CRISPINO · GALLO · PIGHI · ZORZI “Le Quattro Verità”
DODICILUNE DISCHI. CD, 2022
di alessandro nobis
Al di là delle implicazioni filosofico letterarie insite nei titoli delle 4 tracce di questo lavoro, va detto che il fruttuoso incontro nel’estate del 2020 in uno studio di registrazione nel bresciano (a Pozzolengo) tra il chitarrista Luca Crispino (anche bassista) e Roberto Zorzi, il bassista Danilo Gallo (suona anche un flauto della tradizione albanese in una delle tracce) e il batterista Luca Pighi si è concretizzato in quattro momenti di creazione spontanea fissati per i posteri e per i contemporanei e pubblicati da pochi giorni da Luca Crispino in collaborazione con la sempre attenta Dodicilune. Qui credo di poter dire che siamo lontani dalla musica improvvisata espressa dalla Company londinese quasi mezzo secolo fa, siamo piuttosto nell’ambito di un free rock nel solco tracciato da un manipolo di musicisti inglesi e più tardi ri-creato oltreoceano da altri interessati ad esplorare una forma di rock libero per quanto possibile dagli schemi e creato spontaneamente. I quattro protagonisti hanno background piuttosto diversi: Zorzi è da sempre legato alle pratiche improvvisative anche più radicali, Crispino e Gallo provengono da quello che genericamente viene chiamato circuito jazz, Pighi dei quattro è il più eclettico e con Crispino è parte del quartetto Terreni Kappa che di recente per la Dodicilune ha pubblicato il suo secondo album, “Pequod”
Tra le 4 tracce segnalo “La Prima Verità“, improvvisazione di ventiquattro minuti aperta da accordi di chitarra che anticipa l’improvvisazione collettiva con un fondamentale ruolo della batteria che offre “appoggio” al dialogo tra gli strumenti, un brano segnato da brevi riff (segnatamente ad esempio intorno ai minuti 7 e 21) e da incisivi soli di chitarra e basso, il terzo “movimento” che dopo l’ipnotico inizio vede prendere il sopravvento un riff che non può non far ricordare tale Hugh Hopper e la “Quarta Verità“, decisamente – e sorprendentemente – un bellissimo slow blues con richiami anche alle sue forme più arcaiche (decisamente notevole l’atmosfera creata dall’uso del bottleneck a due terzi del brano, per esempio).
Splendido lavoro il cui ascolto richiede la massima attenzione per cercare di comprendere lo sviluppo di ogni singola traccia, ne vale la pena davvero. Un quartetto che spero possa trovare ingaggi nei festival e nelle più interessanti rassegne; ma, domanda retorica, ce ne sono ancora di direttori artistici in grado di mettersi in gioco cercando le più interessanti proposte musicali che a mio avviso non mancano da inserire in cartellone?