkways in 1990 with three unreleased tracks, this record testifies to the first meeting favored by the genius of Ralph Rinzler between Jean Ritchie and Doc Arhel Watson, two pillars of American folklore; both coming from the vast Appalachian area but residing two hundred miles from each other (the first in a mining area, the second in a rural one) are the bearers, the “informants” of the traditional music of the area of ​​origin, and both belonged to two families who had cultivated a passion for their roots in parallel.

The CD contains 17 tracks that testify to a concert held at the “Folk City” of Greenwich Village in New York; an authentic alchemical miracle can be heard here, since the two had never known each other either personally or by fame. What emerges is the soul of the oral tradition, the pleasure of playing together, perhaps even the discovery of common repertoires handed down from previous generations and developed without mutual knowledge.

It is therefore an extraordinary testimony of what has been said, which contains some of the cornerstones of overseas folk: just mention “Swing and Turn Jubilee” (from the Ritchie family repertoire, quin with the voice of singer and banjoist Roger Sprung), “Soldier’s Joy” (an aria for violin of Scottish origin, Doc Watson on guitar and harmonica), “Pretty Polly” (a “murder ballad” of English origin, cataloged by Roud with the number # 15 and interpreted here by the evocative voice by Jean Ritchie accompanying the dulcimer) or “The House Carpenter” (or “The Daemon Lover”, Roud # 14 and Child # 243 always of Scottish origin, here with Watson at the banjo) and the grand finale of “Amazing Grace “with the accompaniment of the public and the participation of Roger Sprung.

The unreleased tracks on the CD are “East Virginia” (Watson at banjo and singing, composed by AP Carter, of the Carter Family), “Pretty Saro” (Roud # 417, of English origin) and “Blue Ridge Mountain Blues” by Cliff Hess.

Fundamental album, some roots of “American” music can be found here. Going back to the origins, to the purity of this music is a breath of fresh air ……….

SUONI RIEMERSI: BEPPE CASTELLANI 4et “Italian Standards vol. 1 & 2”

SUONI RIEMERSI: BEPPE CASTELLANI 4et “Italian Standards vol. 1 & 2”

SUONI RIEMERSI: BEPPE CASTELLANI 4et “Italian Standards vol. 1 & 2”

IL POSTO RECORDS, 1989, 1990. lp

di alessandro nobis

I due dischi realizzati per “Il Posto Records” a cavallo del 1990 dal quartetto guidato dal tenorista Beppe Castellani con Ares Tavolazzi al contrabbasso, Riccardo Biancoli alla batteria e Giorgio “Cigno” Signoretti alla chitarra sono tra i più significativi progetti nati a Verona in quegli anni ed uno dei primi a rendere finalmente omaggio ai brani di due grandi cantautori italiani come Luigi Tenco e Gino Paoli. A distanza di trent’anni il progetto “Italian Standars” mantiene inalterata la bellezza della musica, la scelta oculata della scaletta ed i preziosi arrangiamenti curati dalla coppia Castellani – Signoretti che lasciavano ampio spazio all’interplay tra i quattro strumenti ed anche all’esecuzioni di assoli sempre di ottima fattura e misurati. Ad esempio la splendida riproposizione del brano di Paoli “Gli innamorati sono sempre soli”: tema esposto dal tenore di Castellani con seguente lungo assolo che introduce quelli di Signoretti e di Tavolazzi e il tenore che chiude il cerchio. Oppure nella seguente struggente e pacata ballad “Mi sono innamorato di te” uno degli high-lights di “Italian Standards” a mio avviso per l’intensità che comunica. Jazz mainstream di eccellente fattura, suonato con grande perizia ed intelligenza che ha saputo translare gli spartiti di Paoli e Tenco nel mondo della musica afroamericana ad un livello inedito per quegli anni. Dispiace solamente che la diffusione di questi due lavori, a mio avviso due perle del jazz italiano, non sia stata al livello della qualità della musica ma, come si dice, “del senno di poi son piene le fosse”. Dispiace comunque.

Le evocative foto di copertina sono di Beppe Castellani, che negli ultimi anni si è dedicato alla fotografia artistica con ottimi risultati (https://beppecastellani.jimdofree.com).

Il progetto “Italian Standards” avrà un seguito nel 1992 con “A new page” pubblicato dalla Modern Times ed accreditato allo Stefano  Benini – Beppe Castellani Quintet con Piero Leveratto al contrabbasso ed il co-leader, Stefano Benini, al flauto traverso.

VOLUME 1: registrato nel maggio 1989.

Lato A

Gli innamorati sono sempre soli (G. P.)

