KULU SE’ MAMA “Nécessaire de Voyage”

KULU SE’ MAMA “Nécessaire de Voyage”

KULU SE’ MAMA “Nécessaire de Voyage”

Dodicilune Records Ed380. CD 2018

di Alessandro Nobis

L’idea di questo brillante quintetto, formato da Maurizio Bizzocchetti (chitarra), Gabriele Rampino (sassofoni), Maurizio Ripa (pianoforte), Maurizio Manca (basso) e Daniele Bonazzi (batteria) viene da lontano da quando Bizzocchetti e Rampino fondarono l’ensemble trenta anni or sono senza però produrre alcun lavoro discografico – ma esisteranno dei nastri da qualche parte? –  e quindi questo “Necéssaire de Voyage” rappresenta il loro esordio discografico.

Il nome del quintetto? Sì, “Kulu se mama” è il titolo dell’omonimo album (1967) di Coltrane, ma soprattutto è una sorte di ode, di ricordo, di omaggio agli antenati che il poeta creolo Jono Lewis (1932 – 2002) compose in quegli anni e che sottopose all’attenzione di Coltrane che lo invitò a declamare il poema durante la registrazione di quel disco.

Quindi la mia personale lettura della musica contenuta in questo Cd prodotto dalla Dodicilune è che si tratti di un omaggio in particolare a certo jazz dalle sfumature elettriche tipico degli anni nei quali era attiva la prima fondazione del gruppo; non un omaggio fatto però di riletture di standards e nemmeno una rievocazione “storica” ma sette composizioni originali composte da Rampino e Ripa che ridisegnano sul quel tipo di jazz melodie originali.

Il quintetto suona che è un piacere ascoltarlo, la musica scorre veloce, fresca, elegante e raffinata anche perché il livello dei musicisti è davvero alto e gli arrangiamenti preparati dai cinque sono perfetti per questo tipo di “ambientazione” e mettono in risalto la bellezza degli spartiti: i “soli” sono sempre misurati e mai ridondanti o autocelebrativi ma si innestano in modo del tutto naturale nei temi.

Un bel disco, dal suo ascolto ciascuno troverà i “suoi” riferimenti nella storia del jazz più recente. Io li ho trovati, ma non ve li voglio rivelare ……….

Da sottolineare che questa produzione è bravamente sostenuta da Puglia Sounds Record 2018 (Regione Puglia – Fsc 2014/2020 – Patto per la Puglia – Investiamo nel vostro futuro).

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GERRY O’CONNOR “Last Night’s Dream”

GERRY O’CONNOR “Last Night’s Dream”

GERRY O’CONNOR “Last Night’s Dream”

Lughnasa Music. CD, 2018

di Alessandro Nobis

Originario della Contea di Louth e, nella migliore tradizione irlandese, appartenente ad una famiglia di musicisti (il padre Peter era un cantante ed il figlio Donal anche lui è violinista), Gerry O’Connor ha pubblicato recentissimamente questo bellissimo lavoro dedicato al repertorio per  violino irlandese; di Gerry O’Connor ho personalmente splendidi ricordi dei concerti che con i La Lùgh, il gruppo con la straordinaria cantante (e moglie) Eithne Ni Uallachain, tenne nel veronese nel ’96 e nel ‘97, in particolare quello – il primo – in una sala di un hotel di Boscochiesanuova. Gruppo dalle grandissime potenzialità che la tragedia che colpì Eithne costrinse allo scioglimento, con il loro primo disco eponimo del 1991 lasciarono uno dei più fugidi esempi di recupero della tradizione irlandese; contemporaneamente O’Connor trovò il tempo di registrare quattro allbum con gli Skylark parallelamente ad una attività solistica piuttosto intensa.Last-Nights-Joy

Questo “Last Night’s Dreams”, è bellissimo, al di la della bravura e dell’espressività del violinista di Dundalk: in esso troviamo quello che ogni musicista che si proclami “tradizionale” penso debba includere nella sua “missione”, ovvero portare avanti il ricordo delle vecchie generazioni suonando con personalità e con arrangiamenti attuali le composizioni di autori considerati “portatori” originali. John McManus della Contea di Fermanagh, Sean McGuire ed ancora Johnny Lauoghran ad esempio, o lo stesso babbo di Eiyhne Ni Uallachain, Padraig per fare qualche esempio, autori – raccoglitori di brani che Gerry O’Connor ha riarrangiato facendosi accompagnare da musicisti tra i quali il fisarmonicista Mairtin O’Connor o il bravissimo figlio di Gerry, Donal, violinista e pianista (vi segnalo la tune “Old Dash Churn”, due violini e la chitarra di Séamie O’Dowd).

