“Hunger and Love”: Tribute to Billie Holiday 1915 – 2015″

“Hunger and Love”: Tribute to Billie Holiday 1915 – 2015″

AA.VV.

“HUNGER AND LOVE: TRIBUTE TO BILLIE HOLIDAY 1915 – 2015” – DODICILUNE DISCHI, 2CD, 2015

PUBBLICATO DA FOLK BULLETIN, Autunno 2015

Se volete sapere come è la salute della voce femminile del jazz italiano, questo doppio CD ve ne dà luminosa e dettagliata prova. Ventiquattro voci per ventiquattro cammei del repertorio di Lady – D. Canzoni scritte da lei (poche) e soprattutto “per” lei da autori come Charlie Mingus o Frank Sinatra, per fare due esempi. E’ una produzione dell’etichetta salentina Dodicilune, fiore all’occhiello del panorama jazz nostrano, e non solo. Ne parlo qui, sul Folk Bulletin, perché lo straordinario talento di Billie Holiday ha influenzato anche musicisti dell’area folk, nello specifico di quella dei folksinger d’oltreoceano, come ad esempio Dave Van Ronk e Karen Dalton. E quindi tra le due dozzine di tracce vi voglio segnalare quelle più vicine a questo mondo, quello dei fumosi folk club neworkesi che negli anni cinquanta e sessanta hanno visto nascere decine e decine di autori ed interpreti: qualcuno entrato nella leggenda, molti caduti nell’oblio nonostante i loro “numeri” evidenziati anche dalle registrazioni

E per tornare a Van Ronk e Karen Dalton ecco “God Bless The child” scritta nel 1939 da Arthur Herzog, interpretato dalla salentina Elisabetta Guido e Angelo Mastronardi al pianoforte, e quindi “Left alone” – una delle sette canzoni scritte dalla Holiday ma mai da lei registrata – scritta a quattro mani con il pianista Mal Waldron proposta da Antonella Chionna e Andrea Musci alla chitarra, e ancora la sorprendente versione al sapore africano di “My old flame” di Lisa Maroni e Baba Sissoko ak rigoni ed al tamani. E mi fermo qui.

Insomma, una bella idea quella di ricordare Billie Holiday – quanti in Italia ci hanno pensato ? – ed ancor più quella di coinvolgere quanto di meglio il jazz vocale di casa nostra offra a tutt’oggi. E le voci hanno riposto offrendo intepretazioni molto significative, da quelle più legate al jazz cosiddetto mainstream a quelle più intimiste, ma tutte contraddistinte da bravura, professionalità e grande rispetto verso il songbook di questa straordinaria figura della musica del secolo scorso, scomparsa troppo presto a New York nel 1959.

 

Pubblicità

DAVE & PHIL ALVIN “Common Ground”

DAVE & PHIL ALVIN “Common Ground”

DAVE ALVIN & PHIL ALVIN

“Common ground” – Yep Roc Records, 2014

PUBBLICATO SU FOLK BULLETIN MAGAZINE, 2014

 William Lee Conley Broonzy, conosciuto ai più come “Big Bill” (18931958), è stata una delle figure più importanti del folk blues. Ha attraversato da protagonista sia il periodo del blues rurale sia quello urbano, diventando negli anni Cinquanta una delle figure più carismatiche dell’American Music Folk Revival.

Nello straordinario songbook di Big Bill Broonzy pescano i californiani Phil e Dave Alvin, incidendo questo ottimo CD caratterizzato dal grande rispetto – quasi religioso – verso il materiale originale e da un approccio quanto mai personale. Bastano poche note infatti per riconoscere il “marchio di fabbrica” della ditta Alvin: pochi accordi e si ritorna indietro ai tempi dei Blasters, quartetto che negli anni ottanta regalò agli appassionati gemme tra le quali la più significativa fu “Hard Line” (1985), uno dei migliori esempi di rock nel quale era possibile individuare molti influssi del variegato mondo musicale americano, a mio modesto avviso naturalmente.

In questo “Common ground”, a parte la bella rilettura di “Key on the highway”, cavallo di battaglia di molti chitarristi (i “claptomani” si ricorderanno quella di Derek & The Dominos con Duane Allman ed il duetto di Clapton con B.B. King, altri quella di Bromberg), i fratelli Alvin seguono le tracce del Broonzy meno conosciuto, a volte con arrangiamenti più acustici, altre volte rispolverando il suono “Blasters” facendosi aiutare anche dall’ex Gene Taylor, talentuoso pianista. Ecco quindi “Big Bill Blues”, “Saturday Night Rub”, con arrangiamenti più acustici, e “Tomorrow”, “Just a dream” e la bellissima “You’ve changed” prese ed immerse nel sound dei Blasters. Meglio le prime o le seconde? Difficile a dirsi, quindi io le prendo tutte.

Un disco che si fa ascoltare più e più volte, e che soprattutto fa nascere il desiderio di andare alla ricerca le versioni originali del vecchio caro Big Bill Broonzy. Facile. Basta cercare gli economici cofanetti della JSP. Questo per i più “curiosi”, naturalmente.