Mi sono innamorato di te (L. T.)

Se sapessi come fai (L. T.)

Lato B

Senza fine (G. P.)

Un giorno dopo l’altro (L. T.)

Volume 2: registrato nel marzo 1990.

Lato A

Ragazzo mio (L. T.)

Tu non hai capito niente (L. T.)

Un uomo vivo (G. P.)

Vedrai vedrai (L. T.)

Ho capito che ti amo (L. T.)

ROBBIE HANNAN “Traditional Irish Music Played on the Uilleann Pipes”

ROBBIE HANNAN “Traditional Irish Music Played on the Uilleann Pipes”

ROBBIE HANNAN “Traditional Irish Music Played on the Uilleann Pipes”

Claddagh Records. LP, CD 1990

di alessandro nobis

Queste registrazioni di ormai trenta anni fa sono la prima testimonianza (una delle poche in verità, e aggiungo purtroppo) del piper di Belfast Robbie Hannan, uno di quella schiera di musicisti che pur avendo una tecnica ed una espressività di primissimo livello hanno deciso di preferire la divulgazione e lo studio della storia delle uilleann pipes alla carriera di musicista in veste solistica o in ensemble musicali. Hannan si avvicinò alla musica irlandese grazie alla collezione di 78 giri delle Ceili Band (specializzate soprattutto in musica irlandese e scozzese eseguita per i balli popolari) dei genitori ma presto fu catturato dalla musica di Paddy Moloney e di Liam O’Flynn, e fu così che nel 1977 iniziò a suonare le uilleann pipes. In questo suo straordinario lavoro Hannan presenta un po’ tutte le sue influenze, da quelle “sonore” dei grandi maestri a quelle “scritte” e riportate in pubblicazioni fondamentali per lo studio e la pratica della musica tradizionale irlandese; ricordo John Doherty, del quale interpreta “The Flood on the Holm / Miss Monahan”, Seamus Ennis con uno dei brani favoriti del piper dublinese (“Stay Another While / The College Groves”), Willie Clancy che lo ha ispirato per l’interpretazione di “Chief O’Neill / The Plains of Boyle” ed il violinista Michael Coleman con una versione ispirata da un’altra figura storica del folk irlandese, Tommy Reck. E poi come dicevo le fonti scritte, in primis quella che cito spesso, “Irish Folk Music – A Fashinating Hobby”, raccolta pubblicata a Chicago nel 1903 dal Capitano Francis O’Neill (1849 – 1936) e la più antica, quella pubblicata dal dublinese Edmund Lee nel 1774 (“Celebrated Irish Tunes”).

A completamento di questo LP e sua parte integrante la splendida copertina, un dipinto ad olio su tela del pittore di Armagh John Brian Vallely, da quale traspare l’energia e la passione che permea tutto il disco del piper di Belfast.

Questo brillantissimo lavoro di Robbie Hannan (disponibile in CD) è un manuale indispensabile per quanti si vogliano avvicinare come studiosi, musicisti o semplici appassionati, come chi scrive, al complesso mondo della tradizione musicale della terra d’Irlanda partendo dalle fondamenta, le uilleann pipes; da qui può iniziare un viaggio che può portare lontano …..

DISCOGRAFIA consigliata, e forse completa:

1990: ALBUM. “Traditional Irish Music Played on the Uilleann Pipes”, Claddagh Records, LP, CD CC53

1994: “Peter Street, The Silver Spear, The Dublin Reel”, “Moll Rua (Red Moll), An Phis Fhliuch (Sometimes Known As O’farrell’s Welcome To Limerick)”, “Jenny’s Wedding, The Pure Drop”. (AA.VV. “The Drones and the Chanter Volume 2”). Claddagh Records, CD CC6

1995: ALBUM.“Séideán Sí”: Paddy Glackin e Robbie Hannan. Gael-Linn Records, CD CEF171

2000: “Speed the Plough / The Beare Island Reel”. (AA.VV. “Live Recordings from The William Kennedy Piping Festival)”. Armagh, 19 / 11 / 2000. CD. www.armaghpipers.com

2005: “The Rolling Boys Around Tandragee / Sergeant Early’ Jig”. Armagh, 2005. (AA.VV. “Live Recordings from The William Kennedy Piping Festival, 2018). CD. www.armaghpipers.com

“Verona, dedicato a John Lennon”

“Verona, dedicato a John Lennon”

“Verona, dedicato a John Lennon”

Il Posto Records. 2LP, 1990

Sono trascorsi ventinove anni dalla pubblicazione – prodotta da Luciano Benini e dalla sua etichetta “Il Posto Records” – di questa lucida testimonianza del frizzante panorama musicale di Verona dedicata al songbook di John Lennon, assassinato dieci anni prima. Confesso che era un bel po’ che non rimettevo sul giradischi questi vinili, e mi viene spontaneo affermare che musica che ho ascoltato è che ancora oggi di assoluto livello sia nella progettazione artistica del lavoro curata da Francesco Sbibu Sguazzabia che nella sua realizzazione, facendomi ritornare ai tempi de “Il Posto” di Luciano Benini (ideatore di questo progetto), il locale veronese che in quegli anni offriva una programmazione di livello veramente notevole appetibile per tutti i palati.