Insomma qui ci sono quarantasei minuti della più pura tradizione irlandese, godeteveli  anzi godiamoceli tutti.

 

TOLGA DURING OTTOMANI “Gelibolu”

TOLGA DURING OTTOMANI “Gelibolu”

TOLGA DURING OTTOMANI “Gelibolu”

Visage Records. CD 2018

di Alessandro Nobis

Si è consolidata in Italia una corrente di “pensiero” musicale che abbina strumenti e suoni  appartenenti a diverse culture a nuove scritture che descrivono ambientazioni musicali dove convivono perfettamente idiomi diversi; mi vengono in mente i New Landscapes ed il quartetto di Elias Nardi, ai quali si aggiungo questo smagliante ensemble guidato dal chitarrista e compositore fiorentino d’adozione Tolga During. ottomaniIl progetto simpaticamente di chiama “Ottomani” non solo perché è appunto formato da quattro musicisti (con lui ci sono Francesco Ganassin al clarinetto – basso -, Giuseppe Dimonte al contrabbasso e Andrea Piccioni con i suoi tamburi a cornice) ma perché chiaramente guarda ad est, nel vicino oriente anatolico e si muove come dicevo su territori immaginari con due punti cardinali, il Levante ed il Ponente. Levante per le sonorità, i tamburi a cornice, il clarinetto basso che suona come quello tipico della tradizione del vicino oriente greco – anatolico, la chitarra che a tratti suona come un liuto arabo, e la musica afroamericana occidentale nella struttura dei brani, dove gli assoli si innestano nei tempi alla perfezione: come in “Modimo” che chiude il disco e che mi sembra paradigmatico di “Gelibolu”, apertura di contrabbasso, chitarra che detta il tema puntualizzato dai tamburi a cornice, efficace solo di clarinetto basso con tanto di sovracuti, riproposta del tema dal clarinetto e dalla chitarra, solo di chitarra (oud) e conclusione.

Musica di rara bellezza, a mio avviso, che va ad arricchire il già prestigioso catalogo della Visage che intelligentemente guarda al panorama della miglior musica d’autore italiana di estrazione tradzionale come le produzioni di Banditaliana, Elias Nardi (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/03/14/akte-akte/), Maurizio Geri (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/03/03/maurizio-geri-perle-dappennino/) o il duo Bottasso.

http://www.visagemusic.com

JORDI SAVALL & HESPERION XXI “Musica Nova: Harmonie Des Nations”

JORDI SAVALL & HESPERION XXI “Musica Nova: Harmonie Des Nations”

JORDI SAVALL & HESPERION XXI

“Musica Nova: Harmonie Des Nations”

Alia Vox Records. CD 2018

di Alessandro Nobis

In questo nuovo viaggio, Jordi Savall e l’ensemble Hesperion XXI ci conducono alle origini ed agli sviluppi di quel genere definito “Musica Nova”, nato in quel di Venezia attorno al 1540, fino agli albori del XVIII° secolo. E’ nuova concezione musicale questa nata nella Serenissima, una musica concepita per essere suonata ed ascoltata, decontestualizzata quindi dal ballo e dal canto. Questo fu un grande cambiamento, grazie anche all’introduzione di nuovi strumenti rispetto al Rinascimento ed all’esecuzione di temi a danza combinati tra loro che verranno chiamati “suite” ovvero due o più danze eseguite in sequenza anche se diverse ritmicamente, una “passamezzo” ed un “salterello”, una pavana” ed una “gagliarda”, come quelle eseguite nella prima traccia del CD, una suite appunto di danze “veneziane”. Chiaro che questa nuova modalità di fruizione ha da un lato comportato come detto l’uscita dai rigidi schematismi della musica concepita per il ballo, dall’altro ha comportato lo sviluppo e l’ampliamento per poter essere eseguita dai nuovi ensemble come quelli formati dalla famiglia delle viole da gamba – ensemble polifonici che rappresentarono un’alternativa a quelli vocali di origine franco fiamminga – per i quali esiste un ricco repertorio e dei quali il catalano Jordi Savall rappresenta la massima espressione di studioso e di esecutore.

