ARMAROLI · SCHIAFFINI 4tet “Monkish (‘round about Thelonious”

Dodicilune Dischi. CD, 2022

di alessandro nobis

A meno di un anno dalla pubblicazione dell’eccellente “Deconstructing Monk in Africa” (https://ildiapasonblog.wordpress.com/2021/03/14/schiaffini-%c2%b7-armaroli-deconstructing-monk-in-africa/) Giancarlo Schiaffini (trombone) e Sergio Armaroli (balafon cromatico e vibrafono) assieme a Giovanni Maier (contrabbasso) e Urban Kušar (batteria, percussioni) affrontano nuovamente lo straordinario songbook di Thelonious Monk, pianista, straordinario interprete (vale per tutti il disco dedicato a Duke Ellington con Kenny Clarke e Oscar Pettiford) e  autore di alcune della pagine più importanti della musica afroamericana. Lo fanno scegliendo dodici tra i temi più conosciute ma anche tra quelli poco interpretati dandone una lettura a mio avviso molto originale e per questo altrettanto interessante; gli spartiti di Monk sono tra i più amati dai musicisti ed i più interpretati non solo tra coloro che gravitano nel mondo jazz ma anche da quelli che battono strade parecchio diverse ma che amano fare proprie le melodie monkiane. Mi sembra di poter affermare che Armaroli, Schiaffini, Maier e Kušar costruiscono il loro progetto lasciando piena libertà esecutiva soprattutto al trombonista che ricama, improvvisa e pennella splendidamente sui temi che il vibrafono ed il balafon via via espongono, supportato da una ritmica che perfettamente si adatta e partecipa a questo incrocio di temi e di improvvisazioni. E quando entra in scena il balafon tutto rimanda all’Africa, come in “Bemsha Swing” introdotto da Maier o in “Blues Five Spot“, uno slow blues “primordiale” uno dei brani più significativi di questo ottimo disco con un bel solo di Armaroli; particolare e per me magnifica anche la rilettura di uno dei “super standards” di Monk, “Misterioso“, aperto da un lungo dialogo tra contrabbasso e batteria che anticipa il tema esposto dal balafon che esegue uno splendido assolo ad anticipare l’intervento di Schiaffini in solo dove rilegge il tema e quasi invita all’improvvisazione i compagni.

Di interpretazioni monkiane ne ho ascoltate parecchie, a cominciare da quelle di Steve Lacy (in quartetto ed in solo) della fine degli anni cinquanta e mi sento libero di dire che queste di “Monkish” sono tra le migliori; il titolo recita “‘round about Thelonious” parafrasando un suo celebre brano ma qui, più che “girarci attorno” i quattro musicisti sono penetrati ben bene nell’essenza di Monk come pochi altri hanno saputo fare. Disco che, sempre secondo il mio parere di ascoltatore, resterà e resisterà al tempo.