R-6322261-1424185027-5674.jpegIn questo lodevolissimo lavoro sono rappresentati molti dei linguaggi musicali frequentati dai musicisti coinvolti come si legge nella scaletta sotto riportata: dal jazz al rock più arcigno, dalla canzone d’autore alla musica ambient, dalla fusion al canto lirico, tutti concentrati ad interpretare lo splendido ed immortale songbook di John Lennon.

Voglio a questo punto indicare un brano per facciata che durante l’ascolto mi ha questa volta più colpito per la scelta dell’arrangiamento e per la qualità dell’interpretazione, e come sempre accade quando si ascoltano questi lavori antologici a seconda del proprio stato d’animo si fanno delle scelte sempre diverse: oggi quoto “Nowhere Man” di Beppe Castellani con una splendida versione solistica al tenore, la magnifica “Yer Blues” del trio del baritonista Bruno Marini con Gianni Sabbioni e Cesare Valbusa, “Imagine” del Tu whit, tu whoo Trio in una originale interpretazione ambient e “Nobody Loves You”, testo in italiano di Duilio Del Prete con la splendida voce di Grazia De Marchi accompagnata dall’impeccabile Giannantonio Mutto al pianoforte.

Peccato che questo lavoro non sia stato mai pubblicato su compact disc o sulle piattaforme digitali perché potrebbe avere finalmente l’attenzione di un pubblico molto più vasto di quello che in passato abbia avuto.

Una fotografia delle Verona musicale di quegli anni, ricchissima di musicisti di alto livello che componevano una scena che poche altre città potevano vantare.

All’interno un inserto con i testi, commenti di Luciano Benini, del Movimento Nonviolento, di Riccardo Bertoncelli, Enrico De Angelis e Giampaolo Rizzetto; grafiche di Loretta Sacconelli e la copertina di Gianni Zampolli.

Questa la scaletta dei brani:

NOWHERE MAN: BEPPE CASTELLANI, sax tenore

HELP: CARILLON (Fabrizio Renato, Giampaolo Vidali, Riccardo Aganetto, Bruno Brunati, Roberto Castellani)

TOMORROW NEVER KNOWS: TEOK HAMOLA TRIO (Matteo Ederle, Silvio Galasso e Moreno Adami)

STRAWBERRY FIELDS FOREVER: VITTORIO FRAJA, MATTEO EDERLE, GIANNI SABBIONI

ALLA YOU NEED IS LOVE: GISELLA FERRARIN (voce), ENRICO BENTIVOGLIO (tastiere)

ACROSS THE UNIVERSE: STEFANO BENINI 4et (Stefano Benini, Paolo Birro, Lorenzo Conte, Andrea Michelutti)

I AM THE WALRUS: N.A.D. (Roberto Zorzi, Nicola Salerno Enrico Terragnoli, Alberto Olivieri, Egidio Zancanari)

JULIA: CRISTINA PASTORELLO (voce), GIANANTONIO MUTTO (pianoforte)

YER BLUES: BRUNO MARINI (sax baritono), GIANNI SABBIONI (contrabbasso), CESARE VALBUSA (Batteria)

MEDLEY (BECAUSE / OH MY LOVE / LOVE): Luciano Benini (voce effetti), VLADIMIRO MARINESI (chitarra), DAVID BENINI (voce effetti), CARLO “CHARLIE” CASAROTTI (voce)

WORKING CLASS HERO: CRISTINA MAZZA (sax alto), GIANNI SABBIONI (contrabbasso), SBIBU (gong)

MOTHER: MARCO ONGARO (voce), BRUNO MARINI (sax baritono), MARCO PASETTO (clarino), GIANNI SABBIONI (contrabbasso), ALBERTO OLIVIERI (batteria)

GOD: CHARLIE WHITE COMBO (Carlo Degani, Roberto Ceruti, Almito Cornucci, Cesare Valbusa, Tiziano Ferraro, Antonio Canteri)

