IL DIAPASON INCONTRA MARCO PASETTO DELLA STORYVILLE JAZZ BAND
Raccolta da Alessandro Nobis
A partire dal 28 settembre nella programmazione del JazzClub che si tiene al Cohen di Verona, in Via Scarsellini, protagonista fisso dell’ultimo giovedì di ogni mese sarà il prestigioso ensemble della Storyville Jazz Band, uno degli ensemble più apprezzati dal pubblico e dalla critica specializzato nella riproposizione del jazz dei primi decenni del Ventesimo Secolo. Guidata dal clarinettista ed arrangiatore Marco Pasetto, riproporrà la formula che l’aveva vista protagonista al Posto di Luciano Benini, qualche lustro fa, ospitando nelle sua classica line-up un prestigioso ospite, una formula questa che si era dimostrata vincente per la qualità del repertorio proposto e per la capacità dei vari ospiti di inserirsi in un ensemble affiatatissimo come la Storyville. Considerato il livello della proposta, non mi sono fatto scappare l’occasione di rivolgere qualche domanda al M° Marco Pasetto per conoscere un po’ l’attività del gruppo.
- Marco, negli anni la Storyville ha saputo costruirsi una reputazione a livello nazionale per la professionalità e per la capacità di presentare repertori della musica afroamericana troppo spesso relegati, mi sento di dire, quasi ad un ruolo folcloristico. Quale è stato il percorso che avete seguito?
- Con la Storyville siamo partiti 31 anni fa con Gianni Romano fondatore. Ci propose di leggere degli arrangiamenti in stile New Orleans, Dixieland, Blues e Rag-time. Siamo partiti dalla lettura, anche se le improvvisazioni erano libere. Il sound iniziale era compatto ed efficace.
- Qual è il vostro approccio verso il jazz che presentate, è filologico oppure, visti anche i tuoi molteplici interessi musicali, più libero e, rispetto agli arrangiamenti, più creativo?
- Dal 2001 è partita una formazione con nuovi componenti: Gino Gozzi alla batteria, (al posto del compianto Luciano Zorzella) Sandro Gilioli alla tromba, (al posto di Beppe Zorzella) Giordano bruno Tedeschi al trombone, (al posto di Marco Brusco e Lino Bragantini) Renato Bonato al banjo (al posto di Gianni Romano). In questi anni abbiamo lavorato su due fronti: uno stile filologico attraverso un sound New Orleans più improvvisato. Progetti e collaborazioni strutturate come Jazz Menu (Ricette veronesi in jazz con Giorgio Gioco e Roberto Puliero), Anni Ruggenti con Marco Ongaro, Back to Traditional con Giorgia Gallo.
- Sei riuscito a raggiungere il “suono” che pensavi quando il gruppo si è costituito?
- Il sound lo creano le persone con le quali collabori, il loro modo di fraseggiare, la loro personalità, la sezione ritmica, è un lavoro lungo e particolare, molto stimolante, non finisce mai.
- Chi sono oggi i componenti del gruppo?
- Sandro Gilioli alla tromba, Giordano Bruno Tedeschi al trombone, io al clarinetto, Renato Bonato al banjo, Mario Cracco al basso tuba, Gino Gozzi alla batteria e Giorgia Gallo alla voce.
- L’idea di presentare un ospite ogni ultimo giovedì del mese aveva già riscontrato un buon successo anni fa, come ho scritto in apertura, al Posto. Ma dal punto di vista esecutivo, suonare con un ospite non sposta l’equilibrio della band che si deve in qualche modo “adattare” al nuovo venuto? Quali sono le difficoltà ma anche le soddisfazioni di questi incontri?
- Un ospite solitamente arricchisce la parte solistica improvvisativa, l’arrangiamento e l’esposizione del tema, che rimane invariato, per fortuna ci siamo abituati al confronto fin dagli inizi con Ruud Brink, Tony Scott, Franco Cerri, Gianni Basso, Enrico Intra, Dado Moroni, Renzo Arbore, Paolo Tomelleri, Gianni Sanjust, Lino Patruno, Hengel Gualdi, Rudy Miliardi, Emilio Soana, Cheryl Porter e molti altri. Ognuno di questi grandi musicisti ci ha insegnato qualcosa, nel suonare insieme e nel gestire le improvvisazioni, i collettivi. L’aspetto più prezioso, però a mio avviso, è stato passare con loro del tempo, sentire delle storie di vita incredibili di esperienze creative.
- Quali repertori affronterete di conseguenza?
- Suoneremo dei classici del jazz tradizionale fino al primo swing di Ellington. Mi piacerebbe proporre gradatamente il repertorio di Sidney Bechet, un grande artista che impersona la gioia, lo spessore e la musica di New Orleans, anche se passò gli ultimi anni di vita a Parigi, diffondendo il jazz tradizionale in tutta Europa.
- Ci puoi raccontare dei primi ospiti che avrete al Cohen a partire da giovedì 28 settembre?
- Il primo ospite sarà Walter Ganda; un maestro dello stile ritmico New Orleans, porterà una batteria Slingerland Radio King restaurata del 1937, una perla da vedere e ascoltare. Walter ci ha insegnato a suonare più correttamente il jazz tradizionale grazie alla sua preparazione meticolosa imparata a New Orleans. Con lui abbiamo inciso il nostro ultimo cd.
- A questi concerti al Cohen è legato anche un progetto per un’incisione discografica?
- Sì, ci piacerebbe fermare questi concerti attraverso delle registrazioni.
- Che attività svolgete come Storyville? Solo concertistica o anche didattica?
- Ogni anno ci chiama qualche scuola per delle lezioni-concerto, ci capita anche di suonare con delle classi ad Indirizzo Musicale del Primo Livello; il repertorio del Jazz Tradizionale è molto adatto alla didattica, i brani sono gioiosi, ritmici e molto piacevoli da suonare oltre che da ascoltare.
- storyvillejazzband.it