JOHN GLATT “THE CHIEFTAINS · The Authorized Biography”
Edizioni Capo Press. Pagg.331, 15,88 x 26,04 cm, 1997
di Mauro Regis
Nessun gruppo o musicista, come i Chieftains, è riuscito a rappresentare e ad essere immagine della propria terra. Nessun gruppo o musicista, come i Chieftains, è riuscito con la sola musica a superare i confini ed i generi musicali, per andare ad eseguire dal vivo od a registrare in studio con culture e stili tanto diversi fra loro.

I Chieftains han suonato alla Casa Bianca, a Washington, ed han suonato lungo la muraglia cinese, han suonato con sconosciuti musicisti galiziani, con stars della musica country americana e del rock anglo americano, da Sting ai Rolling Stones, da Joni Mitchell a Frank Zappa, hanno avuto Van Morrison frequente ospite e l’hanno accompagnato in un tour europeo, e persino attori americani del valore di Jack Nicholson li annoverano orgogliosi fra i loro migliori amici. Al gruppo di Dublino rimane, forse, solo l’incisione di un disco di classici del rock’n’roll in compagnia di Bruce Springsteen, e di brani della tradizione americana con Bob Dylan, per poi poter dire di avere completato un’opera universale.Scorrere l’indice del libro, dove sono contenuti i nomi che compaiono nel testo, significa rivedere, in una lista impressionante, uno dietro l’altro i nomi più illustri ed apprezzati della musica degli ultimi quarant’anni, che in gran parte hanno suonato fianco a fianco con i nostri eroi.
Il libro, naturalmente in inglese, perché nessuno, fino ad oggi ha ritenuto interessante tradurlo in italiano, è scorrevole, e si legge quasi d’un fiato, tanto il suo racconto è avvincente. John Glatt ha raccolto infinite interviste con i componenti del gruppo, e con chi, musicista, tecnico, od anche solo occasionale presenza, ha avuto la possibilità di dividere, più o meno a lungo, il proprio tempo con Paddy Moloney e soci. E’ così che nasce la storia della vecchia Irlanda, splendidamente immortalata nella fotografia dell’orchestra condotta da Sean O’ Riada, e del gruppo che poco alla volta nasce, cresce e prende forma. Musicisti se ne vanno, ed altri arrivano, sino a raggiungere l’attuale sestetto, quello sicuramente più longevo dell’intera storia del gruppo. La band di una città diviene, poco a poco, ambasciatore di una musica e di una terra nel mondo intero, dagli Stati Uniti alla Cina, per ritornare poi alle proprie radici, recuperando quell’unico spirito che unisce terre lontane come l’Irlanda e la Galizia.L’inserto fotografico (solo sedici pagine, ma ricche di curiosità) ci regala un Paddy Moloney d’annata (non più di dieci anni), che molti anni dopo scherza con il senatore Ted Kennedy, ed inedite immagini del gruppo e dei suoi singoli componenti.
Ma è il racconto la parte più avvincente dell’opera, naturalmente.
Ritratti dei molti personaggi che hanno attraversato, come protagonisti od anche solo come comprimari, la storia della band, lasciando un segno indelebile, o più spesso, subendone il fascino e l’influenza musicale.Ci sono vere e proprie piccole storie nella grande storia del gruppo, come il racconto del capodanno 1981, quando, non invitato e non riconosciuto, si presentò a casa Moloney, a festeggiare, Jack Nicholson, o scherzi che solo l’acuto Paddy Moloney riesce ad offrire in ogni occasione, di fronte agli austeri commensali ed alti dignitari cinesi, come lungo la grande muraglia. Ma ci sono anche momenti di profonda ed intensa commozione, quando il gruppo, e Kevin Conneff, in particolare, stringono con Frank Zappa una straordinaria amicizia, proprio in coincidenza degli ultimi anni di vita del maestro americano, tanto che “The Green Fields Of America“, eseguita dalla sola voce di Conneff, divenne una delle canzoni favorite di Zappa, che spesso l’ascoltava in compagnia della moglie Gail negli ultimi tempi prima di morire, e che la volle fra i brani a colonna sonora delle proprie esequie.
Questo libro ci restituisce l’immagine più bella e più vicina di un grande gruppo musicale, che a dispetto della celebrità e del segno lasciato nella storia della musica, non disdegna, alla fine dei concerti, di fermarsi con i propri fans, a firmare autografi ed a scambiare strette di mano, lasciando nere limousines ed insuperabili servizi d’ordine ad altri artisti che, chiamati proprio dai Chieftains, si sono sentiti onorati di un simile coinvolgimento, a conferma che, per una volta, la statura artistica e quella umana vanno davvero di pari passo.
Pubblicato sul mensile Folk Bulletin nel 2002. La foto è di Mauro Regis scattata a Merano nell’agosto del 2011