IMAGINE: TU WHIT TU WHOO TRIO (Stefano Benini, Enrico Terragnoli, Sbibu)

IMAGINE: BOO BAHP SINGERS (Renata Bertolas, Gaetano Lonardi, Vittoriana Macchi, Stefano Panarotto, G. Antonio Mutto, Gianni Sabbioni, Marco Pasetto)

MIND GAMES: Marco Attard (voce), Marco Fasoli e Alessandro De Marco (violini), Gaetano Soliman (viola), Savina Zampieri (violoncello), Ivano Avesani (contrabbasso)

NOBODY LOVES YOU: GRAZIA DE MARCHI (voce), G, Antonio Mutto (pianoforte)

WOMAN: TASCHEPIENE (Diego Chiuppani, Fabio Cobelli, Renato Castellazzi, Francesca Paolini)

BEAUTIFUL BOY: RICCARDO MASSARI (pianoforte), Marco Pasetto (clatino – ocarina), Claudia Pasetto (viola da gamba)

GIVE PEACE A CHANCE: SBIBU, LA GENTE DEL POSTO, RHONDA MOORE e JUDY DILLON (voci)

SUONI RIEMERSI: MUZSIKAS “Blues For Transylvania / Osz Az Ido”

SUONI RIEMERSI: MUZSIKAS “Blues For Transylvania / Osz Az Ido”

SUONI RIEMERSI: MUZSIKAS “Blues For Transylvania / Osz Az Ido”

Hannibal Records / Hungaroton Records. LP, CD 1990 / 1989

di Alessandro Nobis

Quinto album del gruppo budapestino dei Muzsikas (sesto considerando “Dudoltam en” attribuito alla sola cantante Marta Sebestyen, nel quale però suonano anche gli altri componenti del gruppo) ed ulteriore passo avanti rispetto al precedente “The Prisoner’ Song”. Questo “Blues for Transylvania” è in effetti un ottimo disco, a testimoniare che lo studio ela rielaborazione del materiale etnico dell’Ungheria continua a vivere ed a brillare di luce propria, a dispetto dei tentativi di introdurre anche ad oriente prodotti preconfezionati, spesso di bassa levatura, provenienti dall’area anglo americana.

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La copertina Hungaroton (1989)

Finissimi strumentisti, validi arrangiatori e studiosi preparati, i Muszikas ci offrono con questo “Blues for Transylvania” una galleria di danze tradzionali e di canzoni eseguite secondo lo stile di questa regione, terra in perpetuo fermento divisa – ormai lo sanno tutti – fra Romania ed Ungheria. Il blues, quello inteso come la successione di dodici battute, non c’entra per niente; il termine, intraducibile ma assimilabile alle parole amarezza o sconforto, è appunt riferibile ai sentimenti della gente di Transilvania, alla quale i Muzsikas hanno dedicato questo album.

Questa dedica è comunque solamente ”sulla carta”. Ecco perché: il disco, che nell’edizione ungherese si chiama “Osz az ido” (che in ugherese significa “Tempo Autunnale”) è stato stampato in Occidente dalla Hannibal di Joe Boyd con diversa copertina, diversa successione dei brani e come abbiamo visto diverso titolo, cambiamento quest’ultimo – non sappiamo se in buona fede – fatto per attirare il pubblico inglese ed europeo in generale verso questo prodotto che – lo ripetiamo – è davvero di ottima fattura. Fatto da non tralasciare, il “nostro” (Joe Boyd) ha dimenticato (?) di inserire il foglio interno con i testi che, nell’edizione originale, erano anche tradotti in inglese ed ha inserito un brano di otto minuti (“Osz az ido”) slamente nella stampa su compact disc.

I brani? Su tutti “My Lord, My Lord” con la magnifica voce della Sebestyen che interpreta questa ballata, o ancora la suggestiva “Outlaz song” interpretata da Peter Eri e con in evidenza Sandor Csoori alla ghironda. Trascinanti le danze, con su tutte “Szabora”, combinazione dei due stili “duvo” e “Cszardas”.