Jordi Savall, Philippe Pierlot, Sergi Casademunt e Lorenz Duftschmid con le loro viole riescono a farci immaginare i castelli e le ville seicentesche con le loro sfavillanti feste e le musiche che intrattenevano i commensali, e Xavier Puertas con Enrike Solinis, Xavier La Torre e Pedro Estevan con i loro strumenti giocano un ruolo essenziale negli arrangiamenti che vanno ad arricchire ulteriormente questo ennesimo tesoro pubblicato da Alia Vox.

Magnifico, in una parola.

WALTER PRATI – SERGIO ARMAROLI “Close (your) eyes Oper Your Mind”

WALTER PRATI – SERGIO ARMAROLI “Close (your) eyes Oper Your Mind”

WALTER PRATI – SERGIO ARMAROLI “Close (your) eyes Oper Your Mind”

Dodicilune Dischi Ed401. CD 2018

di Alessandro Nobis

La magia di questo lavoro, che segue il precedente realizzato in quartetto (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2018/03/24/schiaffini-prati-gemmo-armaroli-luc-ferrari-exercises-dimprovisation/)è a mio avviso la costante ricerca della perfetta sovrapposizione tra la trasmissione di stimoli sonori da parte dei due esecutori e le personali sensazioni raccolte da  durante la fruizione dei cinque articolati episodi, siano esse prevalentemente costituite da parti improvvisate e scritte. L’ambiente è naturalmente quello della musica contemporanea, quello della ricerca sonora, quello anche della ricerca di punti di incontro nel fitto dialogo tra i due protagonisti di questo lavoro, Walter Prati (basso elettrico, violoncello, elettronica) e Sergio Armaroli (percussioni, elettronica); il suono è quello che entra perfettamente nel termine “elettroacustico”, ovvero suoni ricavati direttamente dagli strumenti o filtrati da computer che si interconnettono con percussioni acustiche spesso portandoci in altri luoghi e tempi (il berimbau e le percussioni etniche del brano iniziale “Close Is a mistery of pain”, il dialogo batteria – computer nell’episodio seguente “Eyes The end of the arm”, ed ancora il violoncello magicamente filtrato di “Open An acting or voice”).

Un’opera di notevole valore questo “Close (your) Eyes Open Your Mind” il cui titolo indica la precisa modalità di fruizione e che a mio modesto parere rappresenta una delle più interessanti opere del catalogo Dodicilune nel quale troviamo sì splendidi lavori nel rassicurante solco del maistream ma anche sperimentazioni come questa di Prati ed Armaroli.

Non vi auguro di assistere alla peraltro improbabile performance live pedissequa del CD, sarebbe la negazione del concetto stesso di improvvisazione, ma invece di assistere ad una loro performance nella quale con ogni probabilità solo qualche elemento ne verrà riproposto. Il resto …. chissà, ogni concerto avrà cose diverse da dire, ogni ambiente darà stimoli diversi, ai due musicisti ed anche al pubblico. Buon ascolto.

DOMENICO CERASANI “The Raimond Manuscript”

DOMENICO CERASANI “The Raimond Manuscript”

DOMENICO CERASANI “The Raimond Manuscript: Libro De Sonate Diverse.”

Brilliant Classics Records. CD 2017

di Alessandro Nobis

Registrato due anni fa e pubblicato nel 2017, questo lavoro racchiude parte del repertorio scritto dal lombardo Pietro Paolo Raimondo, nobile comasco vissuto nato presumibilmente dopo il 1578 e spentosi nel 1647; non era propriamente un musicista e compositore “professionista” (all’epoca pochi lo erano), ma ha lasciato di sé un importante Fondo conservato alla Biblioteca Civica di Como costituito da 69 brani composti per il liuto ad otto cori. Di questo corpus il liutista abruzzese Domenico Cerasani ha scelto una ventina di brani ai quali ha aggiunto composizioni dei più noti Francesco Da Milano, Filippo Piccinini, e Giovanni Da Palestrina e dei meno noti – almeno allo scrivente – Vincenzo Pinti e Lorenzo Tracetti.

