MASSIMO URBANI “Vicenza 6 maggio 1984″

MASSIMO URBANI “Vicenza 6 maggio 1984″

MASSIMO URBANI Vicenza 6 maggio 1984″

PHILOLOGY RECORDS. 2CD 2017

di Alessandro Nobis

UnknownAntefatto: ascoltai Massimo Urbani per la prima e purtroppo unica volta all’edizione 1982 di Umbria Jazz; una sera nel dopo festival, in un club perugino (mi sembrava si chiamasse “Il panino”, o qualcosa del genere), e mi colpì per l’energia, la tecnica e la bellezza della musica che usciva da quel sassofono; non ricordo chi lo accompagnava, ricordo solamente la voce del contralto. Ero a digiuno di jazz, lo sono ancora, ma di quel Festival quella sera è una delle poche cose che ricordo in modo vivo, a parte i concerti di B.B.King e di Joe Henderson (con lui c’erano Tony Williams, Ron Carter, Kenny Barron e Freddie Hubbard).

Questa registrazione live, che riporta credo il concerto nella sua interezza, proviene dall’archivio di Michele Calgaro che lui stesso fissò sul nastro di un’audiocassetta quella sera del 6 maggio 1984 quando il quartetto di Massimo Urbani si esibì nel Teatro San Marco su invito dello stesso Calgaro e di altri musicisti che si autofinanziarono (in quegli anni anche questo si faceva) pur di vedere suonare dal vivo uno dei più grandi talenti che il jazz italiano, ma non solo, abbia mai espresso. Con Urbani c’erano sul palco  tre giovani e talentuosi musicisti già allora affermati nel panorama del jazz nostrano come Marcello Tonolo al pianoforte, Marc Abrams al contrabbasso e Valerio Abeni alla batteria, e pochi minuti sono sufficienti perché chiunque si possa rendere conto della grandezza della musica che il contraltista romano sapeva regalare al pubblico: tecnica sopraffina, cuore, sentimento, fraseggio, swing, sofferenza, intonazione grappoli di note fulminee erano i tratti a mio modesto avviso cardine della musica di Massimo Urbani ed anche questo concerto – all’epoca aveva 27 anni essendo nato nel 1957 – conferma la grandezza di questo musicista che se non avesse spinto la sua ammirazione, quasi idolatria, nei confronti di Chet Baker e Charlie Parker fino all’estremo limite la storia della sua musica e del jazz italiano sarebbe stata certamente più ricca.

Che importa se la qualità della registrazione non è ottimale, quello che conta è ascoltare un quartetto che suona e improvvisa a meraviglia sia brani di Urbani (il lunghissimo “Massimo Tune”), di Parker (“Red Cross”), che di altri autori come McCoy Tyner, Bronislaw Karper, Ray Noble, Victor Young e Gene De Paul e bene, anzi benissimo ha fatto Paolo Piangerelli – Mr. Philology – a pubblicare questo magico concerto di Massimo Urbani.

E mentri ascolti Massimo Urbani ti domandi quanti tesori nascosti come questo provenienti da quegli anni siano conservati gelosamente nelle collezioni di appassionati che in modo del tutto abusivo coraggiosamente registrarono su cassetta concerti in rassegne e festival. E’ ora di aprire gli archivi!

L’altro giorno stavo ascoltando questo CD in auto con un amico. “Ma chi è che suona, Charlie Parker?”. “No” – rispondo io – “Quasi”.

http://www.philologyjazz.it

 

 

 

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BARABAN “Musa di pélle, pinfio di legno nero …….”

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MADAU DISCHI D-013, LP 1986

di Alessandro Nobis

Registrato nel marzo del 1984 e pubblicato due anni dopo dall’importante etichetta Madau, questo ottimo ellepì rappresenta l’esordio per i Barabàn, ensemble lombardo formatosi all’inizio degli anni ottanta con l’intento di esplorare, ricercare e riportare alla luce i repertori del folklore della loro area di provenienza; un approccio alla tradizione che all’epoca seguivano di fatto tutti i musicisti interessati alla cultura popolare ed alla sua nuova divulgazione. In particolare le aree oggetto del lavoro sono il milanese occidentale, il basso pavese e due aree del bresciano, quella a sud e quella compresa tra le province appunto di Brescia e di Sondrio.

Ecco che quindi, come si conviene, il repertorio presentato è una sorta di piccolo compendio alla tradizione lombarda – e nord italiana -: canti narrativi, rituali, ninne nanne con una particolare attenzione verso le danze tradizionali come lo Stranot, la Manfrina, la Curenta, il Sotis ed ancora la Moferrina e la Giga, presentate anche con dovizia di particolari nel curatissimo libretto che accompagnava l’ellepì, che iniziava con questa dichiarazione di intenti, rispettata in pieno visto che il gruppo è fortunatamente ancora in attività: “Evitando ambigue operazioni commerciali all’insegna de folklorismo e rifuggendo da nostalgici interventi tesi a recuperare un’oleografia e utopistica civiltà contadina ……..………. il gruppo, con rigorose metodologie di ricerca e scrupoloso impegno scientifico, lavora allo scopo di documentare e diffondere la conoscenza dei modi comunicativi delle classi subalterne lombarde, con particolare attenzione alla loro cultura musicale.

Al tempo di queste registrazioni, dei Barabàn facevano parte Vincenzo Caglioti, Placida Staro, Guido Montaldo. Giuliano Grasso e Aurelio Citelli. Disco e gruppo tra i più importanti di quegli anni così significativi per la riscoperta della cultura popolare italiana.