In definitiva un bellissimo LP, che rappresenta però solamente la punta dell’iceberg etnico ungherese, patrimonio che aspetta solo di essere finalmente scoperto. (FOLK BULLETIN, DICEMBRE 1990)

 

 

LICIA CONSOLI & GIUSEPPE LEOPIZZI “Nierika”

LICIA CONSOLI & GIUSEPPE LEOPIZZI “Nierika”

CONSOLI & LEOPIZZI

“Nierika” DDD. CS, LP & CD 1990

di Alessandro Nobis

Questo “Nierika” registrato nell’89 è il primo dei due lavori registrati dal chitarrista Giuseppe Leopizzi e dall’arpista Licia Consoli. Il secondo, “Lighea”, verrà pubblicato nel ’93 sempre per quell’etichetta laboratorio letteralmente inventata da Riccardo Zappa, la DDD acronimo di Drogueria di Drugolo. Studiosi ed appassionati della musica irlandese, i due musicisti facevano parte dell’importante ensemble siciliano Aes Dana trasportando nella musica di “Nierika” e di “Lighea” tutto il fascino delle melodie e della combinazione strumentale arpa – chitarra abbastanza frequente nella musica popolare irlandese all’interno delle loro composizioni, tutte originali. Cristallina la classe di Licia Consoli, vicina alla perfezione la tecnica di Leopizzi, sempre alla ricerca del suono, appunto, “perfetto”, ricerca che lo motivò a lasciare la professione medica per il suo strumento.

R-6964748-1432137238-5674.jpegA quasi trent’anni dalla sua incisione, la musica scorre fresca mostrando un’intesa invidiabile ed una reciproca attenzione verso l’altro, senza mai ricercare la pura ostentazione del proprio talento individuale. Il brano eponimo, “Sinuosa Marea” con l’intro di chitarra, l’introspettiva “Il nido di Anjsha” disegnano un paesaggio ideale quanto fantastico tra il calore del Mediterraneo ed il verde dell’isola tanto amata da Licia Consoli e Giuseppe Leopizzi. I due lavori del duo restano a mio avviso due delle più preziose gemme del catalogo della DDD; meriterebbero entrambi una ristampa.

L’avventura musicale di Leopizzi si interruppe inopinatamente dieci anni fa, il 1 giugno 2007, per una terribile quanto fulminante malattia che lo portò via alla sua famiglia, agli amici ed a tutti gli estimatori della buona musica.

Un bel ricordo del chitarrista siciliano lo potete trovare in questa pagina di Bloogfolk: http://www.blogfoolk.com/2017/05/in-ricordo-di-giuseppe-leopizzi-dieci.html

FABIO DOVIGO “Mirò”

FABIO DOVIGO “Mirò”

FABIO DOVIGO “Mirò”

MG Records 04, 1990

di Alessandro Nobis

Violoncellista, organettista, tastierista e compositore bergamasco e membro dell’ensemble Magam (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2017/01/15/magam-suonando-lallegrezza/), Fabio Dovigo con questo “Mirò” realizzava il suo primo ed unico lavoro solista, pubblicato – autopubblicato per la verità – nel 1990 (ventisette anni fa…….) e sostanzialmente rimasto sconosciuto anche ai musicofili più attenti.

“Mirò” è la prova provata, veramente l’ennesima, di come il mondo musicale italiano abbia nascosto, nasconde – e proseguirà su questa strada – piccoli ma significativi progetti di ricerca popolare e di composizione verso i quali (fatte le debite quanto rarissime eccezioni) le case discografiche e di distribuzione a loro collegate, i produttori, gli enti pubblici, i tuttologi ed infine i promoter nazionali e locali malati spesso di esterofilia acuta non hanno mai mostrato e perseverano  in questo, alcun interesse.

scansione-dovigoE quindi è con grande piacere e grave ritardo che, grazie a Ranieri Fumagalli al tempo coinvolto nell’operazione “Mirò”, ho ascoltato questo lavoro del quale non conoscevo affatto l’esistenza. Tutte le composizioni sono originali di Dovigo ed alle registrazioni hanno partecipato musicisti legati alla tradizione come Ranieri Fumagalli e Oliviero Biella vicino ad altri provenienti dal mondo del jazz come Gianluigi Trovesi. La musica? Siamo nell’area di quella che oltralpe veniva chiamata in quegli anni “nuova musica acustica”, ovvero musica sì ispirata dalle tradizioni ma anche dalla ricerca di nuovi suoni, di nuove combinazioni, di nuove strade (e Riccardo Tesi in Italia ne è stato il pioniere). Ecco quindi lo scottish dell’aviatore aperto dall’organetto di Dovigo e dal contrabbasso pizzicato di Sandro Massazza, la danza “E sette e otto” vicino a “Sempre l’ora del tè” con l’intro di campanine ed il bel solo di Trovesi al soprano; una prova convincente e sincera, brani costruiti con passione ed abilità artigianale che quasi trent’anni dopo si ascoltano e si apprezzano ancora. Interessante ma un vero peccato che questo progetto non abbia avuto un seguito, peccato anche che Fabio Dovigo abbia abbandonato – così mi risulta – l’attività di musicista.