Al di là della purezza e brillantezza dell’esecuzione e del grande fascino che costantemente mi riserva l’ascolto della musica per cordofoni, ciò che mi preme sottolineare è l’alto valore storico e didattico che questo prezioso lavoro – come altri pubblicati dalla Brilliant Classics ma non solo – ha per la ricerca e lo studio di compositori poco noti al grande pubblico che vanno via via a completare il panorama della musica per liuto italiana composta in quel periodo, davvero stupefacente per quantità e qualità.

Questa musica ha a mio avviso tutte le potenzialità per essere gradita al pubblico che desidera farsi un’idea di com’era la vita in quel periodo nell’Italia Settentrionale, e possa accompagnare lo studio e la lettura de “I Promessi Sposi” ambientati temporalmente e geograficamente nei luoghi abitati da Pietro Paolo Raimondo. Magari qualche insegnante di Letteratura italiana potrebbe integrare alcune pagine manzoniane all’ascolto di queste musiche senza tempo ……. pia illusione?

Un ulteriore plauso infine va a questa etichetta che dimostra ancora una volta come si possa produrre musica di alto livello proponendola a prezzi davvero abbordabili (circa € 7,00).

ESTER FORMOSA & ELVA LUTZA “Cancionero”

ESTER FORMOSA & ELVA LUTZA “Cancionero”

ESTER FORMOSA & ELVA LUTZA “Cancionero”

Tronos Records, Distr. Felmay. CD 2018

di Alessandro Nobis

Chi ancora pensa che le tradizioni della Sardegna siano immutabili nel tempo, con questo bel lavoro di Ester Formosa e del duo Elva Lutza subisce un colpo decisivo alle sue convinzioni. In realtà sono parecchi i musicisti che partendo dalla memoria hanno saputo e sanno ancora percorrere sentieri che li fanno apprezzare in molte parti del mondo. Il geniale Paolo Angeli, per fare un esempio, e tra gli altri spiccano appunto Nico Casu (trombettista e cantante) e Gianluca Dessì (plettri) che in collaborazione con la cantante catalana Ester Formosa hanno confezionato questo prezioso lavoro, “Cancionero” che segue il pregevole “Amada” (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2016/02/11/elva-lutza-renat-sette-amada/) nato da una collaborazione con Renat Sette.

“Canzoniere” appunto, una splendida raccolta di canti, eterogenea nella provenienza ma resa omogenea dai brillanti arrangiamenti studiati per ogni singolo brano; canzoni di nuova composizione (“A Su Tramuntu” e “Curucutxu”) scritte da Nico Casu, la prima impreziosita dall’organetto del pistoiese Riccardo Tesi e la seconda dai fiati di Dante Casu (clarinetto), Giovanni Becciu (basso tuba) e Michele Garofalo (corno), brani della tradizione sefardita (“Esta Muntanya D’Enfrente”) e catalana come la copla di inizio Novecento “La Violetera” di Josè Padella), brani d’autore rivisitati tra i quali segnalo “Menica, Menica” di Bruno Lauzi con l’inaspettata quanto gradevolissima citazione coltraniana di “My Favourite Things”, brano che a mio avviso si può considerare paradigmatico del lavoro di Elva Lutza e “Lune” scritta a quattro mani da Carlo Muratori e Tesi (all’organetto), brani di tradizione “altra” come l’originale arrangiamento della messicana “Cielito Lindo” – ma appartenente alla copla catalana, genere poetico particolarmente in voga nel periodo anteguerra – dove i “nostri” intelligentemente offrono una versione lontana mille miglia dalle versioni “da cartolina”.

Un lavoro direi notevolissimo e quindi pienamente convincente, dove l’espressiva voce di Ester Formosa crea una magìa alchemica con il duo Elva Lutza: aria fresca per le nostre orecchie.

E, ancora una volta, “mi sia consentito” sottolineare come il disco “Veranda” di Tesi e Patrick Vaillant sia ancora (dal 1990) la “stella polare” per questa musica, tra innovazione e tradizione. Onestamente e gagliardamente da non – musicista, pi permetto di dire che sì, ci avevo visto giusto.

www.tronosdigital.it

www.felmay.it

LI UCCI ORCHESTRA “Concerto alla Rimesa”

LI UCCI ORCHESTRA “Concerto alla Rimesa”

LI UCCI ORCHESTRA “Concerto alla Rimesa”

KURUMUNY RECORDS. CD. 2018

di Alessandro Nobis

16 settembre 2017, La Rimesa di Cutrofiano. E’ la settima edizione del festival dedicato a Bandello, Aloisi e Vergaro Uccio, ed una grande orchestra sale sul palco per rendere doveroso omaggio a queste tre figure così importanti per la tradizione culturale salentina. Questo cd è una testimonianza vera, genuina, sentita di quanto il popolo salentino sia indissolubilmente radicato alla sua tradizione musicale che ha saputo esportare nel mondo mantenendo la propria antica identità: musicisti di varia estrazione, danzatori, cantanti hanno dato il proprio contributo alla realizzazione di questo concerto che presenta soprattutto brani tradizionali ed una pizzica “neo-tradzionale” scritta dall’organettista Mino Giagnotti. Nonostante una formazione così estesa e quindi complessa nella sua gestione musicale, ho trovato efficacissimi gli arrangiamenti dei brani coordinati da Antonio Melegari, Gigi Russo e Michele Bianco, dagli stornelli ai canti narrativi (“Le tre sorelle”, con una poderosa sezione fiati) a naturalmente alla pizzica, marchio di fabbrica del Salento musicale fino alla struggente  “Moretto”, traccia fantasma non riportata in scaletta; peccato che dei trenta brani solo una manciata siano stati inseriti nel cd, quasi un invito “obbligato” a partecipare fisicamente ad una prossima edizione del Festival nella piazza del Municipio di Cutrofiano (questo il nome attuale de La Rimesa).

Evidentemente i tre “Uccio” hanno seminato bene, se la “loro” tradizione ha saputo evolversi nel suono e nell’atmosfera che qui si ascolta, con l’approvazione del prestigioso Istituto Diego Carpitella, figura che non dimenticheremo. Mai.

http://www.kurumuny.it/index.php?option=com_oa&view=catalogo&id=439&Itemid=106&lang=it

DALLA PICCIONAIA: “Luca Boscagin” guitar solo

DALLA PICCIONAIA: “Luca Boscagin” guitar solo

DALLA PICCIONAIA: “Luca Boscagin” guitar solo, Cohen Verona 30 settembre 2018

di Alessandro Nobis

Con il bassista Silvio Galasso (londinese ormai d’adozione) e Riccardo Massari, giovanissimo tastierista con Rudy Rotta che ha da qualche anno trovato nell’ambiente culturale di Barcellona gli stimoli giusti per esprimere il suo talento di performer e di compositore, tra i “cervelli in fuga” veronesi c’è anche il chitarrista Luca Boscagin, talentuoso strumentista – e compositore -, che da Londra è arrivato al Cohen di Via Scarsellini sfoderando tutta la sua pregevolissima tecnica attraverso un repertorio fatto di brani originali e di intelligenti riletture; serata da incorniciare, come si diceva un tempo, serata dove la sua chitarra ha stregato il numeroso pubblico silenzioso ed attento come si conviene.42851590_2260599237336411_8298888465353801728_n.jpg

Naturalmente le chiavi di volta dello stile di Boscagin sono la bellezza e l’articolazione dei brani di sua composizione, tra i quali segnalo “Gil O Maestro” dedicata al compositore sudamericano e la capacità improvvisativa, non sempre di facile lettura ma comunque sempre capace di attirare l’attenzione del fruitore, improvvisazione che nasce delle brevi citazioni di temi non necessariamente legati alla musica afroamericana ma che ti raccontano il vasto retroterra musicale di questo chitarrista. E così l’ascolto del concerto si trasforma per chi ascolta nel gioco a riconoscere i temi così brevemente esposti e per Boscagin in quello di nasconderli nelle pieghe della performance. Ecco il riff di Jimmy Page di “Kashmir”, la penna di Pino Daniele e la sua “Quando” eseguita in apertura, quella di Lucio Battisti di “E penso a te” o ancora il Brasile stavolta di Milton Nascimento di “Anima”; poi la ciliegina sulla torta con i due brani eseguiti in compagnia del trombettista Fulvio Sigurtà, ancora Brasile ed il jazz di Enrico Rava di “Le solite cose”.

Bella serata, dicevo, il prossimo appuntamento con la chitarra acustica è con Krishna Biswas, 21 ottobre.